Migranti e HIV: il 50% si infetta nel Paese Europeo che li ospita

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Genova, 27 novembre 2018 – Si è tenuto a Genova il 31°Convegno Nazionale Anlaids Onlus: istituzioni, specialisti e persone che vivono con HIV/AIDS a confronto sul tema HIV/AIDS. Infezione, terapia, stigma, con particolare attenzione ai giovani e alla loro disinformazione. Necessario far emergere il sommerso attraverso un più facilitato accesso ai test in ospedale e nelle sedi associative.

Lo scenario globale in questi anni è molto cambiato, aumenta l’età anagrafica dei soggetti affetti dal virus, le terapie consentono alle persone con infezione da HIV in cura di aumentare la loro aspettativa di vita, ma rimangono ancora delle zone d’ombra, come per esempio le numerose presentazioni tardive di pazienti ignari dell’infezione, l’incremento dell’incidenza di alcuni tumori e talvolta una mancata risposta completa delle difese immunitarie di una parte dei soggetti con infezione da HIV.

“Il convegno di Genova ha toccato molti punti – dichiara Bruno Marchini Presidente Anlaids – dalle nuove strategie di prevenzione e di cura alla condizione delle nuove situazioni ricreative dei giovani”.

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Prof. Tullio Prestileo

I migranti e il Piano Nazionale AIDS
La ricerca scientifica ha raggiunto traguardi ragguardevoli in tema di infezione da HIV/AIDS; manca il tassello sociale. Serve maggiore informazione e consapevolezza. Oltre ai giovani, tra i principali destinatari del messaggio di Anlaids sulla prevenzione, l’attenzione si rivolge al migrante, non perché veicolo di malattie infettive ma perché più vulnerabile.

Secondo i dati del Piano Nazionale AIDS approvato a novembre 2017, gli stranieri regolarmente residenti in Italia sono poco più di 5 milioni (circa l’8% della popolazione totale residente in Italia); di questi, il 52,4% proviene dall’Europa (di cui 1,5 milioni da Paesi UE), il 20,5% dall’Africa, il 19,3% dall’Asia ed il 7,7% dall’America. A questi vanno aggiunte una quota di immigrati regolari non iscritti all’anagrafe (circa 400.000) e una quota, attualmente difficilmente stimabile, di irregolari.

Complessivamente appartengono a 192 differenti nazionalità, provengono da percorsi migratori profondamente diversi e da aree con differenti tassi di sieroprevalenza e sottotipi di HIV. Spesso si tratta di persone soggette ad elevata mobilità. L’incidenza di nuove diagnosi di infezione da HIV, corretta per età e genere, pur se diminuita negli anni, è circa 4 volte più alta tra gli stranieri rispetto agli italiani; oltre il 60% acquisisce l’infezione con rapporti eterosessuali e di questi 2/3 sono donne.

Migranti e AIDS
La consueta percezione dei migranti spesso genera pregiudizi nei loro confronti anche per quanto riguarda il contagio da malattie infettive. In realtà, però, anche il riscontro di un’alta percentuale di persone provenienti da paesi ad alta endemia non deve trarre in inganno.

“I migranti sono soggetti vulnerabili e più di altri hanno bisogno di attenzione – afferma il prof. Tullio Prestileo, Infettivologo dell’Ospedale Civico-Benfratelli di Palermo – La vulnerabilità ha diverse cause: anzitutto, nasce dalle condizioni di base in Africa e viene fortemente implementata dal percorso migratorio; successivamente, il migrante patisce la permanenza in Libia; infine, arrivati in Italia, dove spesso vengono meno quelle che l’OMS definisce «determinanti di salute» e di conseguenza la probabilità di ammalarsi aumenta in maniera proporzionale a questa perdita. In breve, le precarie condizioni di vita provocano un maggior rischio di ammalarsi”.

Le condizioni del migrante con HIV in Europa sono state pubblicate nello studio aMASE (advancing Migrant Access to health Services in Europe), condotto all’interno dell’EuroCoord. Si è trattato di due studi paralleli: uno studio clinico, condotto in 57 strutture per il trattamento dell’HIV di 9 paesi europei, e uno studio di community che ha visto il coinvolgimento di associazioni di lotta all’AIDS e di supporto ai migranti.

Nell’ambito dello studio clinico, sono stati raccolti dati tra luglio 2013 e luglio 2015 su oltre 2200 migranti adulti con diagnosi di infezione da HIV da almeno cinque anni e residenti nel paese di accoglienza da almeno sei mesi, seguiti presso centri clinici di Belgio, Germania, Grecia, Italia, Olanda, Portogallo, Regno Unito, Spagna e Svezia.

I risultati mostrano che una grande quota di migranti che vivono con HIV in Europa ha acquisito l’infezione dopo la migrazione. Circa la metà dei migranti parte dal proprio Paese senza HIV e ben il 50% si infetta nel Paese europeo che li ospita: per la precisione, il tasso di infezione va dal 32% al 64% nel Paese che li ospita. Ciò è dovuto alle difficili condizioni cui i migranti sono sottoposti durante il viaggio, la permanenza in Libia e una volta arrivati in Europa. Si aggiunge poi per le donne il problema della prostituzione cui spesso sono costrette.

“Questi dati sono molto forti – afferma il prof. Prestileo – specialmente se collegati a un altro dato di prossima pubblicazione che mostra come la permanenza in Libia aumenti di almeno quattro volte il rischio di infezione da HIV in questa popolazione, soprattutto in quella femminile. Violenze, torture e ripetuti abusi sessuali sono un grande problema per quanto riguarda il contagio”.

Sex workers, migranti e AIDS
La prostituzione è uno dei fattori di maggior rischio per la diffusione dell’HIV. Il fenomeno sta aumentando anche attraverso differenti forme di prestazione, il WEB ed i social network. I venditori di sesso di strada sono prevalentemente non italiani, spesso forzati e non provvisti di regolare permesso di soggiorno e di tessera sanitaria; talvolta minorenni, alcuni con vissuti di dipendenza patologica e spesso portatori di gravidanze indesiderate.

Il fenomeno è a macchia di leopardo tra città metropolitane o capoluoghi di regione e piccoli centri di provincia. Si stima che in Italia siano circa 70.000, prevalentemente donne. Si registra un numero di prestazioni che si aggira sui 9-10 milioni.

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