Uno studio condotto dall’Istituto di nanotecnologia del Cnr e dal Center for Life Nano- & Neuro-Science dell’Istituto Italiano di Tecnologia di Roma in collaborazione con l’azienda D-Tails ha portato, per la prima volta, all’introduzione di una tecnica di super-risoluzione senza scansione che sfrutta i movimenti oculari involontari legati alla determinazione delle distanze e al miglioramento dell’acuità visiva. Il lavoro è stato pubblicato sulla rivista ‘npj Imaging’
Roma, 27 novembre 2024 – L’esame del fondo oculare sta acquisendo sempre maggiore importanza grazie alla sua potenzialità di estendersi oltre le patologie oculari, utilizzando la retina come una finestra sul sistema nervoso centrale per la diagnosi precoce e il monitoraggio delle malattie neurodegenerative.
In questo contesto, è essenziale sviluppare una “fundus camera” (ovvero una camera le cui ottiche sono sviluppate specificatamente per lo studio del fondo dell’occhio), che offra alta risoluzione (super-risoluzione), alta specificità (imaging in fluorescenza) e che funzioni senza ottiche di scansione (scan-less) per rilevare precocemente biomarcatori molecolari delle malattie neurodegenerative.
Un recente studio pubblicato su npj | imaging, condotto dall’Istituto di nanotecnologia del Consiglio nazionale delle ricerche di Lecce (Cnr-Nanotec) e dal Center for Life Nano- & Neuro-Science dell’Istituto italiano di tecnologia di Roma (IIT), in collaborazione con l’azienda D-Tails, ha introdotto per la prima volta una tecnica di super-risoluzione senza scansione: la Stochastically Structured Illumination Microscopy (S2IM), una tecnica innovativa che sfrutta i movimenti saccadici dell’occhio, ovvero movimenti oculari involontari legati alla determinazione delle distanze e al miglioramento dell’acuità visiva.
“Quando si realizzano immagini retiniche tramite l’occhio, ovvero usando il cristallino alla stregua di un obiettivo da microscopio, vengono prodotte immagine di bassa qualità, con le quali è impossibile identificare aggregati proteici di dimensioni micrometriche – spiega Giancarlo Ruocco, coordinatore del Center for Life Nano- & Neuro-Science dell’Istituto Italiano di Tecnologia di Roma e docente ordinario all’Università La Sapienza, co-autore dello studio – per questo la super-risoluzione è particolarmente cruciale. Studi precedenti dimostrano che le tecniche di oftalmoscopia a super-risoluzione esistenti, richiedono elementi ottici complessi, allineamenti accurati e personale specializzato per il funzionamento”.
“Durante un esperimento di fissazione – procedura oculare comune e molto semplice in cui il paziente fissa un piccolo punto fermo – l’occhio continua a muoversi leggermente intorno al punto focale, generando più traslazioni che possono essere utilizzate per ottenere immagini a super-risoluzione – aggiunge Marco Leonetti, ricercatore del Cnr-Nanotec e ricercatore affiliato Center for Life Nano- & Neuro-Science dell’Istituto Italiano di Tecnologia di Roma – Le tecniche di super-risoluzione, infatti, richiedono generalmente più acquisizioni dello stesso oggetto, catturate in condizioni variabili, per creare una “pila” di immagini. Un algoritmo specializzato elabora poi la pila per estrarre un’unica immagine super risolta”.
“In questo approccio, i movimenti saccadici casuali e incontrollati dell’occhio forniscono naturalmente le immagini traslate necessarie per costruire la pila e poiché è impossibile prevedere o controllare questi movimenti, l’oftalmoscopio proposto è dotato di un tracciatore di movimenti oculari retinici che monitora e traccia continuamente questi spostamenti retinici con alta precisione spaziale e ad alta velocità. I dati vengono quindi inviati a un algoritmo sviluppato ad hoc dal nostro team, che realizza l’immagine aumentata”, conclude Giancarlo Ruocco.
L’innovativo metodo apre la strada a Fundus Camera, a super-risoluzione più economiche, veloci e affidabili, capaci di rilevare oggetti più piccoli senza la necessità di tecniche di scansione ottica complesse. Eliminando il motion-blur, ossia l’effetto di sfocatura causato dai movimenti oculari, è possibile tracciare al meglio il segnale dai fluorofori più specifici che marcano gli aggregati permettendo una rilevazione più precisa dei biomarcatori proteici.
S2IM potrebbe potenzialmente essere applicata in altri campi, come la ricerca sulla materia attiva o le indagini astronomiche e atmosferiche dove numerosi oggetti auto-propulsivi o rotanti potrebbero beneficiare dell’imaging a super-risoluzione.