A Expo Milano 2015 “Mindeat”, terzo convegno dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù
6 ottobre 2015 – Il rapporto tra cibo e mente è da anni oggetto di studio e la ricerca in questo campo ha dimostrato l’influenza di una sana alimentazione sul benessere psico-fisico degli individui e sulla loro qualità di vita. Intorno a questo legame sono state sviluppate numerose teorie e sono nati miti con o senza fondamento scientifico così radicati nella nostra cultura da condizionare le scelte alimentari di bambini, adolescenti e adulti. Nell’illusione di questi miti sempre più persone iniziano una dieta e sempre più diete vengono create. Talvolta con rischi per la salute di chi le segue.
Se ne è parlato nel corso del convegno “Mindeat: alimentazione e salute mentale tra miti e pregiudizi” promosso dall’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù a Expo Milano 2015 nell’ambito delle iniziative della Santa Sede.
Ecco un elenco dei falsi miti e delle semplificazioni più comuni sul rapporto cibo-mente:
- Il latte fa venire l’autismo.
- Le vitamine sono la cura naturale per la schizofrenia.
- Con il junk food (cibo spazzatura) si sviluppano malattie mentali e disordini psichiatrici.
- L’intolleranza al glutine favorisce il disturbo bipolare.
- 5. Le malattie mentali si curano con la frutta.
- La cioccolata allontana la depressione.
- Mangiare pesce fa prendere buoni voti.
- Il caffè risveglia l’attenzione e la concentrazione.
- Le noci sono il cibo del cervello.
- I mirtilli accendono la memoria.
I falsi miti da sfatare
Che il latte sia implicato nell’insorgenza dell’autismo, che il cibo scateni varie forme di malattie mentali, dalla depressione al disturbo bipolare, o che vitamine e frutta siano la panacea naturale ai mali della mente sono le teorie attualmente più diffuse sul web, ma nessuna di queste ha un fondamento scientifico. Ad oggi, infatti, nessuno studio validato prova l’esistenza di un rapporto di causalità diretta tra assunzione di cibo e sviluppo di malattie mentali come, ad esempio, la depressione, la schizofrenia o l’autismo né conferma l’efficacia di un singolo alimento per il trattamento dei disturbi psichiatrici.
È così anche per i disturbi del comportamento alimentare: anoressia e bulimia. “L’origine di questi disturbi è multifattoriale. All’insorgenza del problema concorrono predisposizione genetica, tratti di personalità che tendono al perfezionismo, attitudine al controllo ossessivo e fattori familiari – spiega Stefano Vicari, responsabile di Neuropsichiatria infantile dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù – L’estrema attenzione per il regime alimentare e l’alterata relazione con il cibo non sono, perciò, la causa scatenante, ma i sintomi, ovvero le manifestazioni più eclatanti del disturbo stesso”.
Anche sulla genesi dell’autismo da tempo sono state formulate numerose ipotesi secondo le quali la causa della patologia risiederebbe nell’assunzione di specifiche sostanze alimentari che influirebbero sul normale sviluppo neurologico del bambino. In particolare, alcuni autori sostengono che allo sviluppo dell’autismo contribuisca l’esposizione a metalli tossici, come ad esempio il mercurio o il piombo, introdotti nell’organismo attraverso il cibo. Secondo altri, i danni cerebrali associati al disturbo sarebbero causati da un aumento della permeabilità dell’intestino e da un conseguente malassorbimento di alcune proteine, come la gliadina (componente del glutine) e la caseina.
“Sebbene suggestive, tali ipotesi sono prive di fondamento – prosegue Stefano Vicari – Oggi non esistono evidenze scientifiche della correlazione tra l’assorbimento del glutine e della caseina e la sintomatologia autistica, né dell’efficacia delle diete di privazione come trattamento dei sintomi o delle problematiche comportamentali. Nonostante ciò, e malgrado le indicazioni contenute nelle Linee Guida per il trattamento dell’autismo, alcuni settori della medicina alternativa propongono diete ‘speciali’ che rischiano di sostituirsi ai percorsi terapeutici realmente efficaci. È importante che i genitori siano dettagliatamente informati dell’infondatezza di questi interventi, dei loro potenziali danni per la salute – come le carenze nutrizionali – e dei costi elevati dei cibi speciali e dei controlli specialistici”.
Attenzione alle semplificazioni
Diversa dai falsi miti è la convinzione – molto popolare e radicata nella cultura alimentare moderna – che cibi come pesce, cioccolata, mirtilli, noci o caffè (solo per citarne alcuni) abbiano effetti benefici sulla salute e sull’efficienza mentale. Da questa convinzione, che trae la sua origine da studi validati, nel corso del tempo (e delle mode), sono scaturiti regimi dietetici (“la dieta del mare”, “la dieta del mirtillo”, “la dieta del cioccolato” quelle più conosciute) basati sulle proprietà salutari dell’alimento protagonista.
È scientificamente provato che le sostanze contenute in alcuni cibi innescano reazioni biochimiche in grado di influire positivamente sul tono dell’umore (la cioccolata stimola la produzione di serotonina, il cosiddetto ormone del buonumore), sul livello di attenzione (la caffeina aumenta i livelli di adrenalina con accelerazione del battito cardiaco) o sulla memoria (i flavonoidi contenuti in alta percentuale nei mirtilli favoriscono il processo di “pulizia” del cervello dalle tossine responsabili della perdita di memoria). Per altre sostanze, come gli acidi grassi Omega 3 e 6 contenuti principalmente nel pesce, ma anche nelle noci, è stato dimostrato il valore terapeutico nel trattamento di patologie psichiatriche come i disturbi dell’umore, d’ansia o le psicosi, anche in età pediatrica.
“Queste generalizzazioni hanno un fondamento scientifico, ma attenzione perché le scelte alimentari non devono essere assolutizzate. Non si può decidere di nutrirsi, ad esempio, prevalentemente di mirtilli o di cioccolata o di solo pesce perché fanno bene al cervello – conclude Vicari – Il vantaggio per il fisico e per la psiche di ciascuno si ottiene solo se una dieta varia e ben bilanciata si inserisce in un corretto stile di vita generale, che contempli anche una moderata attività fisica e non sia deviato da modelli culturali o dalla ricerca esasperata di perfezione estetica”.
Bambino Gesù, centro di riferimento nazionale per i disturbi psichiatrici infantili
L’Unità di Neuropsichiatria Infantile del Bambino Gesù è un punto di riferimento nazionale per la diagnosi e il trattamento dei disturbi dello sviluppo e dei disturbi psichiatrici in età infantile e adolescenziale che colpiscono, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), circa il 15-20% della popolazione pediatrica. Il reparto rappresenta un centro di eccellenza in particolar modo per la diagnosi e la cura dell’autismo, dei disturbi dello sviluppo, dei disturbi del comportamento alimentare come l’anoressia e la bulimia, dei disturbi dell’umore e degli esordi psicotici. Sono circa 6.000 i pazienti visitati ogni anno provenienti da tutta Italia, tra cui più di 300 con ADHD (sindrome da deficit di attenzione e iperattività) e/o disturbo della condotta, 200 pazienti con un esordio psicotico o uno stato mentale a rischio, oltre 600 con disturbo dello spettro autistico o con sindromi genetiche associate a manifestazioni psichiatriche.
fonte: ufficio stampa