Al centro dell’attenzione i problemi della sessualità, i rischi di osteoporosi e delle patologie cardiovascolari, e gli altri disturbi che colpiscono molte donne over 50. Affrontato anche il nodo della terapia ormonale sostitutiva, bandita 15 anni fa e ora riabilitata, pur fra contrasti scientifici e ‘ideologici’
Zurigo, 8 settembre 2017 – Che cosa si può – e si deve – fare per attenuare i disturbi, fisici e psicologici, che affliggono moltissime donne durante la menopausa? L’elenco dei problemi è piuttosto lungo: vampate di calore, maggiore fragilità ossea, aumento del rischio di patologie cardiovascolari, atrofia dei tessuti vaginali, disturbi dell’umore, insonnia, difficoltà a mantenere la concentrazione, calo della libido, perdita di ‘tono’ della pelle, aumento di peso, e altri ancora.
Non tutte le donne, naturalmente, vivono allo stesso modo e con la stessa intensità il passaggio, verso i 45-55 anni, dalla vita fertile a quella in cui le ovaie si disattivano e non producono più gli estrogeni e i progestinici (dopo circa 450-500 mestruazioni): questa è la menopausa.
“Ma è indubbio che il crollo degli ormoni femminili e la fine della capacità di procreare possano avere un influsso anche pesante sulla vita delle donne – spiega Giuseppe Benagiano, che per diversi anni ha diretto il Programma speciale di Ricerca, Sviluppo e Formazione alla ricerca sulla riproduzione umana dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, a Ginevra – La situazione nuova è che, ormai, la maggior parte delle donne, nei Paesi più avanzati come la Svizzera, si ritrova a dover passare in menopausa una fase della vita equivalente (35 anni, in media) a quella della fertilità: un periodo lunghissimo. Non era mai accaduto in passato”.
Su questi temi, e sui rimedi più avanzati per contrastare i disturbi della menopausa, si sono incontrati a Zurigo alcuni fra i migliori specialisti europei, chiamati a raccolta da IBSA Foundation for scientific research di Lugano, che ha organizzato un Forum intitolato “Female Healthy Aging”, ovvero l’invecchiamento in salute delle donne.
Gli estrogeni, come si sa, hanno un’importantissima funzione sessuale, ma svolgono anche un’azione protettiva sul cuore, intervengono nel metabolismo delle ossa, nella tonicità della pelle, e in altri ambiti ancora. Lo stop, o comunque un forte calo della loro produzione, condiziona dunque molte, significative attività dell’organismo femminile che, per certi aspetti, è ‘costruito’ su questi ormoni.
I rimedi possibili – naturali e farmacologici – ai disturbi della menopausa sono numerosi, in continua evoluzione. Soprattutto la terapia ormonale sostitutiva (in sigla, TOS, cioè la somministrazione controllata di estrogeni e di altri ormoni, secondo formule da ritagliare su misura per ogni singola donna), permette di ovviare a molti dei problemi della menopausa, cominciando dalle vampate di calore, anche se il suo utilizzo va attentamente valutato dal medico (ed è comunque proibito per le pazienti che abbiano avuto un tumore al seno, all’utero e alle ovaie, o che soffrano di trombosi, epatiti e altri disturbi).
La terapia ormonale sostitutiva ha attraversato (e sta attraversando), però, forti contrasti nel mondo scientifico, perché nel 2002 era stata messa al bando da uno studio realizzato nell’ambito del Women’s Health Initiative Trial americano, che sembrava dimostrare un aumento significativo dei tumori al seno e dei rischi cardiovascolari fra le donne che utilizzavano la TOS. Studi americani ed europei successivi hanno poi ridimensionato, negli ultimi anni, quei risultati.
“Lo studio del 2002 conteneva, purtroppo, come diremmo oggi, una serie di fake news – spiega Martin Birkhäuser, professore emerito di endocrinologia ginecologica e di medicina riproduttiva all’Università di Berna, e relatore al Forum di Zurigo – anche perché i ricercatori avevano somministrato gli ormoni sostitutivi a donne con un’età, per la maggior parte, intorno ai 67 anni (quindi 15 anni, in media, dopo l’avvio della menopausa): un periodo della vita in cui non si dovrebbe mai iniziare una terapia ormonale sostitutiva. I fraintendimenti innescati da quello studio hanno fatto aumentare gli errori e le incertezze, anche da parte di molti medici, e questa situazione si protrae in parte anche adesso”.
Questi temi, insieme alle ricerche più avanzate sull’invecchiamento femminile, sono stati oggetto di approfondimento durante il Forum organizzato da IBSA Foundation a Zurigo. Le relazioni dei professori Giuseppe Benagiano e Martin Birkhäuser, si sono alternate a quelle di altri specialisti di primo piano: Bruno Imthurn, professore e direttore del Dipartimento di endocrinologia riproduttiva, Ospedale universitario di Zurigo; Petra Stute, professore e vicedirettore del reparto di endocrinologia ginecologica e medicina riproduttiva al Women’s Hospital, Ospedale universitario di Berna; Anne Gompel, professore e direttore del Dipartimento di endocrinologia ginecologica, Università Paris Descartes (Francia); Pauline Maki, professore e direttore del Women’s Mental Health Research di Chicago (Stati Uniti); Raghvendra Dubey, professore e direttore della ricerca di base al Dipartimento di endocrinologia riproduttiva, Ospedale universitario di Zurigo; Hanna Savolainen, professore associato del Dipartimento di ostetricia e ginecologia, Università di Helsinki (Finlandia); Peyman Hadji, responsabile del Dipartimento di oncologia ossea e di endocrinologia e medicina riproduttiva al Krankenhaus Nordwest di Francoforte (Germania); Brigitte Leeners, professore e vice-direttore del Dipartimento di endocrinologia riproduttiva, Ospedale universitario di Zurigo.