Dal 1970 al 2015 +100% di casi, serve più prevenzione. I piccoli sono l’anello debole della catena, mai esporli senza protezione. Gli screening possono aumentare le diagnosi precoci e dimezzare la mortalità. Il 35% dei pazienti trattati con l’immunoncologia è vivo a cinque anni. La dott.ssa Paola Queirolo, presidente IMI: “Le nuove armi garantiscono una buona qualità di vita”. A Roma Master Course sulla gestione di questo tumore della pelle in costante aumento
Roma, 15 luglio 2016 – Attenzione a esporre i bambini al sole per troppo tempo. Le scottature nell’infanzia rappresentano il principale fattore di rischio per il melanoma da adulti. Questo tumore della pelle nel nostro Paese in 45 anni ha fatto registrare un aumento dei casi pari al 103%: erano circa 1.000 nel 1970, nel 2015 ne sono stati stimati 11.300. La necessità di proteggere i piccoli è ancora più rilevante se si pensa che nei primi vent’anni di vita una persona può assumere fino all’80% del totale delle radiazioni solari della propria esistenza.
Il monito arriva dal Master Course “Management del paziente con melanoma dalla ricerca alla terapia”, organizzato dall’Intergruppo Melanoma Italiano (IMI) che si apre oggi a Roma all’Istituto Dermopatico dell’Immacolata – IDI IRCCS.
“Se la diagnosi avviene in fase avanzata, oggi abbiamo a disposizione armi efficaci per tenere sotto controllo la malattia a lungo termine – spiega la dott.ssa Paola Queirolo, presidente IMI e responsabile del DMT (Disease Management Team) Melanoma e Tumori cutanei all’IRCCS San Martino IST di Genova – La sopravvivenza di questi pazienti è cambiata grazie a due strategie: da un lato le terapie a bersaglio molecolare, utilizzate nei pazienti che presentano la mutazione del gene BRAF (50% dei casi), dall’altro l’immunoncologia. Prima dell’arrivo di queste nuove armi, la sopravvivenza mediana in stadio metastatico era di appena 6 mesi, con un tasso di mortalità a un anno del 75%. Queste molecole hanno aperto un ‘nuovo mondo’ non solo in termini di efficacia e attività ma anche di qualità di vita per la bassissima tossicità e la facile maneggevolezza”.
Oggi il 20% dei pazienti trattati con ipilimumab, la prima molecola immunoncologica approvata, è vivo a 10 anni dalla diagnosi. Gli anticorpi immunomodulanti, come nivolumab, che colpiscono la via di checkpoint immunitario chiamata PD-1, hanno evidenziato nei casi di malattia avanzata un tasso di sopravvivenza a un anno superiore al 70%. Dopo un triennio il 40% dei pazienti trattati con questi nuovi farmaci anti PD-1 è vivo, un dato che conferma il beneficio a lungo termine dell’immunoncologia. E nivolumab è la molecola anti-PD1 con il più lungo follow up: il 35% dei pazienti è vivo a 5 anni.
“I bambini – continua la dott.ssa Queirolo, che è anche presidente del Master Course IMI – costituiscono l’anello debole della catena, perché la pelle è in grado di memorizzare il danno ricevuto dalle scottature solari accumulate durante l’infanzia e può innescare il processo patologico anche a diversi anni di distanza. I piccoli di età inferiore a 12 mesi non vanno esposti al sole. Proprio per sensibilizzare i bambini delle scuole primarie sulle regole di prevenzione l’IMI organizza la campagna nazionale ‘Il sole per amico’ in collaborazione con il Ministero dell’Istruzione e con il patrocinio del Ministero della Salute. Tutti dovrebbero utilizzare le creme solari quando prendono il sole, evitando di esporsi nelle ore centrali. Senza dimenticare il controllo della pelle ogni anno dallo specialista. In particolare nelle persone che presentano più di 100 nei il rischio di melanoma è 6 volte superiore. Va sempre seguita la regola del ‘brutto anatroccolo’: l’insorgenza di un neo diverso per forma e colore rispetto a quelli già presenti è un segnale da tenere in considerazione e da far controllare dal dermatologo. Avere la pelle chiara, i capelli biondi o rossi e gli occhi chiari (blu, grigi o verdi) è un altro fattore di rischio. Se scoperto precocemente ed eliminato con una corretta asportazione chirurgica durante la fase iniziale, il melanoma è del tutto guaribile perché la probabilità che abbia invaso altri organi è pressoché nulla”.
L’efficacia di uno screening diffuso della popolazione è stata dimostrata dal progetto SCREEN: dopo un periodo di due anni di intense campagne di informazione della popolazione sui fattori di rischio e sui segnali indicativi della malattia, più di 360mila cittadini tedeschi (il 20% degli adulti dello Schleswig-Holstein, nel Nord della Germania) sono stati sottoposti a controlli per un anno (2003–2004). Nel 2009, dopo un quinquennio dal termine del progetto, i tassi di mortalità per questo tumore sono diminuiti del 48%. E la percentuale di diagnosi in stadio iniziale è passata dal 52% al 64%.
“L’IDI è al primo posto in Italia per numero di ricoveri per melanoma (e altri tumori cutanei), sono stati 2.297 nel 2015 – afferma il prof. Paolo Marchetti, consulente scientifico dell’Istituto, direttore dell’Oncologia Medica all’Ospedale Sant’Andrea di Roma e presidente del Master Course IMI – E abbiamo iniziato percorsi meno convenzionali garantiti gratuitamente, come il linfodrenaggio o l’agopuntura che di solito sono a carico dei pazienti. La sfida è rappresentata dalla combinazione delle terapie, ad esempio dell’immunoncologia con la terapia bersaglio-specifica, per un ulteriore miglioramento dei risultati già ottenuti con ciascuna di queste modalità di trattamento nella malattia in fase avanzata. I dati più recenti indicano come la combinazione ipilimumab e nivolumab sia in grado di garantire risposte efficaci in termini relativamente brevi. E risultati significativi sono emersi anche grazie a pembrolizumab, un’altra molecola immunoncologica”.
“L’IMI – sottolinea la dott.ssa Queirolo – rappresenta la principale realtà italiana per lo studio, la prevenzione e la cura del melanoma in maniera trasversale e multidisciplinare. L’associazione riunisce circa 350 esperti, cioè le migliori competenze professionali e specialistiche, ed è collegata a gruppi di ricerca a livello internazionale. L’Italia è un punto di riferimento negli studi sull’immunoncologia e svolge da sempre un ruolo di primo piano nelle sperimentazioni in questo campo. Il nostro Paese si colloca al vertice per numero di pazienti arruolati negli studi internazionali e siamo molto attivi anche nel produrre protocolli di ricerca spontanea che spaziano dalla biologia molecolare alla genetica fino alla chirurgia. L’IMI organizza inoltre workshop specifici sull’immunoncologia rivolti agli oncologi perché imparino a gestire nel modo migliore i pazienti trattati con queste nuove terapie. Oggi infatti i clinici non hanno ancora molta esperienza su questi temi”.
Le risposte cliniche possono manifestarsi anche alcuni mesi dopo l’inizio della somministrazione del farmaco immunoncologico, ma durano più a lungo. Una progressione della malattia non implica in questi casi la necessaria rinuncia al trattamento come accade invece per i farmaci chemioterapici.
“Il melanoma è il candidato ideale per applicare i principi della medicina di precisione – conclude il prof. Marchetti – che consiste nella comprensione dei meccanismi di sviluppo del cancro a livello genomico e include lo studio dei fattori predittivi di risposta e delle terapie più adatte. In questo modo si ottengono chiari vantaggi sia per il paziente che per il sistema perché si possono razionalizzare le risorse e ridurre gli sprechi”.
Il Master Course si colloca all’interno di un programma educazionale promosso dall’IMI e analizza tutte le problematiche relative all’inquadramento diagnostico e terapeutico del melanoma: dalle basi epidemiologiche e genetico-molecolari alla diagnosi e al trattamento chirurgico, locoregionale e medico. Il Master IMI è realizzato in quattro sedi in Italia ogni anno e contribuisce a una diffusione più capillare delle conoscenze sulla patologia, rendendo più omogenea la gestione del paziente su tutto il territorio nazionale.
fonte: ufficio stampa