Realizzata una comparazione tra 122 trials e 28mila pazienti. Le conclusioni: esiste una forte evidenza della maggior efficacia di trattamenti innovativi rispetto alla più tradizionale chemioterapia. Una metanalisi firmata Chiarion, Mocellin, Rossi e Pasquali pubblicata dalla rivista ufficiale della Cochrane Collaboration
Padova, 10 aprile 2018 – È stata pubblicata la più importante metanalisi mondiale realizzata negli ultimi anni sulla terapia medica del melanoma cutaneo metastatico. L’articolo intitolato “Systemic Treatments for Metastatic Cutaneous Melanoma” (Cochrane Database System Review, 6 febbraio 2018, pagine 1-333), appena pubblicato dalla rivista ufficiale della Cochrane Collaboration (la più diffusa e famosa organizzazione mondiale per la conduzione di metanalisi a supporto della “evidence-based medicine”), è un poderoso lavoro firmato da Vanna Chiarion Sileni (responsabile struttura di Oncologia del melanoma e dell’esofago, IOV-IRCCS), da Carlo Riccardo Rossi (direttore dell’unità di Chirurgia oncologica, IOV-IRCCS), da Simone Mocellin (dirigente dell’unità di Chirurgia oncologica, IOV-IRCCS) e da Sandro Pasquali (chirurgo oncologo dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano).
La metanalisi (che nel concreto è un lavoro scientifico e statistico che ha come scopo il confronto tra diversi trials clinici) aveva l’obiettivo di aggiornare i dati di uno studio della Cochrane pubblicato nel 2000, alla luce delle innovazioni terapeutiche rese possibili da nuove classi di farmaci resi disponibili nell’ultimo decennio.
Lo studio ha incluso 122 trials randomizzati (RCT) che hanno coinvolto oltre 28mila pazienti. Di questi trials sono poi stati inclusi nell’analisi 83 studi che hanno permesso 21 differenti comparazioni terapeutiche.
“Una metanalisi come quella che abbiamo sviluppato – è la sottolineatura di Simone Mocellin – ha come obiettivo quello di offrire agli specialisti nel melanoma non solo una sommatoria dell’enorme quantità di studi dedicati al trattamento del melanoma metastatico compiuti dagli anni ’70 ad oggi, ma anche e soprattutto di confrontare i trattamenti fra di loro, in modo da fornire utili indicazioni sull’efficacia e tossicità relative di ogni trattamento rispetto agli altri”.
Nella metanalisi le terapie sono state categorizzate in cinque diversi gruppi: chemioterapia tradizionale (comprendendo agenti singoli e terapie multifarmaco), bio-chemioterapia (che associa la chemioterapia ad alcune proteine prodotte dal sistema immunitario come l’interleukina-2); immunoterapia (basata sull’uso di anticorpi monoclonali che bloccano i ‘freni’ del sistema immunitario, noti come ‘checkpoint’ immunologici); terapia mirata (rivolta a bloccare l’attività di oncoproteine necessarie al tumore per crescere) e altre terapie (come – ma non solamente – i farmaci anti-angiogenici).
L’analisi ha così incrociato i differenti approcci terapeutici possibili confrontandoli fra di loro in termini di efficacia (effetto sulla sopravvivenza dei pazienti) e sui loro effetti collaterali (tossicità).
Gli autori hanno tratto alcune conclusioni che indicano come esista una forte evidenza della maggior efficacia di diversi trattamenti innovativi rispetto alla più tradizionale chemioterapia.
In particolare, i migliori risultati in termini di efficacia si sono raggiunti con l’immunoterapia (anticorpi anti-PD1 da soli o in combinazione con anticorpi anti-CTLA4) e la terapia target (inibitori di BRAF da soli o in combinazione con inibitori di MEK), che hanno oggi soppiantato sia la chemioterapia che la bio-chemioterapia nel trattamento del melanoma metastatico.
Tuttavia ci sono delle differenze fra queste terapie innovative: infatti, mentre l’efficacia risulta massima per la terapia target combinata, la immunoterapia combinata espone ad una maggiore tossicità mentre la immunoterapia anti-PD1 offre la possibilità di una minore tossicità pur a parziale discapito dell’efficacia.
“La varietà di risorse terapeutiche oggi disponibili – è il commento di Vanna Chiarion Sileni – obbliga gli specialisti a considerare le migliori opportunità esistenti in una strategia di percorso terapeutico che permetta di sfruttarle al meglio considerando effetti immediati e tardivi, integrazione con i trattamenti locali (chirurgia, radioterapia, elettrochemioterapia) con il risultato di cronicizzare la malattia. La partecipazione alla ricerca internazionale permette inoltre di considerare anche le terapie in arrivo non solo le già disponibili. Come in tutte le sfide la strategia è il fulcro del risultato”.