Prof. Egidio Barbi, coautore dello studio e direttore della struttura complessa Clinica Pediatrica dell’IRCCS Burlo Garofolo: “È stato anche interessante rilevare come la tendenza a somministrare farmaci alternativi si correli con atteggiamenti di diffidenza verso la scienza ufficiale, identificandosi spesso, ad esempio, con posizioni anti-vaccinali”. L’indagine è stata pubblicata sulla prestigiosa rivista “Acta Paediatrica”
Trieste, 9 giugno 2020 – L’uso di medicine complementari e alternative è ampiamente diffuso nella popolazione adulta e nei bambini, nonostante la completa mancanza di evidenza sulla efficacia e sicurezza di questi prodotti. I bambini che ricevono terapie alternative finiscono con l’assumere molti più farmaci dei coetanei trattati solo con medicina basata sull’evidenza.
Sono le conclusioni alle quali è arrivata l’indagine coordinata dalla Pediatria dell’IRCCS Materno Infantile “Burlo Garofolo” che ha sottoposto un apposito questionario ai genitori di bambini di 42 nazionalità diverse in cura presso quattro ambulatori pediatrici della regione. Il lavoro scientifico, dopo attenta revisione che ne ha confermato la validità metodologica e dei contenuti, è stato pubblicato (in inglese) sulla prestigiosa rivista Acta Paediatrica (edita per conto dall’omonima fondazione con sede presso l’università medica svedese Karolinska Institutet).
Lo studio ha coinvolto le famiglie di 600 bambini (equamente divisi fra maschi e femmine) in età pediatrica (50 dei quali affetti da malattie croniche), con un’età media di 5,8 anni. L’analisi del questionario ha dimostrato che ben 358 bambini (il 60%) facevano uso sia di terapie convenzionali, sia di terapie complementari e alternative, 209 (35%) bambini utilizzavano solo terapie convenzionali, 25 (4%) solo terapie alternative e 8 (1%) non faceva uso di alcun tipo di terapia.
129 fra bambini che hanno fatto uso di medicine complementari, ha assunto tre o più tipi di medicine alternativi e 164 di essi sono stati sottoposti ad almeno 10 cicli terapeutici, mentre 112 hanno assunto farmaci complementari o alternativi per almeno 30 giorni consecutivi.
L’uso di medicine complementari e alternative è risultato più diffuso fra i bambini i cui genitori avevano un livello di istruzione superiore (diploma di scuola superiore o laurea) e provenivano da nazioni con un elevato reddito medio, quali, fra le altre, Italia, Croazia e Polonia, mentre nelle famiglie con un minor tasso di istruzione e provenienti da nazioni con un reddito medio basso, quali Bangladesh, Moldavia, Ucraina, la preferenza andava all’utilizzo esclusivo della medicina convenzionale. Infine, secondo lo studio, le famiglie di bambini non vaccinati scelgono l’utilizzo di medicine alternative e complementari in misura maggiore rispetto alle famiglie di bimbi vaccinati.
L’ideatrice e coordinatrice dello studio è stata la dottoressa Giovanna Ventura, pediatra di famiglia.
“La ricerca che abbiamo condotto – dichiara il prof. Egidio Barbi, coautore dello studio e direttore della struttura complessa Clinica Pediatrica del Burlo – ha rilevato un uso molto diffuso di medicine complementari e alternative (quali omeopatia, fitoterapia, integratori, ecc.) che, oltre a non trovare alcuna giustificazione scientifica, sottopone i bambini a una tangibile medicalizzazione inutile e rischia di avere potenziali effetti collaterali. Proprio per questo, quindi, noi pediatri dovremmo cercare di indagare sull’utilizzo di farmaci non convenzionali e capire le motivazioni all’uso da parte dei genitori. Di fatto lo studio, nato dalla osservazione della dottoressa Ventura e dei pediatri di famiglia che hanno collaborato, ci dice che proprio chi si rivolge di più alla cosiddetta medicina ‘dolce’ o alternativa finisce con il medicalizzare ancora di più il proprio bambino, aumentando di molto il numero di sostanze, comunque industriali e con un mercato alle spalle, che vengono somministrate a questi piccoli, senza nessuna evidenza di un ipotetico vantaggio”.
“La diffusione di medicine alternative e complementari, infatti – continua Barbi – è crescente in tutto il mondo e soprattutto in nazioni con reddito medio elevato, come l’Italia, e nelle famiglie a elevata scolarizzazione. Di fatto, questo studio dimostra come i genitori di gruppi a minor reddito e minor tasso di scolarità che, a mio avviso non necessariamente coincide con il concetto di istruzione, somministrano ai propri figli solo i farmaci veramente essenziali, quando servono e quando prescritti dal pediatra, evitando la ‘automedicazione’ con prodotti di utilità non dimostrata. È stato anche interessante rilevare come la tendenza a somministrare farmaci alternativi si correli con atteggiamenti di diffidenza verso la scienza ufficiale, identificandosi spesso, ad esempio, con posizioni anti-vaccinali”.
“In sostanza questo studio fotografa una parte della nostra realtà. È evidente che se vogliamo essere efficaci come pediatri, proteggendo i bambini dalla somministrazione di prodotti industriali inutili e tenendo alta la copertura vaccinale – conclude – dobbiamo essere capaci di interloquire in maniera più efficace con questa fascia di genitori”.