Roma, 3 giugno 2019 – “Dopo pensionati, neolaureati, medici stranieri, medici in affitto o a gettone sono arrivati anche i medici militari per cercare di tappare la voragine aperta nelle dotazioni organiche degli ospedali dal blocco del turnover e dall’accelerazione dei pensionamenti. Soluzioni fantasiose quanto precarie, segno del fallimento delle politiche di programmazione dei fabbisogni specialistici degli ultimi 10 anni.
E ancora dobbiamo ascoltare Rettori di prestigiose università che auspicano di incrementare gli ingressi alla Scuola di Medicina e Chirurgia per risolvere le carenze attuali e future! Peccato che i nuovi specialisti sarebbero disponibili solo tra 12 anni, quando il fabbisogno sarà più che dimezzato rispetto al massimo della carenza che si svilupperà nei prossimi 5 anni.
Abbiamo bisogno di investire le poche risorse disponibili in contratti di formazione specialistica portandoli ad almeno 10 mila ogni anno. Sul versante occupazionale è cruciale sbloccare il turnover permettendo anche alle Regioni in piano di rientro, di aprire una nuova e vitale stagione di assunzioni nel SSN consentendo ai medici specializzandi degli ultimi anni la partecipazione alle selezioni sia a tempo determinato che indeterminato.
Gli emendamenti al DL “Calabria”, presentati da vari gruppi parlamentari alla Commissione Affari Sociali della Camera dei Deputati, rappresentano un tentativo lungimirante ed apprezzabile di offrire alla carenza di medici specialisti una soluzione alternativa alla miriade di escamotage messa in campo dalle singole Regioni.
La carenza di personale sanitario che osserviamo oggi negli ospedali non è solo legata al blocco del turnover e ad una programmazione scriteriata, ma si connota anche come crisi di vocazioni nei confronti di un lavoro che i giovani, ed i meno giovani, considerano non più appetibile.
Un lavoro gravoso, rischioso, fatto di turni infiniti, milioni di ore di straordinario che mai verranno recuperate o retribuite, weekend quasi tutti occupati per guardie o reperibilità, difficoltà perfino nel poter godere delle ferie maturate. E i nostri giovani medici che preferiscono lavori meno stressanti nel privato o emigrare all’estero attratti dalle remunerazioni più elevate e dalla maggiore valorizzazione del merito.
In tale contesto non possiamo più tergiversare. Il Contratto di lavoro fermo da 10 anni va portato rapidamente a conclusione sfruttando tutte le risorse economiche disponibili, non ultima la cosiddetta RIA, per remunerare il disagio e valorizzare la carriera professionale.
Se si vuole salvaguardare presente e futuro del SSN, la più grande infrastruttura sociale del paese, occorre partire dal suo capitale umano e dal miglioramento delle condizioni in cui esso esercita il proprio lavoro, aprendo le porte ai giovani”.
Carlo Palermo
Segretario Nazionale Anaao Assomed