Roma, 23 marzo 2021 – In Italia la Fenilchetonuria (PKU), considerate tutte le varianti, colpisce 1 bambino ogni 2.581 nati. Interessa circa 50.000 persone nel mondo ed è fra le malattie rare la più diffusa nel nostro Paese. Sottoposta a screening neonatale di massa dal 1974 (dal 1992 in tutto il territorio nazionale) oggi non è più una patologia solo pediatrica: grazie alla diagnosi precoce e a una corretta terapia (una rigida dieta con ridotto apporto di fenilalanina) con la PKU si diventa adulti con normali capacità intellettive e funzioni adattive.
Se dunque è vero che sono stati compiuti negli anni passi da gigante, le questioni irrisolte sono ancora molte. Sul piano clinico: un ulteriore margine di normalizzazione che non sembra del tutto alla portata della terapia dietetica; le limitazioni legate alla necessaria rigidità del trattamento dietetico in un adulto nel contesto della sua vita sociale e lavorativa; il rischio di un possibile deterioramento delle funzioni mentali derivante dalla difficoltà di mantenere stretta aderenza alle indicazioni dietetiche.
Sul piano, invece, dell’organizzazione assistenziale la necessità di incrementare e formare equipe specializzate e multidisciplinari per la transizione nell’età adulta e quindi il passaggio da una medicina del bambino e dell’adolescente, costitutivamente multidisciplinare, ad una medicina superspecialistica e settorializzata come quella dell’adulto. Anche in questo ambito la PKU diventa un paradigma per l’organizzazione sanitaria delle malattie da screening, per molte delle quali il monitoraggio clinico ha un carattere permanente che attraversa tutte le fasce di età dal neonato all’anziano.
Queste problematiche sono ovviamente sovranazionali e lo sviluppo di un network internazionale per la PKU è un obiettivo cruciale sebbene ancora del tutto virtuale. Di questo, e di molto altro, si è discusso oggi nel corso dell’evento online “PKU, una malattia rara in evoluzione. Il futuro è il network europeo” organizzato da Osservatorio Malattie Rare, in cui specialisti, associazioni di pazienti e istituzioni hanno avuto la possibilità di confrontarsi sulla Fenilchetonuria.
“La PKU è una patologia rara dovuta a mutazioni genetiche che rendono inefficace l’attività dell’enzima necessario a metabolizzare la fenilalanina (Phe), un aminoacido essenziale presente nelle proteine alimentari – ha spiegato Vincenzo Leuzzi, Ordinario di Neuropsichiatria Infantile all’Università La Sapienza di Roma, nel corso dell’incontro – In assenza di una pronta diagnosi e trattamento sin dalle prime settimane di vita, la malattia si manifesta con un importante rallentamento ed arresto del normale sviluppo neurologico che esita nei mesi successivi in una grave disabilità intellettiva e deficit neurologici. L’istituzione dello screening neonatale di massa per questa malattia e il trattamento preventivo della malattia hanno di fatto determinato la scomparsa di questa malattia come causa di disabilità. Oggi l’obiettivo è più avanzato ed è quello di migliorare la qualità di vita delle persone con PKU, che possono vivere al pari dei loro coetanei liberi da malattia”.
Una patologia ad alta complessità
“La terapia salvavita per i pazienti è rappresentata da una dieta a bassissimo contenuto di proteine: niente carne, pesce, uova o derivati del latte. Si tratta di un regime alimentare strettamente controllato – ha affermato Maria Teresa Carbone, U.O.S. Malattie Metaboliche e Rare dell’A.O.R.N. Santobono Pausillipon di Napoli – integrato con alimenti a fini medici speciali, con i conseguenti problemi che ne conseguono a livello di aderenza terapeutica. Le grandi restrizioni e scarsa palatabilità degli integratori possono rappresentare un ostacolo all’aderenza terapeutica specie in adolescenza. Per questo è fondamentale che ai pazienti e alle loro famiglie sia garantita una presa in carico corretta e globale, compreso un accompagnamento educativo e psicologico per le famiglie”.
“Il paziente PKU deve essere preso in carico necessariamente da una equipe multidisciplinare – ha detto Albina Tummolo, Ospedale Pediatrico Giovanni XXIII – Bari – UOC Malattie Metaboliche e Genetica Medica – che garantisca una corretta presa in carico che va dal controllo dei livelli di fenilalanina nel sangue al follow up neurologico, dalla modulazione della dieta al supporto psicologico. Per questo motivo è fondamentale che i centri abbiano risorse dedicate e standard nazionali. Peraltro ancora più necessari oggi che ci apprestiamo ad accogliere una nuova terapia di sostituzione enzimatica che è da poco disponibile per i pazienti PKU adulti che non hanno un adeguato controllo dei valori di fenilalanina nonostante la dietoterapia”. Terapia che dunque in alcuni pazienti permetterà un controllo ottimale dei valori della fenilalanina e nella maggior parte di questi casi anche la libertà da una dieta estremamente restrittiva.
“I problemi di aderenza terapeutica solitamente iniziano con l’adolescenza – ha dichiarato Alberto Burlina, Direttore dell’Unità Operativa Complessa Malattie Metaboliche Ereditarie presso l’Azienda Ospedaliera Universitaria di Padova – I pazienti con livelli incontrollati di fenilalanina nel sangue mostrano sintomi piuttosto gravi come stato confusionale, riduzione della concentrazione, scarsa attenzione, ansia, irritabilità, deficit di memoria, mal di testa. È dunque fondamentale accompagnare gli adolescenti e le famiglie nel cambiamento. Ai pazienti adulti deve essere garantita una presa in carico altrettanto globale, attraverso le diverse specialità necessarie (dalla ginecologia per le giovani donne che vogliono affrontare una gravidanza all’endocrinologo, dal gastroenterologo al medico dello sport) che devono comunque essere coordinate da un metabolista in grado di avere il quadro generale”.