Milano, 23 febbraio 2021 – L’impatto della pandemia da Covid-19, era inevitabile, ha messo a dura prova tanti percorsi di cura e le vite di tantissimi pazienti. Tra questi ci sono le persone con una malattia rara: i pazienti per ciascuna patologia sono relativamente pochi, ma tutti insieme raggiungono una ‘massa critica’ che hanno reso il 2020 un anno davvero complicato per la cura di queste persone.
Ne abbiamo parlato con Flora Peyvandi, direttore della Medicina Generale – Emostasi e Trombosi e del Malattie Rare Center del Policlinico di Milano: che ci racconta non solo come si è fatto fronte ai problemi della pandemia, ma anche quali sono le prospettive della ricerca e le possibilità per la vaccinazione dei malati rari.
Professoressa, innanzitutto: cos’è una malattia rara?
Una patologia è definita rara quando si manifesta in meno di 5 persone su 10.000, e può interessare tutti gli organi e gli apparati. Si stima che solo in Regione Lombardia vi siano registrati circa 30.000 individui affetti da una malattia rara e assistiti dai Presidi regionali, costituendo un problema sociosanitario importante.
Il Policlinico di Milano, che è il principale presidio della Rete Regionale Lombarda per le malattie rare, segue circa 350 di queste patologie grazie al lavoro di più di 130 specialisti accreditati. La gestione del grande numero di pazienti che ne deriva pone sempre una sfida per il nostro Ospedale, che deve tener conto delle diverse necessità legate all’età e alle condizioni specifiche di ogni periodo della vita del paziente (dal neonato all’anziano) dotandosi di protocolli e procedure adeguati, condivisi a livello internazionale, in particolare per la transizione dall’età pediatrica all’età adulta.
Come è stato possibile gestire i percorsi per le malattie rare durante la pandemia?
Nel corso del 2020 la pandemia di Covid-19 ha certamente acuito le difficoltà, per tutti, certo, ma in particolar modo per quei pazienti affetti da malattie rare che coinvolgono il loro sistema immunitario. Durante la prima fase della pandemia l’Ospedale ha lavorato per mantenere attive le cure dei pazienti affetti da malattie rare anche da remoto, sia per dare più spazio ai malati Covid sia ai malati cronici che non potevano prescindere dalle cure di cui avevano bisogno.
Inoltre, sin dall’inizio i nostri medici specialisti hanno convertito tutto quanto era possibile attraverso i sistemi digitali, utilizzando posta elettronica, video chiamate e prescrizioni informatizzate, con un impegno particolare per la telemedicina e la teleriabilitazione per le malattie genetiche rare con compromissione del neurosviluppo. Tutto questo allo scopo di ridurre al minimo il disagio per i pazienti e continuare a fornire loro il necessario percorso di cura.
Il coronavirus ha messo più a rischio i malati rari, rispetto agli altri pazienti?
Bisogna tener conto che i pazienti con malattie rare non mostrano tutti lo stesso rischio di contrarre il virus e la capacità di combatterlo. I pazienti con una malattia che coinvolge il sistema immunitario dovranno ricevere indicazioni specifiche diverse rispetto ad altre tipologie di pazienti. Gli esperti hanno fatto di tutto per continuare a curare i pazienti con malattia rara secondo le conoscenze che giorno per giorno si acquisiscono su Covid-19.
E sul fronte dei vaccini? I malati rari possono proteggersi contro Covid-19?
Nonostante la pandemia non sia ancora estinta, l’approvazione dei vaccini contro Covid-19 fa sperare in una soluzione in tempi ragionevoli per arrivare a una immunità tale da poter riprendere la via normale. Tuttavia, oltre alla sfida logistica della vaccinazione su larga scala, la somministrazione stessa del vaccino ai pazienti con malattia rara pone nuove problematiche ai medici che li hanno in cura: quali pazienti dovranno essere vaccinati e in quali tempi? Come comunicare al paziente, legittimamente preoccupato, circa l’efficacia e la sicurezza del vaccino?
La logica alla base della vaccinazione è fornire a ogni paziente una protezione sufficiente per combattere il coronavirus SARS-CoV-2 che provoca la malattia. Questa protezione si ottiene stimolando il sistema immunitario a produrre anticorpi contro il virus e a sviluppare linfociti che manterranno la memoria e la capacità di combattere il virus per lungo tempo.
Le persone infettate da Sars-CoV-2 sviluppano la stessa risposta, ma spesso a costo di complicazioni gravi e potenzialmente fatali. Il vaccino agisce come un’esca per il nostro sistema immunitario, che stimola a reagire e produrre anticorpi protettivi senza causare la malattia. Le Agenzie Regolatorie hanno autorizzato l’immissione in commercio di vaccini a mRNA, approvati per tutta la popolazione al di sopra dei 16-18 anni, e di un vaccino a vettore virale, approvato e consigliato nella fascia 18-55 anni. Altri vaccini contro SARS-CoV-2 sono in fase di sperimentazione clinica o in fase di sviluppo.
Di nuovo, non tutte le malattie rare sono uguali, quindi i nostri medici hanno preparato materiale informativo specifico per permettere ai loro pazienti di affrontare in modo consapevole la vaccinazione e per chiarire gli eventuali dubbi circa le controindicazioni.
Alcuni pazienti non potranno essere vaccinati, altri dovranno essere informati circa un aumentato rischio di reazioni anafilattiche, per altri ancora non vi saranno controindicazioni particolari rispetto alla popolazione generale.
È assolutamente consigliabile che il paziente si rivolga al proprio specialista che saprà certamente rispondere alle domande relative alla sua malattia in associazione a Covid-19 e al vaccino più adatto per contrastarlo.
Che impatto ha avuto la pandemia sulla ricerca scientifica per le malattie rare?
Anche durante l’anno di pandemia le attività di ricerca nell’ambito delle malattie rare non si sono mai fermate. Abbiamo pubblicato molti lavori scientifici su prestigiose riviste anche in relazione all’associazione tra la malattie rare e Covid-19, sono state redatte e aggiornate diverse linee guida per premetterci di essere sempre all’avanguardia nella diagnosi e nella cura, sono stati aggiornati i registri di malattia per consentire l’analisi dei dati utili in molti casi a comprendere meglio come gestire le terapie e infine, sono stati organizzati molti congressi online per continuare a rimanere connessi con il resto della comunità scientifica.
Questo periodo di pandemia ci ha poi fatto comunicare in modo diverso con i nostri pazienti: sono stati organizzati molti webinar informativi che hanno permesso ai malati di ricevere le notizie più importanti in tempi utili. Tuttavia, nonostante la tecnologia ci abbia permesso di essere sempre connessi e di non fermare le nostre attività, speriamo presto di poterci rivedere faccia a faccia! Siamo certi che presto questa emergenza finirà e che torneremo ad occuparci a tempo pieno delle nostre tipiche attività cliniche e assistenziali al fianco dei nostri pazienti.