I dati del Serafico di Assisi: in 4 anni le valutazioni di pazienti con disturbi del comportamento sono cresciute del 60%. Per l’Organizzazione Mondiale della Sanità la depressione è il male del secolo. E, come sempre, i più deboli, fra tutti le persone con disabilità, sono i più a rischio. In occasione della Giornata Internazionale delle Persone con Disabilità (3 dicembre) il Serafico di Assisi ricorda come i disturbi del comportamento costituiscano una delle nuove emergenze sanitarie e socio-relazionali tra i disabili
Roma, 28 novembre 2016 – Più del cancro e del diabete. Entro il 2020, i disturbi dell’umore diventeranno la seconda malattia più diffusa dopo le patologie cardiovascolari. Il campanello d’allarme, lanciato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), preoccupa non poco il mondo della disabilità dove i disturbi della sfera mentale hanno un’incidenza da 5 a 7 volte superiore rispetto alla popolazione generale.
“I disturbi del comportamento, della condotta e del controllo degli impulsi nelle forme più rilevanti, diventano spesso il primo fattore di esclusione sociale e di richiesta di istituzionalizzazione”, dichiara Francesca Di Maolo, Presidente del Serafico di Assisi, modello di eccellenza italiana ed internazionale nella riabilitazione, nella ricerca e nell’innovazione medico scientifica per i ragazzi con disabilità plurime.
“Questi disturbi – continua Di Maolo – rappresentano una delle nuove emergenze sanitarie e socio-relazionali e una sfida nell’ambito della ricerca scientifica”. D’altronde i numeri dell’Unità di valutazione diagnostica funzionale del Serafico parlano chiaro: negli ultimi 4 anni si è assistito ad una crescita del 60% di questi casi. “Se nel 2013 il 17% delle persone valutate presso i nostri ambulatori presentavano nella loro storia clinica disturbi del comportamento e della condotta, nel 2016 (dati al 31 ottobre) la percentuale è salita al 42%”, dichiara Sandro Elisei, Direttore Sanitario del Serafico.
A tal proposito, la letteratura rileva che i comportamenti gravemente disadattivi possono assumere le forme più disparate, anche se ne esistono di tipiche e ricorrenti. In particolare, la natura dei disturbi emotivi e comportamentali è correlata spesso alla gravità della disabilità intellettiva: nelle forme lievi e medie prevalgono i disturbi della condotta, disturbi dell’umore soprattutto di tipo depressivo spesso associati a manifestazioni di ansia, disturbi ossessivo-compulsivi e deficit dell’attenzione; nelle forme di disabilità intellettiva grave prevalgono i disturbi comportamentali di tipo autistico, condotte aggressive e discontrollo degli impulsi.
In pazienti con pluriminorazioni anche senza ritardo mentale, può essere presente una deficienza del controllo degli impulsi ed una labilità emotiva che si accompagnano spesso ad atti auto-lesivi ed etero-aggressivi.
In generale, tutti questi disturbi sono correlati a specifici fattori di rischio quali, ad esempio, la presenza di un disturbo neurologico o, soprattutto, la carenza di accudimento e/o atteggiamenti inadeguati in ambito familiare e sociale.
Disabili e non, ecco come la cultura di oggi influisce sui problemi psichiatrici
Il male del secolo non è solo la depressione, in aumento ci sono anche altri disturbi quali quelli d’ansia, del comportamento alimentare, dello spettro schizofrenico, correlati ad eventi traumatici, per non parlare delle diverse forme di dipendenze, dall’uso di sostanze, alle nuove forme di dipendenze comportamentali (da gioco d’azzardo patologico, da internet e nuove tecnologie, da spese compulsive, da sesso patologico). Inoltre, se prima l’età media di insorgenza della malattia era tra i 20 e i 40 anni, oggi sono in aumento le manifestazioni precoci o tardive.
La cultura di oggi propone ai giovani dei modelli di identificazione molto difficili da raggiungere, aprendo le porte ai moderni disturbi psichiatrici e al loro continuo aumento. D’altronde circa il 20% della popolazione mondiale presenta, secondo l’Oms, un quadro di umore instabile, dato che si accompagna all’aumento del numero di suicidi, circa 800mila all’anno (uno ogni quaranta secondi), che arrivano a rappresentare la seconda causa di morte tra i giovani tra i 15 e i 29 anni. Questi dati risultano ancora più drammatici se rapportati a persone con disabilità.
“Nei gradi intermedi di ritardo mentale, i ragazzi disabili hanno la capacità, seppur ridotta, di decodificare questo contesto. Hanno inoltre una parziale consapevolezza della propria condizione deficitaria che concorre ad attivare manifestazioni di rabbia e di aggressività – dichiara Sandro Elisei – Se al Serafico arrivano sempre più persone con lievi disabilità psicofisiche, ma con gravi disturbi comportamentali, forse è anche un riflesso dell’attuale cultura dello scarto. Dobbiamo ammetterlo: l’umanità è in crisi”.
Ancora più grave risulta essere la reazione delle persone con disabilità multiple, le quali presentano una bassa soglia alle frustrazioni, in particolar modo quando sono esposte a difficoltà e a delusioni che provengono dal mondo esterno. Il vissuto di frustrazione può portare ad una tonalità d’umore di fondo caratterizzata da irritabilità, oppositività, con inevitabili ricadute sul comportamento. Situazione quest’ultima che può rendere il soggetto non collaborante e poco reattivo ai tentativi di educazione e di socializzazione. L’adattamento sociale, infatti, è quasi sempre compromesso in particolare nelle forme più gravi di disabilità. Spesso l’unica modalità con la quale queste persone riescono a dimostrare la propria protesta è quella di compiere atti aggressivi, che agli occhi degli altri risultano il più delle volte inspiegabili e sproporzionati.
“Spetta a noi saper ascoltare e decodificare le loro richieste e i loro bisogni – dichiara un’operatrice del Serafico – Gridare, sporcare per terra può essere la risposta rabbiosa ad una mancanza di affetto da parte dei genitori”.
Nelle persone con disabilità la comunicazione dei propri bisogni, sentimenti, richieste, risulta difficoltosa per l’inadeguatezza o la compromissione dei mezzi e delle funzioni. E il comportamento spesso assolve a questo compito: per la persona che non possiede o non ha imparato ad usare modalità evolute per esprimersi, il modo di agire, anche nelle forme più strane o pericolose, rappresenta una forma primitiva di comunicazione.
Il modello di cura del Serafico: la vita prima di tutto
Se la cultura di oggi spinge all’eccesso nella formula ormai denominata “tutto e subito”, al Serafico di Assisi, il modello di prendersi cura della persona è inserito all’interno di una cornice di un’idea di disabilità e limite come un valore e non come motivo di stigma ed esclusione.
“Il limite non deve essere visto come un deficit rispetto ad una aspettativa che la società vuole sempre al massimo. La vita è fatta di situazioni che vanno accettate”, osserva Francesca Di Maolo. Ecco, dunque, che gli obiettivi da raggiungere, e quindi i propri limiti, non possono essere imposti in base a criteri esterni oggettivi, ma bensì in base alla personalità e alle capacità dell’individuo; al Serafico, ogni ragazzo ha un Progetto Riabilitativo Individuale, definito da un’équipe multidisciplinare di alta specializzazione. Ogni attività è finalizzata a portare l’individuo a vivere una vita piena.
Questo obiettivo passa per la scoperta del mondo in tutti i modi possibili. I medici e gli operatori specializzati aiutano i pazienti ad esprimersi con la natura, il movimento, lo sport e a trovare il modo di stare con gli altri. Per questo il Serafico non è un luogo di sofferenza, i ragazzi non conoscono la rassegnazione e ogni loro progresso, ogni autonomia conquistata, anche se piccola, è un inno alla vita.
“L’ambiente e le relazioni curano. La presa in carico affettiva, fatta di empatia e di un’accettazione non pietistica di queste problematiche, sono la base del nostro metodo di lavoro”, conclude Francesca Di Maolo, Presidente del Serafico.
fonte: ufficio stampa