Malattie infiammatorie gastroreumatologiche: farmaci originatori o biosimilari? Chiarezza dal Congresso SIGR

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L’appello della Società Italiana di GastroReumatologia a Gastroenterologi e Reumatologi: “Informare il paziente sull’intercambiabilità dei farmaci originatori con farmaci biosimilari”

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Roma, 7 ottobre 2019 – Tra i diversi argomenti affrontati quest’anno nell’ambito del VI Convegno Nazionale della Società Italiana di GastroReumatologia (SIGR) tenutosi dal 4 al 5 ottobre, la sessione riguardante l’esperienza dei farmaci biosimilari in Gastroenterologia e in Reumatologia assume particolare rilevanza per la attualità e la delicatezza del tema trattato.

Secondo i dati del Rapporto OSMED 2018, la spesa farmaceutica territoriale complessiva in Italia è stata pari a 20.8 mld di euro (-1% rispetto al 2017); la spesa pubblica territoriale (12,4 mld di euro) ha rappresentato il 60% della spesa e ha fatto segnare un -4%, rispetto all’anno. In questo quadro di contenimento della spesa, continua a crescere il mercato dei biosimilari. Infatti, si legge nel Rapporto, più della metà della spesa (65,9%) e i quattro quinti dei consumi di farmaci erogati dall’assistenza convenzionata (82,7%) sono stati rappresentati lo scorso anno da prodotti con brevetto già scaduto, i cosiddetti off patent, con un sensibile aumento del risparmio per il SSN.

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Prof. Bruno Laganà

“Si tratta di farmaci che per motivi tecnici, ad esempio l’utilizzo di linee cellulari, non sono identici al farmaco originatore, a differenza dei farmaci sintetici o equivalenti. Nondimeno, questi vengono valutati utilizzando analisi approfondite e rigorose del potenziale biosimilare rispetto all’originatore biologico per confermare la struttura, funzione ed efficacia clinica simili, nonché la sicurezza – puntualizza il presidente SIGR, prof. Bruno Laganà – La loro commercializzazione è di notevole interesse per il costo inferiore, il potenziale risparmio delle risorse sanitarie del SSN e il conseguente maggiore e più rapido accesso alle terapie per i pazienti”.

“Dal punto di vista clinico, è importante capire quando e come in un paziente con malattie croniche infiammatorie reumatiche o gastroenterologiche, si possa sospendere il farmaco biologico, sia esso originatore o biosimilare, mantenendo solo la terapia convenzionale, molto più sostenibile dal punto di vista economico – prosegue Laganà – Negli anni passati il concetto di riduzione o sospensione del farmaco biologico non era contemplato e veniva anche considerato pericoloso per una sicura ripresa dell’attività di malattia. Oggi, questo concetto è stato negli anni riveduto e corretto”.

Muove da qui l’appello a favore di un’informazione adeguata sull’intercambiabilità tra farmaci biosimilari e originatori che la SIGR porta oggi ai gastroenterologi e reumatologi, riuniti al VI Congresso nazionale di Gastroreumatologia in corso a Roma, in linea con quanto riportato in merito da AIFA – Agenzia Italiana del Farmaco.

“Senza entrare nel merito del potenziale immunogenico, è condivisibile che l’utilizzo del biosimilare, a parità di efficacia e sicurezza, sia etico per la responsabilità che ogni medico prescrittore ha nel garantire il più appropriato utilizzo delle risorse economiche del territorio. Ma questa considerazione, ovvia per la scelta del farmaco in chi inizia un trattamento del genere, diventa meno ovvia quando al paziente già in trattamento con il farmaco originatore venga sostituito il farmaco in corso con un suo biosimilare. E che questo, in un prossimo futuro, possa essere cambiato più volte non per motivi medici ma economici – prosegue il presidente Laganà – È necessario informare il paziente sul perché dell’intercambiabilità e sulla definizione del concetto di biosimilarità, ed è necessario che le informazioni siano adeguate e che ci sia tracciabilità della suddetta informazione. È infine auspicabile che il risparmio delle risorse economiche derivato dall’utilizzo dei biosimilari venga effettivamente reinvestito per aumentare il numero di pazienti da poter trattare”.

Come riferisce a sua volta il prof. Vincenzo Bruzzese, past president della SIGR, “un paziente che presenta segni clinici e radiografici di remissione completa della malattia, soprattutto se questa remissione è stabile da alcuni anni, può essere considerato per una iniziale riduzione della dose del farmaco biologico e per una eventuale successiva sospensione. Occorre in questa fase monitorare costantemente il paziente, per individuare possibili segni di ripresa di malattia, che in una percentuale variabile di pazienti purtroppo avviene. È dunque importante, affinché la spesa sanitaria sia sostenibile e si possa consentire la cura di più pazienti, che anche il medico faccia la sua parte, prescrivendo i farmaci biosimilari quando è possibile, e sospendendo il farmaco nei pazienti in remissione protratta”.

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