Una ricerca scientifica italiana ‘riabilita’ il farmaco che terrorizzò mezzo mondo: utilizzato negli anni 60 come antinausea in gravidanza provocò milioni di casi di malformazioni. Ora, usato con una indicazione diversa, è risultato efficace nel combattere patologie complesse dell’apparato gastrointestinale e proprio nel nostro Paese si registra l’esperienza maggiore
Roma, 26 aprile 2023 – Nuovo passo in avanti nella lotta a malattia di Crohn e colite ulcerosa grazie all’impegno dei pediatri italiani della società scientifica SIGENP. I risultati di uno studio, pubblicato dalla più prestigiosa rivista internazionale del settore, Inflammatory Bowel Disease, e coordinato da un gruppo di ricercatori italiani guidato dal dott. Matteo Bramuzzo, dell’IRCCS Burlo Garofolo di Trieste, ha raccolto i dati di 10 anni di esperienza clinica del trattamento di IBD (Inflammatory Bowel Disease), la Malattia Infiammatoria Gastrointestinale – che comprende malattia di Crohn e colite ulcerosa – in otto centri italiani.
La patologia colpisce sempre di più la popolazione pediatrica nei paesi ricchi, in Italia ne sono affetti 7 bambini ogni 100.000 abitanti. È responsabile di sintomi molto invalidanti, mina la qualità di vita dei piccoli pazienti e presenta un alto rischio di dover ricorrere a interventi chirurgici.
Quando i bambini colpiti sono molto piccoli, di età inferiore ai sei anni, sono chiamate con l’acronimo VEO-IBD (Very Early Onset Inflammatory Bowel Disease), cioè malattia infiammatoria intestinale a comparsa molto precoce.
“In 37 bambini con VEO-IBD – spiega il coordinatore dello studio Matteo Bramuzzo – la terapia con talidomide si è rivelata efficace e ottimamente tollerata: effetti collaterali solo nel 36% dei casi, molto inferiore a quanto osservato in pazienti adolescenti (77%). Può sembrare una casistica ridotta ma, trattandosi di malattie rare e di pazienti con caratteristiche molto selezionate, la numerosità di questa popolazione è rilevante. Ancor più interessante è il fatto che il farmaco ha permesso una prolungata remissione della malattia in una percentuale significativa di bambini”.
La durata del trattamento è stata da un minimo di un anno a un massimo di 9 anni. Inaspettatamente, quindi, la ‘vecchia’ talidomide , considerata una molecola superata e dannosa, porta nuove speranze in medicina.
“La nostra società – sottolinea il prof. Claudio Romano, presidente Sigenp e Direttore dell’UO di Gastroenterologia Pediatrica e Fibrosi Cistica dell’Università di Messina – con questo studio ha consentito di aggiungere un nuovo farmaco nell’ambito del trattamento di queste patologie complesse nel bambino. Inoltre va considerato il relativo basso costo di questa terapia rispetto ad altri farmaci. Ma, al di là dei risultati positivi, non bisogna dimenticare che l’indicazione all’utilizzo di talidomide va discussa con adeguata attenzione con i medici del centro dove il bambino è seguito”.
“Non è ancora la panacea per queste malattie – continua il dott. Bramuzzo – ma i risultati osservati con il nostro studio sono tra quanto di meglio si sia mai ottenuto. Infatti finora questa patologia nei bambini più piccoli veniva affrontata con gli stessi farmaci – biologici e non – che si adoperano negli adulti, con risultati spesso poco soddisfacenti: adesso, grazie a questo studio, abbiamo appurato che la talidomide è sicuramente una valida opzione terapeutica nei bambini con Malattia Infiammatoria Intestinale ad esordio molto precoce che non risponda alle terapie convenzionali”.
Conclude il prof. Romano: “Ovviamente anche questo farmaco ha i suoi limiti: per questo la terapia deve essere monitorata attentamente per eventuali eventi avversi in centri con adeguata esperienza. SIGENP, con i suoi gruppi anche in questo ambito si conferma una società con una prolifica attività di ricerca clinica a livello internazionale nell’ambito delle malattie complesse dei bambini”.