Il Policlinico Sant’Orsola vincitore del bando dell’Associazione Ring14 International. Lo scopo: capire in anticipo come evolverà la malattia attraverso un’analisi bioinformatica avanzata che pochi centri in Italia possono garantire e così poter intervenire tempestivamente e più efficacemente
Bologna, 14 ottobre 2022 – Epilessia resistente ai farmaci che insorge precocemente, grave ritardo psicomotorio e del linguaggio, tratti autistici, difficoltà ad alimentarsi, problemi al cuore e alle vie respiratorie: i bambini affetti dalla Sindrome Ring14, una malattia genetica rara dovuta a un’alterazione del cromosoma 14, non hanno vita facile.
Da vent’anni l’Associazione Ring14 International è impegnata a sostenere la ricerca contro questa patologia che in base alle stime colpisce poche centinaia di persone al mondo e i cui sintomi insorgono in tenerissima età. Il vincitore del 5° bando, beneficiario di un finanziamento di 100 mila euro, è Tommaso Pippucci, dell’IRCCS Azienda Ospedaliero-Universitaria di Bologna – Policlinico di Sant’Orsola.
“Il progetto è stato selezionato come il più meritevole tra candidati prevenienti da diversi altri Paesi, sia europei che Canada e Usa. Il processo applicato di peer-review (revisione alla pari da parte di un comitato internazionale di esperti) assicura trasparenza e meritocrazia”, spiega Marco Crimi, responsabile del coordinamento scientifico e project manager di Kaleidos, impresa sociale di Bergamo a cui Ring14 ha affidato la gestione tecnica del bando.
La sindrome Ring14
Nei bambini affetti dalla malattia, la quattordicesima coppia di cromosomi non si presenta con la consueta struttura a “x” ma assume forma ad anello (in inglese “ring”). L’alterazione si traduce in manifestazioni cliniche multi-sistemiche, tra cui epilessia farmaco-resistente ad esordio precoce, disabilità intellettiva e disturbo dello spettro autistico, che mettono a dura prova i pazienti e le loro famiglie.
“Contro la Ring14 ad oggi non esiste una cura, ma solo opzioni terapeutiche che si propongono di attenuare i sintomi e migliorare la qualità di vita. Per aiutare i bambini colpiti dalla malattia è quindi importante fare rete a livello internazionale e convogliare tutte le risorse disponibili verso progetti innovativi”, dice Stefania Azzali, Presidente di Ring14 International e mamma di un ragazzo colpito dalla sindrome.
Il progetto di ricerca
Ciò che ci si propone di fare con questo lavoro è studiare la conformazione tridimensionale del DNA nei bambini affetti dalla patologia, così da meglio approfondire la nostra conoscenza dell’anomalia cromosomica e capire se ci sono elementi anche al di fuori del cromosoma 14 che vanno a influenzare il decorso della malattia.
“Non tutti i pazienti hanno le stesse manifestazioni, in alcuni la sintomatologia è meno grave che in altri. È importante quindi capire quali meccanismi molecolari influenzino il quadro clinico. La tecnica che verrà utilizzata è l’Hi-C: un recente approccio per la cattura della conformazione cromosomica – per la prima volta applicato alla sindrome Ring14 – che potrà aiutarci a chiarire il ruolo dei riarrangiamenti cromosomici nella malattia”, spiega Tommaso Pippucci, ricercatore beneficiario del finanziamento. La ricerca sarà condotta in collaborazione con le Università di Pavia (dott.ssa Elisa Giorgio) e di Lubecca in Germania (dott. Malte Spielmann).
Gli obiettivi
“Tra i traguardi a breve termine, c’è quello di disporre di informazioni che aiutino le famiglie a conoscere in anticipo l’evoluzione della sindrome e l’insorgenza di eventuali complicanze – spiega Marco Crimi – sperando quindi di offrire presto ai genitori strumenti per migliorare la qualità della vita dei loro figli”. Negli ultimi anni assistiamo ad un coinvolgimento in prima linea delle Associazioni di Pazienti e, continua Marco Crimi, “Ring14 International declina perfettamente il cosiddetto Patient Engagement con investimenti mirati nel guidare ricerca scientifica e innovazione”.
“Tra quelli più a lunga scadenza c’è la messa a punto di terapie efficaci che diano una speranza di guarigione ai pazienti. L’auspicio è che questo lavoro possa rappresentare un ulteriore passo avanti in questa direzione e che i risultati dello studio possano rivelarsi utili non solo per chi è colpito dalla sindrome Ring14, ma anche per quanti sono affetti da sindromi genetiche simili”, conclude Stefania Azzali.