Malattie genetiche dello sviluppo: scoperte mutazioni a carico di un nuovo gene

Un team di ricercatori internazionali, guidati dall’Università Statale di Milano, rivela nei pazienti affetti da una rara sindrome caratterizzata da atassia combinata a ipogonadismo, il ruolo di un fattore di trascrizione nel neurosviluppo del cervelletto e dell’ipotalamo. Lo studio, realizzato tramite la ricerca di mutazioni nei pazienti e con l’utilizzo di modelli transgenici murini, pubblicato sul Journal of Clinical Investigation

Milano e Londra, 11 novembre 2021 – L’ipogonadismo ipogonadotropo congenito è una rara malattia genetica causata dal mancato sviluppo o funzionamento dei neuroni ipotalamici che secernono l’ormone di rilascio delle gonadotropine (GnRH), l’ormone chiave nel controllo dell’avvio della pubertà. I neuroni GnRH-secernenti rappresentano una piccolissima popolazione neuronale che riceve input eccitatori e inibitori da altri neuroni ipotalamici, quali i neuroni secernenti Kisspeptina, un ormone in grado di stimolare la produzione di GnRH.

Clinicamente l’ipogonadismo ipogonadotropo congenito può presentarsi in forme sindromiche associato ad altri tratti clinici, comprese l’atassia cerebellare.

Uno studio in collaborazione tra i gruppi di ricerca della prof.ssa Anna Cariboni dell’Università Statale di Milano, del dott. Mehul Dattani dell’University College London e del prof. Albert Basson (King’s College, Londra) chiarisce i meccanismi cellulari e molecolari con cui PRDM13, un fattore di trascrizione, regola la formazione del cervelletto e dei neuroni ipotalamici che secernono il neurormone Kisspeptin.

“In questo studio – spiega Anna Cariboni – riportiamo una nuova sindrome recessiva associata a una mutazione del gene PRDM13 in pazienti con disabilità intellettiva, atassia cerebellare e ipogonadismo ipogonadotropo. Combinando la ricerca di mutazioni di pazienti con l’analisi fenotipica di topi con deficit di PRDM13, identificato questo gene come un regolatore essenziale per lo sviluppo del cervelletto e dei neuroni che secernono kisspeptina nell’ipotalamo, fornendo una spiegazione meccanicistica per la co-occorrenza di ipogonadismo ipogonadotropo e atassia cerebellare in questa sindrome. Inoltre, a nostra conoscenza, questo studio rappresenta una novità importante in quanto prova per la prima volta che la deregolazione di PRDM13 nei neuroni Kisspeptin porta a ipogonadismo nell’uomo e come l’atassia cerebellare, storicamente associata a neurodegenerazione, possa anche essere causata da difetti del neurosviluppo del cervelletto”.

In particolare, il dott. Roberto Oleari e altri ricercatori appartenenti al Laboratorio di Neurobiologia dello Sviluppo del dipartimento di Scienze Farmacologiche e Biomolecolari, guidato dalla prof.ssa Cariboni, hanno contribuito a dimostrare che in assenza di PRDM13 i neuroni che producono kisspeptina non si formano, causando nei topi un ritardo nello sviluppo puberale.

La prof.ssa Cariboni chiarisce che “i neuroni che secernono Kisspeptina sono cosi chiamati perché sembrano ‘baciare’ i neuroni GnRH secernenti e tramite questo bacio inducono la secrezione di GnRH, l’ormone chiave che regola l’avvio della pubertà”.

Roberto Oleari aggiunge che “i meccanismi attraverso cui i neuroni Kisspeptin si generano durante lo sviluppo sono poco noti, ma grazie ad un recente finanziamento europeo saremo in grado di mappare tramite l’innovativa tecnica di single-cell RNA-sequencing lo sviluppo di questi neuroni. Questa analisi ci permetterà di capire i meccanismi cellulari con cui PRDM13 regola lo sviluppo dei neuroni kisspeptin. I geni identificati potrebbero rappresentare nuovi geni implicati nelle forme idiopatiche di ipogonadismo ipogonadotropo, che sono a tutt’oggi largamente sconosciute”.

“La comprensione dei meccanismi attraverso cui si avvia la pubertà, un periodo della nostra vita molto critico, sono a tutt’oggi ancora largamente sconosciuti e la nostra scoperta rappresenta un tassello importante per la comprensione di alcuni di questi meccanismi, oltre che ad aggiungere informazioni importanti per una migliore diagnosi di malattie genetiche della riproduzione” conclude Anna Cariboni.

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