Firenze, 28 marzo 2023 – Le malattie cardiovascolari rappresentano ancora oggi la prima causa di morte nel mondo, con una stima di circa 17,9 milioni di decessi ogni anno. In Italia le malattie cardiovascolari sono responsabili del 35.8% di tutti i decessi (32.5% negli uomini e 38.8% nelle donne), superando i 230.000 casi annui e solo nel 2017, 47.000 morti sono stati attribuiti all’ipercolesterolemia.
Cinquant’anni di studi clinici evidenziano infatti la correlazione diretta tra colesterolo LDL e malattia cardiovascolare aterosclerotica. Spesso i pazienti sono asintomatici, quindi inconsapevoli del rischio di sviluppare questa pericolosa condizione, e la malattia viene diagnosticata solo dopo un evento cardiovascolare provocato da un eccesso di colesterolo ‘cattivo’ nel sangue che, aderendo alle pareti interne delle arterie, porta all’accumulo di depositi di grasso (placca aterosclerotica) e rende più difficile il passaggio del sangue. In definitiva, elevati livelli di colesterolo LDL danneggiano progressivamente le arterie e sono tra le cause principali di infarto miocardico e ictus cerebrale.
Nonostante l’ipercolesterolemia sia riconosciuta come il fattore di rischio cardiovascolare più facilmente modificabile, purtroppo ottenere una riduzione efficace e sostenuta nel tempo dei livelli di colesterolo LDL è ancora una sfida, tanto che 8 pazienti su 10 ad alto rischio non sono in grado di ridurlo ai livelli raccomandati.
Giovedì 30 marzo e venerdì 31 marzo i più grandi esperti della Cardiologia italiana si riuniranno a Roma presso il Centro Congressi Auditorium Aurelia per l’evento nazionale “Lipids in Rome – Old challenges and new opportunities” organizzato dall’ANMCO (Associazione Nazionale Medici Cardiologi Ospedalieri), in collaborazione con la Società Italiana per lo Studio dell’Aterosclerosi e con il patrocinio dell’American College of Cardiology.
Un appuntamento importante rivolto non solo alla comunità scientifica cardiologica, ma anche a medici di diverse discipline in cui si farà il punto sui temi relativi alle nuove opportunità terapeutiche attualmente disponibili finalizzate alla riduzione del rischio cardiovascolare globale. Particolare attenzione verrà posta sui percorsi clinici di implementazione delle terapie per il controllo delle alterazioni del metabolismo lipidico.
Gli esperti si confronteranno sul ruolo del colesterolo nel determinare le malattie cardiovascolari e sulle nuove terapie. Di recente si sono infatti resi disponibili per l’impiego clinico oltre agli Anticorpi monoclonali, nuovi farmaci ‘intelligenti’, come l’Acido Bempedoico e l’Inclisiran, che oltre ad essere caratterizzati da una grande semplicità d’impiego, renderanno più sicura ed efficace la terapia migliorando notevolmente la cura del colesterolo e di conseguenza il rischio cardiovascolare dei pazienti.
Negli ultimi 25 anni l’approccio terapeutico alle patologie cardiovascolari è stato rivoluzionato da un’esplosione di nuove conoscenze, scaturite da ricerche scientifiche di biologia molecolare e studi clinici. E le strategie finalizzate alla gestione dell’ipercolesterolemia, principale fattore eziopatogenetico della malattia cardiovascolare su base aterosclerotica, sono una componente essenziale della prevenzione cardiovascolare.
Il prof. Furio Colivicchi, Presidente ANMCO e Direttore Cardiologia Clinica e Riabilitativa dell’Ospedale San Filippo Neri Asl Roma 1, dichiara: “Una condizione tanto silente quanto insidiosa come l’ipercolesterolemia va trattata in maniera incisiva e precoce. La necessità di ottenere livelli di Colesterolo LDL più bassi, e di contrastare il rischio residuo associato agli altri fattori aterogeni, fa emergere il bisogno di interventi terapeutici aggiuntivi. Le più recenti evidenze scientifiche indicano che un inizio tempestivo del trattamento con gli anticorpi monoclonali anti-PCSK9 e una riduzione prolungata dei livelli dei livelli di colesterolo LDL consentono di ottenere una maggiore protezione nei confronti dei futuri eventi cardiovascolari, senza che siano stati evidenziati negli studi di lungo termine problemi di sicurezza”.
“Lo sviluppo, e il successivo impiego nella pratica clinica, degli anticorpi monoclonali anti-PCSK9) ha suffragato due importanti concetti – continua Colivicchi – Il primo, relativo ai livelli di colesterolo supporta il paradigma “più basso è meglio”. Gli studi clinici con i PCSK9 hanno confermato una significativa riduzione degli eventi cardiovascolari con la progressiva riduzione del Colesterolo LDL plasmatico, con un beneficio crescente anche con valori di Colesterolo LDL <30 mg/dl. Con l’obiettivo di ridurre il rischio di eventi cardiovascolari, le linee guida della Società Europea di Cardiologia, aggiornate nel 2019, raccomandano livelli di Colesterolo LDL inferiori ai 55 mg/dl nei pazienti a più alto rischio di malattia cardiovascolare. Inoltre, al fine di raggiungere i target raccomandati, in questi pazienti le stesse linee guida raccomandano il ricorso ad una terapia di combinazione di più agenti ipolipemizzanti”.
“Il secondo concetto è la persistenza di un rischio cardiovascolare residuo, ma non trascurabile, anche con bassi livelli di Colesterolo LDL – spiega Colivicchi – Questa evidenza sottolinea la necessità di interventi preventivi più precoci e, inoltre, porta alla luce il ruolo di altri fattori aterogeni, quali i trigliceridi, la lipoproteina (a), responsabile del trasporto del colesterolo nel flusso sanguigno, e la cascata infiammatoria”.
“L’acido bempedoico invece – sottolinea il prof. Colivicchi – è un nuovo trattamento orale, primo nel suo genere nel meccanismo d’azione, da assumere una volta al giorno, che può essere associato ad altri trattamenti ipolipemizzanti per ridurre ulteriormente i livelli di colesterolo LDL. Rappresenta un efficace strumento nell’armamentario terapeutico, soprattutto per i pazienti a più alto rischio cardiovascolare che non hanno raggiunto gli obiettivi terapeutici nonostante le terapie ipolipemizzanti in corso e per i pazienti intolleranti.”.
“Questo farmaco – spiega il prof. Colivicchi – ha il vantaggio di poter essere associato a qualsiasi terapia ipolipemizzante, di avere un buon profilo di tollerabilità e di essere facilmente accessibile dal momento che potrà essere prescritto sia dagli specialisti che dai medici di medicina generale. Inoltre, poiché la trasformazione del profarmaco nella sua forma attiva avviene attraverso un enzima espresso esclusivamente a livello epatico, l’acido bempedoico non inibisce la sintesi del colesterolo a livello muscolare e, quindi, ha un ridotto rischio di sintomi muscolari rispetto alle statine”.
“L’inclisiran infine – continua il prof. Colivicchi- è un altro farmaco innovativa nel suo meccanismo d’azione per la riduzione del colesterolo LDL poiché rientra nella classe degli agenti terapeutici Rnai (Rnainterference), farmaci che silenziano gli Rna messaggeri (mRna), e rappresenta un nuovo approccio alla gestione dei pazienti con ipercolesterolemia. Si tratta di un piccolo Rna interferente (siRna) a doppio filamento con un’elevata affinità per il fegato, all’interno del quale riduce i livelli di una proteina chiamata Pcsk9, coinvolta nel metabolismo del colesterolo. Questo meccanismo aumenta la capacità del fegato di assorbire il colesterolo LDL e porta di conseguenza a una riduzione dei livelli di colesterolo cattivo presente nel sangue. Precisamente, inclisiran inibisce la produzione di PCSK9, per cui agisce a monte rispetto agli anticorpi monoclonali che antagonizzano l’attività di PCSK9. Uno dei vantaggi del trattamento con Inclisiran è il regime terapeutico che prevede solo due somministrazioni l’anno, attraverso un’iniezione sottocutanea. Il farmaco è prescrivibile dallo specialista e la sua somministrazione viene effettuata da un operatore sanitario”.
“Queste nuove terapie – conclude il prof. Colivicchi – aiuteranno i numerosi pazienti che risultato non aderenti ai trattamenti prescritti, spesso proprio a causa di effetti collaterali delle terapie, o che non riescono comunque a raggiungere i target ottimali di colesterolo LDL. Ridurre il colesterolo significa ridurre le malattie cardiovascolari ed è dunque fondamentale cambiare l’atteggiamento rispetto alla cura del colesterolo per migliorare il rischio cardiovascolare globale”.