Malattia di Crohn e Colite ulcerosa: picco tra i 20 e i 30 anni. Cause e sintomi

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“Il 20% degli affetti dalle malattie infiammatorie croniche intestinali hanno un esordio della malattia da giovanissimi, nella fascia d’età tra i 10 e i 18 anni”, spiega il prof. Alessandro Armuzzi, Segretario Generale IG-IBD

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Roma, 21 settembre 2018 – Le malattie infiammatorie croniche intestinali (MICI, secondo l’acronimo italiano, o IBD – Inflammatory Bowel Diseases – secondo quello anglosassone) sono patologie infiammatorie croniche dell’intestino caratterizzate nel loro decorso dall’alternarsi di fasi di riacutizzazione e di remissione con danno intestinale progressivo e si distinguono in due tipi principali: la Malattia di Crohn (MC) e la Colite Ulcerosa (CU).

I numeri, in Italia e in Europa
Si stima che oltre 5 milioni di persone nel mondo siano affette da MICI, di cui circa 1.6 milioni nel Nord America e quasi 3 milioni in Europa. In Italia, pur mancando dati epidemiologici nazionali, vengono stimate oltre 200mila persone affette da colite ulcerosa o malattia di Crohn.

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Prof. Alessandro Armuzzi

“Il problema – spiega il prof. Alessandro Armuzzi, Segretario Generale IG-IBD, Ospedale Presidio Columbus – Fondazione Policlinico Gemelli – Università Cattolica – è che in Italia manca ancora un registro nazionale, quindi si può dare solo una stima dei malati. Con buona approssimazione si può dire che il 40% di questi 200mila è affetto dalla malattia di Crohn, mentre il restante 60% da colite ulcerosa. Le malattie infiammatorie croniche intestinali hanno il picco di incidenza tra i 20 e i 30 anni di età. Quello che è emerso ultimamente è che il 20% degli affetti da queste malattie hanno un esordio della malattia da giovanissimi, nella fascia d’età tra i 10 e i 18 anni”.

Le cause
I meccanismi alla base dello sviluppo delle MICI non sono ancora completamente noti, ma si pensa che il maggior ruolo sia attribuibile, in soggetti suscettibili dal punto di vista genetico, ad una alterata risposta immunitaria nei confronti del microbiota, cioè quell’insieme di microorganismi presenti all’interno dell’intestino, che viene alterato da fattori ambientali ancora poco conosciuti.

“Alla base di questa malattia, allo stato attuale della ricerca scientifica, è un misto di concause: c’è innanzitutto una predisposizione genetica, quindi un background di fondo ‘fertile’ – spiega Armuzzi – Da studi genetici, infatti, si è visto che sono presenti, in oltre 160 geni, piccole mutazioni che, nell’insieme, favoriscono la suscettibilità alla malattia. Ma ci sono anche fattori ambientali, ancora non bene identificati, come alimentazione e inquinamento. Tutti questi elementi modificano di fatto la flora batterica dell’intestino, stimolando una risposta immunitaria. Da questa nasce l’infiammazione, che con il tempo si cronicizza, provocando così i sintomi di questa malattia”.

I sintomi
I sintomi predominanti delle MICI sono: la diarrea, i dolori addominali, la presenza di sangue nelle feci, la febbre, l’astenia e la perdita di peso, sintomi che tendono a variare in base al tipo di patologia. In alcuni casi si possono associare manifestazioni extra-intestinali tra cui le manifestazioni articolari (spondiloartrite), cutanee (eritema nodoso, pioderma gangrenoso, psoriasi), oculari (episclerite ed uveite) ed epatiche (colangite sclerosante).

La campagna di sensibilizzazioneSarà presentata venerdì 28 settembre, ore 18.00, presso l’NH Collection Roma Palazzo Cinquecento, la nuova campagna di sensibilizzazione di IG-IBD. “Il nostro primo obiettivo è la sensibilizzazione, a livello generale e mediatico, relativamente a queste malattie – spiega il prof. Armuzzi – Per l’occasione abbiamo chiesto al nuotatore, campione italiano a livello internazionale, Simone Sabbioni di essere nostro testimonial, in quanto esempio di come si possa comunque giungere, nonostante tali malattie, a grandi risultati sportivi, e alla realizzazione di importantissimi obiettivi. Sebbene queste patologie, quando non gestite in maniera costante e seria, limitino in maniera pesante la vita di chi vi è affetto, una corretta informazione e un intervento immediato non provocherà effetti sulla qualità della vita, né a livello sociale né affettivo”.

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