Malattia di Crohn e colite ulcerosa: Istituzioni al lavoro per un efficace network di cura

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Roma, 1 ottobre 2018 – Le malattie infiammatorie croniche intestinali (MICI, secondo l’acronimo italiano, o IBD – Inflammatory Bowel Diseases – secondo quello anglosassone) sono patologie infiammatorie croniche dell’intestino caratterizzate nel loro decorso dall’alternarsi di fasi di riacutizzazione e di remissione con danno intestinale progressivo e si distinguono in due tipi principali: la Malattia di Crohn (MC) e la Colite Ulcerosa (CU).

Compaiono frequentemente tra i 20 e i 30 anni, impattando in maniera significativa sulla qualità di vita dei soggetti affetti. Il 20% di tali patologie esordisce addirittura in età pediatrica, con notevoli ripercussioni non solo a carico del bambino affetto, ma anche a livello familiare. Il paziente è obbligato a prendere costantemente medicine, deve sottoporsi regolarmente a controlli e talvolta a interventi chirurgici.

Le malattie infiammatorie croniche intestinali hanno dunque un impatto sociale notevolissimo. Non incidono sull’aspettativa di vita, ma possono influire sulle capacità complessive del paziente, che perde giornate di lavoro con il rischio anche di lunghe interruzioni.

I costi sono dovuti a interventi e ricoveri frequenti, all’acquisto di integratori e farmaci non mutuabili, oltreché alle cure, anche in altre regioni rispetto a quella di appartenenza. A ciò si aggiunge la perdita di guadagni per il mancato lavoro.

Secondo stime dell’Unione Europea, un paziente costa allo Stato tra i 3 e i 5mila euro l’anno; considerando che in Italia ci sono 150mila pazienti ufficiali (ma verosimilmente 250mila) affetti da queste patologie, è intuibile quanto siano elevati questi costi, che finiscono per ammontare a circa un miliardo di euro, a cui si aggiungono i costi indiretti, come i servizi assistenziali.

“Il risultato è che in Italia, pur avendo una normale aspettativa di vita, la qualità della stessa può essere di basso livello e occorre lottare assieme perché ciò non si verifichi – afferma Pierpaolo Sileri, Presidente della XII Commissione Igiene e Sanità del Senato. e professore di chirurgia colo-rettale a Tor Vergata – Le MICI sono la dimostrazione più evidente di questo fenomeno, visto l’impatto che hanno sulla salute del paziente e sulla necessità di una assistenza familiare. Il ruolo dello specialista nell’affiancare il paziente e la famiglia di questi risulta essere fondamentale e a tal proposito l’attività della società scientifica e delle associazioni pazienti assieme agli altri attori coinvolti consentono la creazione di un network efficace e funzionale elle esigenze del singolo, con un auspicabile risparmio di tempo e spesa anche in termini di accesso alle cure”.

Il piano del Ministero della Salute
Le istituzioni sono al lavoro per garantire una migliore qualità di vita ai pazienti attraverso un impegno maggiore. A livello ministeriale il riferimento normativo è al Piano Nazionale della Cronicità, che è stato recepito in Conferenza Stato Regioni a settembre 2016 ed è stato poi pubblicato.

“L’obiettivo è quello di affrontare il problema della patologia cronica andando oltre la patologia stessa, ma soffermandosi sul punto di vista della persona, analizzando tutte le criticità del paziente e quali sono i modelli che le regioni che dovrebbero attuare sia per la prevenzione, sia per la cura e la gestione” spiega la dott.ssa Paola Pisanti, Coordinatrice Commissione sul Piano delle cronicità presso il Ministero della Salute.

La prima parte del Piano si è occupata della stratificazione della patologia, della messa in opera dei percorsi diagnostici-terapeutici-assistenziali, della valutazione della qualità. La seconda parte del Piano ha individuato 11 patologie per le quali sono stati ritenuti necessari alcuni approfondimenti specifici: tra queste sono incluse proprio la malattie infiammatorie croniche intestinali, la retto-colite ulcerosa e la malattia di Crohn.

“Per queste patologie abbiamo messo in evidenza l’impegno necessario sia in età evolutiva (0-18 anni) sia in età adulta, sottolineando soprattutto le principali criticità, quali la mancanza di studi di popolazione su incidenza e prevalenza, dati indispensabili per definire la risposta che il servizio sanitario deve dare e le risorse necessarie – ha illustrato Pisanti – Tra le altre criticità, la necessità di una diagnosi quanto più rapida possibile, identificando per tempo anche i casi più aggressivi, e la disomogeneità nei comportamenti clinici dei professionisti, motivo che ha spinto a sollecitare le Regioni nel definire i percorsi diagnostici-terapeutici specifici, in modo tale da far creare quella integrazione tra ospedale, territorio, centri specialistici e medicina generale”.

Il ruolo delle regioni è di recepire formalmente tutto il Piano attraverso atti formali. È stata istituita una cabina di regia nazionale che dovrà coordinarne l’attuazione, monitorare i risultati, diffondere le buone pratiche, valutare i modelli innovativi e proporre eventuali aggiornamenti.

“Adesso siamo nella fase di monitoraggio – conclude Pisanti – Abbiamo inviato dei questionari alle Regioni e stiamo ricevendo le prime risposte su quello che le Regioni stesse hanno fatto soprattutto sulla stratificazione, sull’integrazione ospedale-territorio e sulla costruzione dei PDTA. Sono stati costruiti dei sottogruppi che valuteranno le risposte delle regioni e indicheranno gli strumenti per stimolare a una completa attuazione del Piano”.

Il registro MICI dell’ISS
Nello stesso tempo, l’Istituto Superiore di Sanità è impegnato nella realizzazione del registro delle Malattie Infiammatorie Croniche Intestinali. “Questo significa censire tutti i casi sul territorio nazionale di malattie infiammatorie croniche dell’intestino – spiega la dott.ssa Monica Boirivant, Dirigente di ricerca Istituto Superiore di Sanità. – Gli scopi di questo censimento sono molteplici: la conoscenza della prevalenza e dell’incidenza delle MICI sul territorio nazionale, la caratterizzazione della storia naturale di queste malattie comprendente la comparsa di complicanze e le risposte ai vari tipi di terapia, tutte informazioni molto utili ai fini della programmazione sanitaria”.

È stato istituito un comitato scientifico con sede proprio presso l’ISS nel quale sono rappresentati il Ministero della Salute, il Coordinamento delle Regioni, l’INPS, l’ISTAT, le società scientifiche delle Malattie Infiammatorie Croniche Intestinali del bambino e dell’adulto e l’associazione dei pazienti AMICI. Il comitato scientifico ha individuato e concordato le informazioni cliniche rilevanti ai fini degli scopi del registro.

“Queste informazioni saranno ottenute sia interrogando i data-base istituzionali (Ministero della Salute, INPS, ISTAT, Regioni) sia raccogliendo i dati provenienti dai Centri Italiani per la diagnosi e cura delle malattie infiammatorie croniche dell’intestino”.

È stato preparato un questionario distribuito presso tutti i centri le cui risposte hanno permesso di valutare la rappresentatività regionale e nazionale dei centri clinici partecipanti. “I dati raccolti da ciascuna di queste fonti – aggiunge Boirivant – verranno integrati e confrontati in un unico data-base con sede in ISS al fine di ottenere informazioni controllate e con alto grado di precisione”.
Al momento, sono partite le prime richieste ai centri ed è stato istituito in ISS un gruppo che controllerà la qualità delle informazioni e terrà i rapporti coi centri.

La campagna di sensibilizzazione
È stata illustrata venerdì 28 settembre, ore 18, presso l’NH Collection Roma Palazzo Cinquecento, la nuova campagna di sensibilizzazione di IG-IBD, alla presenza proprio dei delegati del Ministero della Salute, dell’Istituto Superiore di Sanità e del Presidente della Commissione Igiene e Sanità del Senato, oltre a un testimonial d’eccezione.

“Il nostro primo obiettivo è la sensibilizzazione, a livello generale e mediatico, relativamente a queste malattie – spiega il prof. Armuzzi – Per l’occasione abbiamo chiesto al nuotatore, campione italiano a livello internazionale, Simone Sabbioni di essere nostro testimonial, in quanto esempio di come si possa comunque giungere, nonostante tali malattie, a grandi risultati sportivi, e alla realizzazione di importantissimi obiettivi. Sebbene queste patologie, quando non gestite in maniera costante e seria, limitino in maniera pesante la quotidianità di chi vi è affetto, una corretta informazione e un intervento immediato ridurrà notevolmente il rischio degli effetti sulla qualità della vita, né a livello sociale, né lavorativo, né affettivo”.

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