Uno studio, condotto da Università Roma “Tor Vergata”, Istituto Superiore di Sanità e Fondazione Edmund Mach, pubblicato su Scientific Reports, pone le basi sperimentali per lo sviluppo di un dispositivo in grado di mettere a punto metodi di analisi, rapidi e non invasivi, dei composti volatili emessi da globuli rossi infetti, identificando così i pazienti che potrebbero trasmettere la malaria qualora venissero punti dalla zanzara, vettore della malattia
Roma, 17 settembre 2019 – Si dibatte da tempo sul ruolo che i composti volatili giocano nel ciclo vitale del parassita del genere Plasmodium, responsabile della malaria. In particolare, da tempo è stata avanzata l’ipotesi che il parassita, raggiunto lo stadio di maturità sessuale nell’organismo umano, emetta un messaggio chimico, sotto forma di composti volatili, che agisce da richiamo per la zanzara anofele, a cui si deve la trasmissione e la diffusione della malattia.
Il recente lavoro del “Sensors Group” dell’Università di Roma “Tor Vergata”, in collaborazione con l’Istituto Superiore di Sanità e la Fondazione Edmund Mach di San Michele all’Adige, pubblicato sulla rivista “Scientific Reports”, fornisce un sostegno sperimentale a questa ipotesi.
La malaria è una malattia che tutt’oggi affligge le popolazioni dei paesi tropicali, provocando centinaia di migliaia di morti ogni anno, principalmente in Africa. La specie più letale per l’uomo è il Plasmodium Falciparum. Il ciclo vitale di questo parassita è molto complesso e si serve di due ospiti: l’esemplare femmina della zanzara Anopheles e l’essere umano.
Quando la zanzara infetta punge un individuo, rilascia nel sangue il Plasmodium che, in una prima fase, si moltiplica nel fegato, senza dare alcun sintomo. A maturazione avvenuta, in un seconda fase, il parassita invade i globuli rossi, ove si replica provocandone la rottura e determinando così la comparsa dei sintomi caratteristici della malaria (febbre alta, emicrania etc.).
Con la rottura del globulo rosso vengono rilasciate nel sangue due forme di parassita: le forme asessuate e i gametociti, ovvero forme sessuate. Le forme asessuate saranno responsabili della permanenza dei sintomi nell’individuo ospite, mentre la forma sessuata, chiamata gametocita, sarà quella responsabile della trasmissione della malattia dal momento che, rimanendo nel circolo sanguigno, potrà essere prelevata quando l’individuo subirà la puntura della zanzara anofele. Una volta all’interno della zanzara, la forma sessuata andrà incontro a processi che porteranno alla formazione della forma infettante del plasmodio, cosiddetta “sporozoita”, e ricomincerà il ciclo vitale del parassita.
I ricercatori dell’Università di Roma “Tor Vergata”, Istituto Superiore di Sanità e Fondazione Edmund Mach, hanno misurata l’emissione di composti volatili da parte di colture di globuli rossi infettati con entrambe le forme di Plasmodium Falciparum, asessuate e sessuate. Le misure sono state effettuate mediante l’utilizzo di una innovativa combinazione di strumenti composta dal PTR-MS ( Proton Transfer Reaction – Mass Spectrometr) e attraverso il naso elettronico sviluppato presso l’Università di Roma “Tor Vergata”.
“La Proton Transfer Reaction – Mass Spectrometry è una tecnica analitica complessa in grado di individuare, in tempo reale, i composti volatili che costituiscono un campione gassoso – spiega Rosamaria Capuano, ricercatrice, Dipartimento di Ingegneria Elettronica di Roma Tor Vergata – Il naso elettronico, invece, è costituito da una matrice di sensori di gas in grado di fornire un’informazione qualitativa del campione, consentendo la discriminazione di differenti miscele gassose”.
I risultati hanno mostrato una chiara differenza nei composti volatili emessi dai globuli rossi infettati dalle forme sessuate del parassita, riscontrando un’elevata produzione di esanale, un composto noto come attraente di molte specie di insetti.
“La ricerca – afferma il prof. Di Natale – oltre a evidenziare un interessante aspetto della biologia del parassita, ha un forte potenziale applicativo”. La maggior parte dei farmaci utilizzati per la cura della malaria vanno ad agire unicamente sull’eliminazione delle forme asessuate presenti nell’organismo, che è quella che dà origine ai sintomi. “Esiste solo un principio attivo, la primachina – continua il prof. Corrado Di Natale – in grado di agire sulle forme sessuate, ma viene utilizzato raramente perché può causare seri effetti collaterali. Molto spesso la fase di trasmissibilità del parassita può perdurare oltre la scomparsa dei sintomi nel soggetto infetto, nel caso in cui quest’ultimo sia stato preventivamente sottoposto a terapia, dal momento che restano in circolo i gametociti, le forme sessuate del parassita”.
“Lo studio – conclude il prof. Di Natale – pone le basi per lo sviluppo di un dispositivo che possa essere orientato alla messa a punto di metodi di analisi rapidi e non invasivi per l’identificazione dei pazienti potenzialmente infettivi, attraverso l’analisi dei composti volatili emessi da un individuo infetto”.