Roma, 3 febbraio 2021 – Il mal di schiena è un disturbo molto comune e colpisce a ogni età. I fattori che possono scatenarlo sono tanti, anche il peso eccessivo e la sedentarietà, che in epoca di smart working ha contribuito a peggiorare questo fenomeno. Per capire quando è bene rivolgersi ad uno specialista e i benefici che derivano dai trattamenti riabilitativi l’agenzia di stampa Dire ha intervistato il dott. Lorenzo Panella, direttore del Dipartimento di Riabilitazione dell’ASST Gaetano Pini- Cto di Milano.
Il mal di schiena è un disturbo sempre più frequente e trasversale nella popolazione. Quali possono essere le cause?
“Il problema affligge un po’ tutti e le cause possono essere varie. Il 40-60% della popolazione dei Paesi occidentali ed industrializzati soffre di mal di schiena. La prima causa in assoluto è la sedentarietà, non a caso un tempo era soprannominato la ‘malattia delle dattilografe’ proprio perché caratterizzava chi stava molto seduto. Ci sono ovviamente poi altre situazioni più gravi che non bisogna escludere come ad esempio una genesi infiammatoria o addirittura, anche se raramente, neoplastica. Un fattore cruciale è il sovrappeso, infatti il peso corporeo eccessivo che va a gravare sulla colonna ed è uno degli altri elementi che deve essere preso in considerazione nell’eziologia del mal di schiena”.
Lo smart working e una più diffusa sedentarietà, contraddistinta magari da posture o sedute sbagliate, ha potuto acuire il problema?
“Assolutamente sì. Questa è appunto una delle cause prevalenti. Costringerci in casa oltre agli aspetti emotivo-relazionali che il Covid si porta dietro con strascichi drammatici un altro dei grossi problemi è proprio legato al fatto che si è costretti a stare davanti ad un computer per ore. Molte persone dunque trascorrono la maggior parte della giornata assumendo posture sbagliate e ciò condiziona molto il dolore lombare e dorsale”.
Quando è bene non sottovalutare il mal di schiena e recarsi dallo specialista? Nel caso del vostro Istituto, quanti accessi e che casistica avete registrato in questo lungo periodo?
“Il dolore è sintomo d’esordio che può avere una intensità diversa. Nella lombalgia acuta il dolore è molto violento e quindi è chiaro che questo spinge il paziente a ricorrere al parere del medico. Anche le forme di dolore subdolo, anche meno importanti, devono essere valutate dal punto di vista clinico attraverso una diagnosi differenziale. Queste possono essere molto semplici dal punto di vista dell’intervento terapeutico fino ad arrivare a situazioni più complesse a volte devastanti a che comunque vanno accertate. La nostra attività ambulatoriale anche durante la prima fase della pandemia è rimasta sempre attiva e quindi abbiamo sempre lavorato in regime di full time. La nostra percentuale di diagnosi e interventi sul mal di schiena è sovrapponibile a quella dei dati di letteratura. Mediamente il 60% dei nostri pazienti ha problemi di lombalgia o cervicalgia ed accede alle attività ambulatoriali per criticità di questo genere”.
È vero che il mal di schiena, o meglio la sensazione di ‘ossa rotte’ come comunemente si dice, può essere la spia del Covid?
“Sì. Il nostro Dipartimento che conta circa 200 posti letto di riabilitazione a vari titoli, in particolar modo il mio reparto conta 120 posti letto di degenza e ricoveriamo soprattutto patologie dell’apparato locomotore. È vero anche che spesso l’esordio del Covid-19 è caratterizzato dalla poliartralgia e cioè sensazioni di dolori diffusi che trovano la loro localizzazione nelle articolazioni e che possono avere una densità più o meno grave”.
(fonte: Agenzia Dire)