Roma, 18 agosto 2020 – Le iniezioni intravitreali potranno essere eseguite in ambulatori chirurgici dedicati e non più soltanto nelle sale operatorie, grazie a procedure più snelle, ma altrettanto sicure, che consentiranno di erogare un maggior numero di terapie ai pazienti affetti da maculopatie.
È la principale novità contenuta nelle nuove raccomandazioni sulle iniezioni intravitreali per le patologie che coinvolgono la parte della retina che serve per la visione distinta, ovvero la macula, stilate da un gruppo di esperti dell’Associazione Italiana Medici Oculisti (A.I.M.O.).
“Si tratta di una novità assoluta per l’Italia, ritenuta inconcepibile fino a poco tempo fa – commenta Giuseppe Lo Giudice, consigliere di AIMO, tra i principali autori delle raccomandazioni – con queste nuove indicazioni, che abbiamo redatto basandoci interamente sui dati dalla evidenza scientifica, ci allineiamo finalmente al resto dei Paesi europei e non solo, dove già da tempo le iniezioni intravitreali possono essere eseguite anche in un ambulatorio chirurgico, rispettando ovviamente le caratteristiche di sterilità nella preparazione del farmaco e nella procedura stessa a prescindere dall’emergenza sanitaria legata al Covid-19, perché tali procedure dovranno essere rispettate sempre”.
Le iniezioni intravitreali di sostanze terapeutiche (IVT) sono prestazioni ambulatoriali riportate nei nuovi Livelli essenziali di assistenza (DPCM del 18 marzo 2017) e nel Nomenclatore nazionale delle prestazioni ambulatoriali (al codice 14.79). Ma qual è la loro importanza per il paziente con patologia maculare? “Per questa tipologia di pazienti le iniezioni intravitreali sono fondamentali – risponde Lo Giudice – perché al momento rappresentano l’unica forma di terapia in grado di garantire loro la conservazione o la riduzione della perdita visiva”.
In Italia ogni anno vengono eseguite migliaia di iniezioni intravitreali, ma nel 2020 “a causa del Covid-19, molte ne sono andate perse. Ancora non sappiamo quante con esattezza – spiega il consigliere di AIMO – però stiamo cercando di arrivare ad una stima di pazienti persi al follow-up mediante uno studio multicentrico che vede coinvolti nella raccolta dati numerosi centri di Oculistica in Italia”. Se il paziente non esegue un’iniezione programmata, può capitare che insorga “una perdita irreversibile della vista, con la conseguenza che le punture successive non siano più in grado di controllare la patologia”.
Ma tornando alle raccomandazioni di AIMO in merito all’esecuzione delle iniezioni intravitreali, alle procedure pre e post-prestazione, al setting chirurgico e alla presa in carico del paziente pre, durante e nel corso di follow-up, il loro scopo è fornire indicazioni basate su EBM (Evidence based medicine), letteratura scientifica disponibile e International expert consensus.
“Ci siamo ispirati alle raccomandazioni di Euretina, la società europea degli specialisti della retina, soprattutto per quanto riguarda il setting chirurgico – spiega Alberto Piatti, referente di AIMO per le patologie retiniche, anche lui tra i principali autori delle raccomandazioni – Quello che vogliamo proporre è una semplificazione della procedura per far accedere più pazienti alle terapie, la procedura infatti prevede un ambulatorio chirurgico dedicato alle iniezioni intravitreali e non più una sala operatoria vera e propria. Questo non vuol dire abbassare le attenzioni e ridurre le prudenze, ma semplicemente allinearsi ad una normativa già diffusa in moltissimi Paesi europei (come Francia, Inghilterra, Germania), e non (come Stati Uniti e Canada), dove l’ambulatorio chirurgico è utilizzato da tempo per questo tipo di terapie”.
Utilizzare un ambulatorio chirurgico dedicato alle iniezioni intravitreali significa “ampliare la platea dei potenziali utenti, che non saranno più costretti a rivolgersi esclusivamente agli ospedali – prosegue Piatti – Durante l’emergenza sanitaria questo ha tra l’altro rappresentato un problema, perché molti pazienti hanno rinunciato ad andare in ospedale per timore di contrarre il virus”.
Nelle nuove raccomandazioni di AIMO, infine, particolare attenzione è rivolta al follow up del paziente. La struttura sanitaria che esegue il ciclo di terapie intravitreali, si legge ancora nel testo, prenderà in carico il paziente sia per la parte chirurgica sia per i controlli post-operatori.
Al termine di ogni ciclo terapeutico la struttura sanitaria che ha preso in carico il paziente, dopo aver eseguito una rivalutazione basata su esami diagnostici morfologici (OCT ed eventuale angiografia) e funzionali (esame dell’acuità visiva ed eventuale microperimetria) che attesti la stabilità/miglioramento del quadro clinico, potrà inviare il paziente al proprio oculista curante o, in assenza di questi, il paziente si prenoterà un controllo presso una struttura pubblica/ accreditata o privata.
“È fondamentale che il paziente con una patologia cronica come la maculopatia venga preso in carico dalla struttura che effettua le terapie – sottolinea Piatti – garantendogli anche i controlli successivi. E questa è un’altra grande novità contenuta nelle nostre raccomandazioni, perché in ambito oculistico non siamo mai stati abituati a curare delle patologie croniche così diffuse e con effetti prolungati nel tempo come le maculopatie”.