Roma, 14 novembre 2024 – L’obesità rappresenta una delle principali sfide per la salute pubblica a livello globale. La sua diffusione è data in aumento costante, non solo nei paesi occidentali, ma anche in quelli a reddito medio-basso; l’obesità, inoltre, rappresenta un significativo fattore di rischio per diverse malattie croniche. Va considerata non solo come un rischio per la salute, ma come una malattia cronica progressiva e recidivante, anche in assenza di complicanze nelle fasi iniziali.
L’obesità è spesso causa di gravi complicanze che possono ridurre l’aspettativa di vita, tra cui le malattie cardiovascolari e il diabete di tipo 2. Il trattamento dell’obesità, pertanto, deve puntare non solo alla perdita di peso, ma anche alla prevenzione e la cura delle complicanze, con l’obiettivo di migliorare la qualità della vita del paziente in modo duraturo. Fino ad ora, il contrasto all’obesità poggiava esclusivamente sulle strategie tradizionali basate sulla dieta e sull’esercizio fisico. Il nuovo paradigma nel trattamento dell’obesità si concentra su un approccio più integrato e personalizzato.
L’obesità è una malattia cronica che richiede una gestione a lungo termine; è associata a molte gravi conseguenze per la salute e a una riduzione dell’aspettativa di vita. In particolare, è molto legata all’aumento del rischio di malattie cardiovascolari, compresi infarto del miocardio e ictus, e di mortalità.
A livello mondiale si prevede che la prevalenza dell’obesità nel 2035 raggiungerà oltre 1,5 miliardi di adulti, determinando, quindi, anche un aumento di decessi correlati alle malattie cardiovascolari. Purtroppo la situazione italiana risulta essere in linea con questo andamento, ad oggi l’11,4 per cento della popolazione vive con l’obesità, e di questi l’80 per cento convive con scompenso cardiaco e frazione di eiezione preservata. La combinazione è molto pericolosa, perché può aumentare fino all’85 per cento il rischio di eventi cardiovascolari fatali, ‘rubando’ almeno 6 anni di aspettativa di vita.
L’arrivo di una nuova classe di farmaci, gli analoghi del GLP-1, sembra rappresentare un punto di svolta nel trattamento dell’eccesso ponderale in tempi brevi, insieme a notevoli vantaggi per la salute cardiovascolare e metabolica, il tutto con effetti collaterali relativamente contenuti.
Nel corso del Simposio ‘Innovative solutions on patient care’ organizzato da Novo Nordisk all’interno del XXIII Congresso dell’Associazione Medici Endocrinologi (AME), si è fatto il punto sul perché semaglutide rappresenti un nuovo paradigma nel trattamento dell’obesità.
“Stiamo assistendo a un notevole miglioramento nel trattamento dell’obesità e delle patologie correlate – commenta in chiusura del simposio il dott. Renato C. Cozzi, presidente AME Associazione Medici Endocrinologi – L’introduzione dei nuovi farmaci ha rivoluzionato l’approccio terapeutico, rendendo essenziale un cambio di strategia a 360°. Queste soluzioni terapeutiche – specie nell’obesità – consentono un controllo sempre più efficace della malattia, riducendo i fattori di rischio per l’insorgenza di patologie come, ad esempio, quelle cardiovascolari, prevenendo la progressione verso il diabete nei pazienti ad alto rischio e migliorando significativamente la qualità di vita dei pazienti. Il trattamento dell’obesità in particolare sta vivendo oggi una fase storica. Grazie alla ricerca e all’innovazione è possibile, non solo, ridurre il peso corporeo, ma gestire in maniera olistica la persona affetta da obesità tenendo conto del suo intero stato di salute”.
Risultati pubblicati recentemente su The Lancet, provenienti da una analisi cumulativa degli studi STEP HFpEF, STEP HFpEF-DM, SELECT and FLOW, mostrano che semaglutide riduce in modo statisticamente significativo il rischio combinato di mortalità cardiovascolare o di eventi da scompenso cardiaco nei pazienti con insufficienza cardiaca con frazione di eiezione preservata (HFpEF) o lievemente ridotta.
L’analisi ha preso in considerazione 3.743 partecipanti con insufficienza cardiaca con frazione di eiezione preservata provenienti dagli studi STEP HFpEF, STEP HFpEF-DM, SELECT e FLOW.1 Nello studio STEP HFpEF (semaglutide 2,4 mg) le persone arruolate avevano HFpEF correlata all’obesità, nello studio STEP HFpEF-DM (semaglutide 2,4 mg) correlata all’obesità e diabete tipo 2, mentre lo studio SELECT (semaglutide 2,4 mg) includeva partecipanti con malattia cardiovascolare conclamata e sovrappeso o obesità e lo studio FLOW (semaglutide 1,0 mg) con diabete tipo 2 e malattia renale cronica.
Nei partecipanti degli studi analizzati semaglutide ha ridotto il rischio di esito composito di morte cardiovascolare o di eventi di peggioramento di insufficienza cardiaca (definiti da ospedalizzazione o visita urgente per scompenso cardiaco) del 31 per cento e il rischio di peggioramento dell’insufficienza cardiaca da sola del 41 per cento. I risultati ottenuti in relazione alla morte cardiovascolare non sono stati statisticamente significativi (59 eventi tra le persone trattate con il farmaco contro 67 eventi tra coloro che avevano assunto solo placebo).
Le persone che convivono con HFpEF possono presentare sintomi invalidanti e limitazioni fisiche e hanno un alto rischio di andare incontro a ricoveri ospedalieri e morte, soprattutto coloro che soffrono anche di obesità, diabete tipo 2 o entrambi. L’obesità è considerata un importante fattore di rischio nello sviluppo dell’HFpEF,2,4 tanto che circa l’80 per cento delle persone che ne soffre è obesa. Anche il diabete tipo 2 è spesso presente nelle persone affette da HFpEF.