Lo sbadiglio è ‘contagioso’: ecco perché

Un’indagine guidata da studiosi dell’Università di Bologna ha messo in luce nuove evidenze su come il cervello regola l’imitazione automatica: un comportamento alla base di molte interazioni sociali complesse. I risultati potrebbero portare ad applicazioni terapeutiche per pazienti con alterazioni neurologiche e disturbi nella sfera della socialità

Bologna, 26 giugno 2024 – Un team interazionale di ricerca guidato da studiosi dell’Università di Bologna ha indagato i meccanismi neurali alla base del comportamento imitativo: un fenomeno che facilita l’interazione e la coesione sociale e permette alle persone di sintonizzarsi inconsciamente con gli altri.

Lo studio – pubblicato su Proceedings of the National Academy of Sciences (PNAS) – ha messo in luce nuove evidenze su come il cervello regola questo comportamento, aprendo così nuove prospettive per applicazioni cliniche e terapeutiche.

“I risultati che abbiamo ottenuto aprono nuove strade per comprendere come la plasticità cerebrale può essere manipolata per aumentare o ridurre comportamenti imitativi e rendere le persone meno sensibili alle interferenze durante l’esecuzione di compiti – spiega Alessio Avenanti, professore al Dipartimento di Psicologia “Renzo Canestrari” dell’Università di Bologna, che ha coordinato lo studio – Da qui potrebbero quindi nascere applicazioni terapeutiche per migliorare la prestazione cognitiva in pazienti con alterazioni neurologiche e disturbi nella sfera della socialità”.

Cos’è l’imitazione automatica

Il comportamento imitativo è alla base di molte interazioni sociali complesse e può influenzare le relazioni interpersonali, così come le dinamiche di gruppo. Inoltre, l’imitazione automatica può avere implicazioni negative e va spesso controllata: ad esempio, per riuscire a parare un rigore, un portiere deve inibire l’imitazione dei movimenti dell’attaccante.

“L’imitazione automatica è un comportamento pervasivo nella vita quotidiana: pensiamo a quando vediamo qualcuno sbadigliare e immediatamente sentiamo l’impulso di fare lo stesso, o quando notiamo il nostro linguaggio o le nostre espressioni facciali adattarsi a quelli di un amico con cui stiamo parlando – conferma Sonia Turrini, assegnista di ricerca al Dipartimento di Psicologia “Renzo Canestrari” dell’Università di Bologna, prima autrice dello studio – Comprendere i meccanismi alla base di questo fenomeno può quindi fornire nuove prospettive sul comportamento sociale, che è il contesto entro cui la maggior parte della quotidianità di ognuno di noi si sviluppa”.

Una tecnica avanzata di stimolazione cerebrale

Oggi sappiamo che il sistema motorio è costantemente coinvolto durante l’imitazione automatica di azioni, espressioni facciali e linguaggio, ma resta ancora da chiarire quale sia, all’interno del sistema motorio, il ruolo preciso, e potenzialmente distinto, di diversi circuiti cortico-corticali.

Per fare luce su questo aspetto, gli studiosi hanno utilizzato una tecnica avanzata di stimolazione cerebrale non-invasiva, chiamata “stimolazione appaiata associativa cortico-corticale” (ccPAS), che il gruppo di ricerca del prof. Avenanti ha contribuito a sviluppare.

“Grazie a questa tecnica di stimolazione è stato possibile agire sui meccanismi di plasticità del connettoma cerebrale, la mappa comprensiva delle connessioni neurali nel cervello – spiega Avenanti – Rinforzando o indebolendo temporaneamente la comunicazione tra diverse aree del sistema motorio, siamo riusciti a stabilire con precisione il ruolo causale di diversi circuiti nel facilitare o arginare il fenomeno dell’imitazione automatica”.

L’esperimento

Lo studio ha coinvolto 80 partecipanti sani suddivisi in quattro gruppi, ciascuno sottoposto a un diverso protocollo di ccPAS. Ogni partecipante ha eseguito due compiti comportamentali, prima e dopo il trattamento mediante ccPAS: un compito di imitazione volontaria ed uno di imitazione automatica. L’obiettivo era testare se la manipolazione della connettività tra aree frontali – in particolare l’area premotoria ventrale (PMv), l’area supplementare motoria (SMA) e la corteccia motoria primaria (M1) – influenzi l’imitazione automatica e volontaria.

I risultati ottenuti hanno rivelato che diversi circuiti del sistema motorio servono funzioni sociali differenti e dissociabili e che la direzione della stimolazione e l’area bersaglio influenzano diversamente i circuiti neuronali coinvolti nell’imitazione.

“Abbiamo visto che rinforzare la connettività tra l’area premotoria ventrale (PMv) e la corteccia motoria primaria (M1) aumenta la tendenza ad imitare automaticamente il comportamento altrui, mentre ridurla ha l’effetto opposto – dice Sonia Turrini – E al contrario, la corteccia supplementare motoria (SMA) sembra avere un ruolo di controllo cognitivo sul sistema motorio: rafforzare la sua connettività con la corteccia motoria primaria (M1) induce infatti una maggiore capacità di evitare l’imitazione quando questa è inadeguata al contesto”.

I protagonisti dello studio

Realizzato presso il Centro studi e ricerche in Neuroscienze cognitive, del Dipartimento di Psicologia “Renzo Canestrari” dell’Università di Bologna (Campus di Cesena), lo studio è stato pubblicato sulla rivista PNAS con il titolo “Spike-timing-dependent plasticity induction reveals dissociable supplementary- and premotor-motor pathways to automatic imitation”.

Oltre ad Alessio Avenanti e Sonia Turrini, hanno contributo Francesca Fiori, Naomi Bevacqua, Chiara Saracini, Boris Lucero e Matteo Candidi. La ricerca è stata finanziata, tra gli altri, dal partenariato esteso in Neuroscienze e neurofarmacologia del PNRR (progetto MNESYS), dalla Fondazione Bial e dalla Fondazione Italiana Sclerosi Multipla.

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