Il terremoto del 30 ottobre 2016 è stato innescato dagli eventi precedenti della sequenza sismica di Amatrice e questi stessi eventi ne hanno limitato la magnitudo. È quanto suggerisce un nuovissimo studio a firma INGV – ENS, appena pubblicato su Scientific Reports
Roma, 21 marzo 2019 – Ci sarebbe un collegamento tra il terremoto di magnitudo 6.5 che ha colpito l’Italia Centrale il 30 ottobre 2016 e gli eventi sismici dei mesi precedenti. Questi, infatti, avrebbero ‘anticipato’ di oltre un secolo l’accadimento di quel terremoto, ma allo stesso tempo ne avrebbero dimezzato l’energia disponibile, limitandone la magnitudo. È quanto ipotizza un team di ricerca dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) e della École Normale Supérieure (ENS) di Parigi.
Nel corso della sequenza sismica dell’Italia Centrale del 2016, nell’arco di un paio di mesi si sono verificati diversi terremoti di magnitudo rilevante. Al primo terremoto del 24 agosto di magnitudo 6.0, con epicentro localizzato nel comune di Accumoli (RI), hanno fatto seguito i due terremoti del 26 ottobre, di magnitudo rispettivamente 5.4 e 5.9 localizzati a Visso (MC). Quattro giorni più tardi, il 30 ottobre, nell’area compresa tra gli eventi sismici del 24 agosto e del 26 ottobre è avvenuto il terremoto di Norcia (PG), il più forte della sequenza, con magnitudo 6.5.
“Negli ultimi decenni – spiega Nicola Alessandro Pino, ricercatore dell’INGV e coautore dello studio – in Italia si sono verificate altre sequenze sismiche costituite da terremoti di magnitudo simile tra loro, avvenuti nella stessa area a distanza di pochi secondi, pochi giorni o pochi mesi”.
“Queste evidenze – prosegue l’esperto – fanno ipotizzare che la rapida successione di terremoti non sia casuale. Infatti, per alcune di queste sequenze è stato dimostrato che gli eventi precedenti hanno innescato quelli che sono seguiti. Le faglie interagiscono tra loro e alterano lo stato di sforzo sulle faglie limitrofe, allontanando il tempo del prossimo terremoto o, al contrario, portandole più vicine alla rottura”.
Le variazioni di sforzo prodotte da eventi precedenti, secondo gli autori, possono quindi allontanare o avvicinare nel tempo la rottura su una faglia adiacente, anche limitandone l’energia emessa.
“Anche per la sequenza del 2016 – prosegue Vincenzo Convertito, ricercatore INGV e coautore dello studio – è ipotizzabile un effetto a cascata dei terremoti precedenti sui successivi. Il calcolo delle variazioni causate dal terremoto del 24 agosto e da quelli del 26 ottobre sulla faglia che poi si romperà il 30 ottobre mostrano, infatti, che i terremoti precedenti hanno modificato il campo di sforzo sulla parte meridionale e su quella settentrionale della faglia, incrementando invece significativamente lo sforzo nella zona centrale, soprattutto nella porzione più profonda della faglia. Da qui la mattina del 30 ottobre partirà poi la rottura”.
La struttura interessata dall’evento del 30 ottobre ha una superficie di circa 440 km2, due volte quella realmente attivata dal terremoto. Se questa si fosse rotta per intero in un unico evento l’energia emessa sarebbe stata almeno doppia, producendo un sisma di magnitudo 6.7, affermano gli autori.
Lo studio quantifica in 110 anni il tempo di cui sarebbe stato anticipato il terremoto avvenuto il 30 ottobre. “Si può quindi affermare che gli eventi precedenti hanno anticipato di oltre un secolo l’accadimento del terremoto del 30 ottobre, ma allo stesso tempo ne hanno limitato la magnitudo, verosimilmente dimezzando l’energia disponibile, che corrisponde a un decremento della magnitudo pari a 0.2”, concludono i ricercatori.
I risultati dello studio Clock advance and magnitude limitation through fault interaction: the case of the 2016 central Italy earthquake sequence sono stati appena pubblicati sulla rivista Scientific Reports.
Foto: Mappa della sequenza sismica dell’Italia Centrale del 2016. In figura sono riportati gli eventi dall’inizio della sequenza (24 agosto) al 30 ottobre, giorno in cui si è verificato il terremoto più forte (magnitudo 6.5). Il colore e la dimensione dei simboli cambia in funzione del tempo di accadimento e della magnitudo (tranne per gli eventi di magnitudo inferiore a 2, che sono riportati in bianco). Sono indicati anche i meccanismi focali dei 4 terremoti maggiori e la proiezione in superficie dei piani di faglia associati a questi eventi. Le linee più spesse indicano l’intersezione dei piani con la superficie (figura tratta da Pino et al., 2019)