Linfomi aggressivi: scoperto il ruolo delle cellule non tumorali nella risposta ai farmaci

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Bari, 18 ottobre 2018 – Con la nuova frontiera della medicina di precisione anche nel linfoma aggressivo si può orientare al meglio la terapia. È un lavoro durato quasi tre anni quello in cui i ricercatori del “Laboratorio diagnostica ematologica e terapia cellulare” dell’Unità operativa di Ematologia del “Giovanni Paolo II” diretta dal dott. Attilio Guarini, in stretta collaborazione con il gruppo di ricerca guidato dal prof. Stefano Pileri dell’Istituto Europeo di Oncologia di Milano, hanno riversato il proprio intuito e la consapevolezza di poter incidere sulla storia del linfoma a grandi cellule B, la forma più frequente di linfoma aggressivo.

Appena pubblicato su “Annals of Oncology”, la più prestigiosa rivista scientifica europea nel panorama oncologico internazionale, lo studio a firma del dott. Sabino Ciavarella, coordinatore del gruppo di ricerca barese (dott.ssa Maria Carmela Vegliante, dott.ssa Giuseppina Opinto e dott.ssa Simona De Summa), ha arricchito di nuovi aspetti la biologia di questo linfoma e ha apportato un contributo fondamentale alla medicina che potrà cambiare la storia di questa malattia, dimostrando il ruolo delle cellule non tumorali, che risiedono a stretto contatto con le cellule maligne, nell’influenzare la risposta ai farmaci e la prognosi di questa malattia.

Il team di ricercatori baresi presenterà, sabato 20 ottobre e 24 novembre a partire dalle ore 9.00, i risultati e gli aspetti scientifici più emergenti in materia, nell’ambito dei meeting della Rete Ematologica Pugliese, organizzati sotto l’egida della Società Italiana di Ematologia e della Fondazione Italiana Linfomi.

Nel dettaglio, i linfomi aggressivi e, in particolare, il linfoma diffuso a grandi cellule B, sono da tempo oggetto di intensa attività assistenziale e di ricerca presso l’U.O. di Ematologia dell’Istituto guidato dal Direttore Generale Antonio Delvino.

Solo nell’ultimo anno, più di 100 casi sono stati inquadrati e seguiti presso il nosocomio barese. Sebbene, grazie alla chemioterapia, circa il 60-70% dei pazienti ottenga la scomparsa duratura della malattia, più del 30% presenta un rischio elevato di recidiva e una prognosi sfavorevole.

Per questo motivo, questa forma di linfoma è al centro di un intenso dibattito scientifico internazionale, volto a comprendere i fattori biologici che rendono la malattia e la risposta ai farmaci che risulta diversa da paziente a paziente. Tale comprensione rappresenta oggi la conditio sine qua non per una sempre maggiore personalizzazione ed efficacia delle terapie, già al momento della diagnosi. Negli ultimi 15 anni, diversi studi hanno rivelato molto sulla genetica delle cellule linfomatose e oggi, grazie al potenziamento delle tecnologie molecolari, è possibile profilare ciascun caso dal punto di vista genetico per ottenere informazioni importanti al momento della diagnosi sul tipo di risposta ai farmaci.

Il lavoro descrive, per la prima volta in questa forma di linfoma, la scoperta di 45 nuovi geni la cui espressione, facilmente misurabile sulla biopsia iniziale attraverso la nuova tecnologia denominata Nanostring (che sarà disponibile a breve presso l’U.O. di Ematologia), risulta fondamentale per definire la prognosi di questi pazienti.

Questo tipo di valutazione, infatti, potrà consentire, in un futuro molto vicino, di selezionare una fetta di pazienti a nuove terapie biologiche che hanno come bersaglio sia le cellule malate che quelle che ‘convivono’ con esse nell’ambiente tumorale.

Il valore aggiunto della ricerca consiste infatti nella rapida trasferibilità dei risultati ottenuti alla pratica clinica quotidiana, così come già proposto dai Centri collaboranti (Istituto Europeo di Oncologia e Istituto Tumori di Bari) che, per la prima volta nella storia di questa malattia, procederanno alla profilazione routinaria di questi casi di linfoma attraverso la metodica pubblicata nello studio. Un tassello in più per consentire al Centro oncologico pugliese di rappresentare un riferimento Regionale per la diagnosi, la prognosi e il potenziamento delle cure di questi pazienti.

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