Linfomi aggressivi, scoperta all’Oncologico di Bari una metodica che fornisce in poche ore la risposta ai farmaci

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Bari, 18 gennaio 2019 – È un lavoro durato quasi tre anni quello in cui i ricercatori del“Laboratorio diagnostica ematologica e terapia cellulare” dell’Unità Operativa di Ematologia dell’Istituto Oncologico “Giovanni Paolo II” di Bari diretta dal dott. Attilio Guarini, in collaborazione con il gruppo di ricerca guidato dal prof. Stefano Pileri dell’Istituto Europeo di Oncologia di Milano, hanno riversato il proprio intuito e la consapevolezza di incidere sulla storia del linfoma a grandi cellule B, la forma più frequente di linfoma aggressivo.

Lo studio, a firma del dott. Sabino Ciavarella, coordinatore del gruppo di ricerca barese (dott.ssa Maria Carmela Vegliante, dott.ssa Giuseppina Opinto e dott.ssa Simona De Summa), è stato pubblicato nel numero di Dicembre 2018 di “Annals of Oncology”, la più prestigiosa rivista scientifica europea nel panorama oncologico internazionale, e si è addirittura meritato la copertina e l’editoriale del suo ultimo volume.

La scoperta del team di ricerca ha arricchito di nuovi aspetti la biologia di questo tipo di linfoma, apportando un contributo fondamentale per la cura di questa malattia. Come riconosciuto dagli editori, infatti, lo studio ha dimostrato per la prima volta in modo chiaro il ruolo delle cellule non tumorali, che vivono a stretto contatto con le cellule maligne, nell’influenzare la risposta ai farmaci e la prognosi di questi pazienti.

I linfomi aggressivi e, in particolare, il linfoma diffuso a grandi cellule B, sono da tempo oggetto dell’interesse dei maggiori gruppi di ricerca internazionale, poiché sebbene grazie alla chemioterapia circa il 65% dei pazienti ottenga la scomparsa duratura della malattia, più del 30-35% presenta un rischio elevato di recidiva e una prognosi sfavorevole.

I risultati ottenuti dal lavoro degli IRCCS di Bari e Milano dimostrano con forza il ruolo di alcuni fattori biologici nel rendere la malattia e la risposta ai farmaci molto diversa da paziente a paziente. Il lavoro descrive, per la prima volta in questa forma di linfoma, 45 nuovi geni la cui espressione, facilmente misurabile sulla biopsia iniziale attraverso la nuova tecnologia denominata Nanostring, risulta fondamentale per definire la prognosi di questi pazienti.

Questo tipo di valutazione, inoltre, potrà consentire, in un futuro molto vicino, di selezionare una quota di pazienti a nuove terapie biologiche che hanno come bersaglio non solo le cellule maligne ma anche altri tipi di cellule che ‘convivono’ nell’ambiente tumorale.

Valore aggiunto della ricerca è la rapida trasferibilità dei risultati alla pratica clinica quotidiana: l’Istituto Tumori di Bari e l’Istituto Europeo di Oncologia per la prima volta nella storia di questa malattia, procederanno alla profilazione routinaria di questi casi di linfoma attraverso la metodica pubblicata nello studio.

Emerge quindi con forza come la comprensione dei meccanismi di sviluppo e progressione di questi linfomi, e la loro definizione al momento della diagnosi, rappresentano oggi dei presupposti indispensabili per una maggiore personalizzazione ed efficacia delle terapie. Grazie al continuo potenziamento delle tecnologie molecolari e ai risultati di questo studio sarà disponibile una profilazione genetica ancora più accurata di ciascun caso di linfoma, che fornirà – nell’arco di poche ore – informazioni cruciali sul tipo di risposta ai farmaci.

Un tassello in più per la diagnosi, la prognosi e il potenziamento delle cure di questi pazienti nell’era della medicina di precisione.

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