Prof. Andrés J. M. Ferreri, ospedale San Raffaele di Milano: “Si tratta di terapie che uniscono le tre tecnologie più d’avanguardia in campo oncologico: l’immunoterapia, la terapia cellulare e la terapia genica”
Milano, 9 ottobre 2019 – Per la prima volta in Italia un paziente affetto da linfoma follicolare refrattario alle terapie convenzionali è stato trattato con le cellule CAR-T anti-CD19, una terapia cellulare avanzata che si basa sull’ingegnerizzazione dei linfociti T del paziente per aiutarli a riconoscere e aggredire le cellule tumorali.
Il trattamento, parte del trial clinico internazionale e multicentrico ELARA, è stato somministrato presso l’IRCCS Ospedale San Raffaele – centro coordinatore dello studio in Italia – sotto la guida del dott. Andrés J. M. Ferreri, responsabile dell’Unità Linfomi, e del prof. Fabio Ciceri, primario dell’Unità di Oncoematologia e Trapianto di Midollo Osseo. Il paziente, un uomo di cinquant’anni, non ha avuto reazioni avverse a seguito dell’infusione delle CAR-T, avvenuta in agosto, e oggi è a casa in attesa degli esami di follow-up che permetteranno di valutare l’efficacia del trattamento.
Il linfoma follicolare è un tipo di tumore del sangue che colpisce i linfociti, il secondo più diffuso dopo il linfoma a grandi cellule B. In un terzo dei casi la malattia si presenta in una forma indolente, che non necessita alcun trattamento, ma solo un attento monitoraggio. Per le forme attive invece, la terapia più efficace disponibile consiste nella combinazione di un chemioterapico e di un anticorpo monoclonale, che si attacca alle cellule tumorali e aiuta il sistema immunitario a distruggerle.
Se però il tumore recidiva a meno di due anni dal trattamento o se la malattia è refrattaria alla chemioterapia, la prognosi è sfavorevole. Ecco perché continua la ricerca di nuovi approcci terapeutici in grado di aiutare questi pazienti.
Le terapie con CAR-T anti-CD19 potrebbero essere la risposta. Il trattamento prevede che i linfociti T del paziente vengano prelevati e poi ingegnerizzati in laboratorio per far loro riconoscere un antigene – chiamato CD19 – espresso dai linfociti B presenti in molte forme di linfomi, compreso il linfoma follicolare. I linfociti T vengono inoltre dotati di specifiche molecole stimolatorie che promuovono la loro attivazione e proliferazione. Una volta infusi nuovamente nel paziente scatenano la risposta immunitaria contro il tumore.
“Si tratta di terapie che uniscono le tre tecnologie più d’avanguardia in campo oncologico: l’immunoterapia, la terapia cellulare e la terapia genica – spiega Andrés J. M. Ferreri, coordinatore dello studio presso l’Ospedale San Raffaele – Considerata la loro efficacia contro altri tipi di tumore del sangue e visti i primi incoraggianti risultati degli studi pilota sul loro utilizzo nel linfoma follicolare, penso che le CAR-T anti-CD19 costituiscano una delle possibilità più promettenti per queste forme resistenti o recidivanti della malattia”.