Il prestigioso riconoscimento dell’European Research Council è stato assegnato a due progetti che vedono l’Università degli Studi di Milano nel ruolo di Principal Investigator: NEMESIS, sull’analisi delle conseguenze delle lesioni cerebrali e la loro correzione, e SHAPINCELLFATE, sullo studio dei mutamenti di forma delle cellule adulte e del loro possibile impatto sul comportamento e sulle funzioni della cellula stessa
Milano, 25 ottobre 2022 – L’European Research Council (ERC) assegna all’Università Statale di Milano due Synergy Grant per due progetti nell’area delle Life Sciences, per un totale di oltre 20 milioni di euro.
A centrare il prestigioso obiettivo i progetti NEMESIS e SHAPINCELLFATE, sinergia italo-spagnola nel primo caso e italo-francese nel secondo, e che vedono nel ruolo di Principal Investigator rispettivamente Marcello Massimini, docente di Neurofisiologia al dipartimento di Scienze biomediche e cliniche della Statale di Milano, e Giorgio Scita, docente di Patologia generale al dipartimento di Oncologia ed Emato-Oncologia dell’Ateneo milanese e responsabile di ricerca presso la Fondazione IFOM, Istituto FIRC di Oncologia Molecolare.
Il progetto NEMESIS (10 milioni di euro di finanziamento) propone una visione inedita sulle conseguenze delle lesioni cerebrali e una strategia rivoluzionaria per correggerle e vedrà al lavoro, insieme al professor Massimini, Mario Rosanova, Simone Sarasso, Silvia Casarotto e Andrea Pigorini.
Con il progetto SHAPINCELLFATE (10,8 milioni di euro di finanziamento), in cui il prof. Scita sarà affiancato da Andrea Palamidessi, Emanuela Frittoli, Andrea Disanza, Hind Abdo, Leonardo Barzaghi, Brenda Green and Stefano Marchesi attivi presso IFOM, si studierà come i mutamenti di forma delle cellule “confinate” fisicamente nei tessuti adulti siano determinanti per comprendere il comportamento delle cellule stesse e aprire a una comprensione olistica dei tumori maligni e del loro riconoscimento da parte del sistema immunitario.
NEMESIS (Neurological Mechanisms of Injury and Sleep-like cellular dynamics)
Il progetto NEMESIS ha una durata di sei anni e, accanto a Marcello Massimini, vede la partecipazione di altri tre Principal Investigator: Maurizio Corbetta dell’Università di Padova, Maria Victoria Sanches-Vives dell’IDIBAPDS (Institut d’Investigacions Biomèdiques August Pi i Sunyer) di Barcellona, e Gustavo Deco dell’Università Pompeu Fabra di Barcellona.
“Le conseguenze delle lesioni cerebrali focali (ischemiche, emorragiche e traumatiche) vanno ben oltre il danno causato direttamente dalla perdita dei neuroni – racconta Marcello Massimini – Già nel 1914, Constantin Von Monakow aveva intuito come i sintomi neurologici potessero dipendere in larga misura da un effetto a distanza del danno locale sull’attività di aree cerebrali lontane. Quasi cent’anni dopo, questa ipotesi è stata confermata da registrazioni effettuate con moderne tecniche di neuroimaging: una lesione focale si associa ad alterazioni diffuse dei network cerebrali, e queste alterazioni funzionali spiegano la sintomatologia. Questo è un dato rilevante perché mentre è difficile riparare il danno strutturale, le alterazioni funzionali delle reti cerebrali possono in principio essere corrette. L’obiettivo di NEMESIS sta proprio nel comprendere a fondo i meccanismi cellulari e la natura di queste alterazioni diffuse e sviluppare nuove strategie per rinormalizzarle”.
NEMESIS si basa su un’ipotesi molto forte che emerge da solide evidenze raccolte dal team di neurofisiologi dell’Università Statale nel corso degli ultimi anni: dopo una lesione cerebrale, parte della corteccia cerebrale cade in uno stato simile al sonno, producendo grandi onde di attività elettrica lenta che si diffondono a lunga distanza e interferiscono con l’attività di network tipica della veglia.
“Con il progetto NEMESIS puntiamo a caratterizzare questo fenomeno di diffusione di attività elettrica lenta su diverse scale, dal cervello del paziente al livello del singolo neurone, e di utilizzare simulazioni al calcolatore e nuove tecniche di neuromodulazione per risvegliare le aree di corteccia addormentate”, conclude il prof. Massimini.
SHAPINCELLFATE (Impact of cell Shapes on Cell behaviour and Fate)
Il progetto SHAPINCELLFATE, della durata di sei anni, impegnerà nel ruolo di Principal Investigator insieme a Giorgio Scita: Matthieu Piel e Raphaël Voituriez del CNRS (Centre national de la recherche scientifique) di Parigi, e di Ana-Maria Lennon-Duménil dell’INSERM (Institut national de la santé et de la recherche médicale) di Parigi.
“Le cellule sono spesso rappresentate come oggetti sferici irregolari, la forma che assumono in sospensione – spiega Giorgio Scita – Tuttavia, l’ambiente compatto dei tessuti altera questa forma semplice, causando grandi deformazioni cellulari e ciò si verifica sia durante la normale crescita dei tessuti sia, anche in maniera più pronunciata quando il tessuto cresce eccessivamente, come nel caso dei tumori solidi. Nel secolo scorso D’Arcey Thompson nel famoso trattato “On Growth and Function”, aveva proposto una relazione diretta tra forma e funzione, ma non è mai stato chiarito se e come la storia dei cambiamenti di forma di una cellula o di un tessuto possa influenzarne l’identità e la sua natura, cambiandone quindi la funzione”.
I cambiamenti di forma delle cellule si verificano spesso nelle cellule migratorie, come le cellule immunitarie e le metastasi tumorali che sfuggono al tumore primario per invadere i tessuti sani. In tutti i casi, le cellule si adattano e sopravvivono anche a deformazioni molto grandi. I meccanismi alla base di questa risposta e le conseguenze a lungo termine che i ripetuti cambiamenti di forma delle cellule hanno sulla fisiologia e sulla patologia rimangono in gran parte sconosciuti.
Con il progetto SHAPINCELLFATE, quindi, il team italo-francese punta a testare su cellule dendritiche, che avviano risposte immunitarie adattative, e su cellule tumorali, derivate dagli epiteli mammari, come i cambiamenti di forma della cellula possano avere un impatto sul comportamento e sulle funzioni della cellula, in particolare, come questo possa costituire una forma di memoria e se i cambiamenti di forma delle cellule in un determinato momento possano causare un effetto a lungo termine.
“Con questo progetto – conclude il prof. Scita – ci proponiamo di affrontare i meccanismi molecolari e i principi fisici che spiegano gli effetti di memoria indotti dalla forma delle cellule e di valutare il loro impatto sull’immunità e sul cancro per definire nuovi percorsi clinici utili a comprendere ancora più a fondo i tumori maligni e come questi vengano riconosciuti da parte del sistema immunitario”.