All’IRCCS Humanitas un team multidisciplinare composto da professionisti altamente specializzati e uno sportello dedicato ai pazienti per una valutazione dei candidati al trattamento con l’innovativa terapia cellulare. In Humanitas, oltre alle CAR T autorizzate da AIFA, è attivo un programma di ricerca che potrebbe aprire le porte al loro utilizzo in prima ricaduta della malattia
Rozzano, 13 febbraio 2020 – Il trattamento con le cellule CAR T nei pazienti con linfomi aggressivi e leucemie linfoblastiche con più ricadute, per i quali non esistevano alternative terapeutiche, oggi è una realtà presso il Cancer Center di Humanitas, dove è stata attivata un’unità dedicata e sono stati trattati già i primi pazienti con buoni risultati.
Ematologi esperti in trapianto di cellule staminali, due team di infermieri professionali, di cui uno esperto in aferesi e uno dedicato esclusivamente alla gestione del paziente, neurologi, infettivologi e anestesisti, compongono l’Unità dedicata al trattamento con tale terapia innovativa e allo stesso tempo complessa e impegnativa, sia nella fase di preparazione sia di esecuzione.
Humanitas è uno dei pochi Centri in Italia già attivo nel trattamento con le cellule CAR T. L’implementazione di questa terapia all’avanguardia è stato un passaggio pressoché automatico del Cancer Center di Humanitas, già centro di riferimento nell’ambito dei linfomi.
“Dall’apertura di Humanitas ad oggi, abbiamo trattato quasi 4.000 pazienti con linfoma. Nell’ultimo anno il numero dei trapianti è cresciuto, nel 2019 ne sono stati effettuati 140, e il numero degli studi su questa patologia realizzati negli ultimi anni è superiore a 60”, afferma Armando Santoro, Direttore Cancer Center di Humanitas.
La terapia si basa sulla modificazione genetica in laboratorio di un particolare tipo di globuli bianchi del paziente, i linfociti T, che vengono così istruiti a riconoscere le cellule tumorali e aggredirle. “Oggi i pazienti con linfomi non Hodgkin o con leucemie linfoblastiche ricaduti dopo una o più terapie convenzionali hanno una possibilità in più di controllare la malattia (con un netto aumento della sopravvivenza) e la possibilità di guarire in circa il 40% dei casi – spiega Armando Santoro – non tutti i pazienti però sono candidabili alla terapia e non in tutti la terapia ha successo. È dunque molto importante che la selezione dei pazienti venga eseguita tenendo conto del corretto rapporto rischio/beneficio per ciascuno ed è fondamentale affidarsi a Centri specializzati per potenziare al massimo l’uso corretto di questa innovativa risorsa”.
Terapia con CAR T: come funziona
“La preparazione delle CAR T prevede il prelievo di cellule dal sangue del paziente e poi la loro separazione dal resto delle cellule sanguigne e dal plasma mediante una tecnica definita aferesi, che permette appunto la raccolta dei linfociti del paziente – spiega Stefania Bramanti, Responsabile del Programma CAR T in Humanitas – successivamente i linfociti vengono spediti nei laboratori deputati al processo di ingegnerizzazione, mantenendo un rigido protocollo di controllo di qualità. In laboratorio viene introdotto – all’interno dei linfociti – il recettore CAR (Chimeric Antigen Receptor), in grado di riconoscere le cellule tumorali: i CAR T così ottenuti esprimono sulla propria superficie il recettore che individua l’antigene CD 19, una proteina caratteristica delle cellule del linfoma. Il tempo necessario per attuare tutta la procedura e avere a disposizione il prodotto finale è di circa 3-4 settimane. I linfociti CAR-T vengono dunque infusi nel sangue del paziente, dove sono pronti ad attaccare e distruggere le cellule tumorali. Successivamente il paziente viene quindi sottoposto a rivalutazione dello stato della malattia (attraverso una PET)”.
Prospettive future
Il trattamento con CAR T ha già dato risposte interessanti nei linfomi non Hodgkin ad alto grado e nelle leucemie linfoblastiche in ricaduta/refrattari, ma risultati interessanti, anche se preliminari, sono riportati del mieloma multiplo e nella leucemia linfatica cronica. Le CAR T sono in fase di sperimentazione anche in alcuni tumori solidi come quelli del fegato e del pancreas e nel mesotelioma.
“La speranza è riuscire a portare in una fase più precoce questo trattamento e allargare le patologie che potrebbero beneficiarne. In Humanitas è già attivo un protocollo sperimentale (Trial Belinda) che confronta le CAR T con la terapia classica con trapianto di midollo autologo nei linfomi aggressivi in prima ricaduta o refrattari”, conclude Armando Santoro.