Bologna, 9 febbraio 2024 – Si tiene in questi giorni il Rhewind ARMS – Annual Rheuma Major Suggestions 2024, che vede riuniti a Palazzo Re Enzo a Bologna più di 350 reumatologi provenienti da tutta Italia per confrontarsi sulle novità emerse nel settore nell’arco dell’ultimo anno.
In particolare, sulla base degli ultimi studi, nella prima giornata si è discusso dell’importanza di mettere il paziente reumatico al centro del processo decisionale per renderlo parte attiva del proprio processo di cura. Un percorso di cura a 360° che prende in considerazione sia il trattamento farmacologico, sia lo stile di vita e richiede un approccio personalizzato sulla base delle esigenze dei singoli pazienti con attenzione alle differenze di genere e di sesso.
Le sfide dell’aderenza terapeutica, le nuove possibilità che offre la medicina di genere, e poi il ruolo chiave di microbiota e nutrizione nell’evoluzione delle patologie e nella risposta ai trattamenti delle malattie reumatiche, sono tra i temi principali su cui la comunità medica presente al Rhewind si è confrontata, alla luce delle più recenti evidenze scientifiche.
Sessioni dedicate anche alle maggiori novità sulla fisiopatologia, sui criteri e metodi di diagnosi e sui trattamenti tradizionali e innovativi per diverse patologie reumatologiche quali l’artrite reumatoide, l’artrite psoriasica, il lupus eritematoso sistemico (LES), la fibromialgia, le spondiloartriti, le arteriti, con approfondimenti dedicati alle malattie più rare come il morbo di Whipple, il morbo di Still, le gammopatie monoclonali e le malattie reumatologiche in età pediatrica.
La mancata aderenza terapeutica e il ruolo fondamentale della comunicazione medico-paziente
Dal 30 all’80% dei pazienti non segue in modo ottimale il piano di trattamento proposto dal reumatologo. Questi i dati riportati da EULAR (European League Against Rheumatism) che ha stilato un elenco di punti da prendere in considerazione per prevenire, screenare, gestire e valutare la non aderenza al trattamento.
Tra le soluzioni proposte un ruolo primario ha la comunicazione medico-paziente che deve coinvolgere il paziente nel progetto terapeutico. Soltanto in questo modo, infatti, è possibile individuare le barriere specifiche delle singole persone che impediscono di raggiungere l’aderenza ottimale al trattamento, mettendo in pratica un intervento che sia effettivamente personalizzato su base individuale.
Corretta nutrizione come co-terapia dell’Artrite
Un crescente interesse scientifico si è concentrato sul ruolo della nutrizione nelle malattie reumatiche. Lo stile di vita e in particolare la nutrizione si sono rivelati due aspetti che possono avere un forte impatto sull’evoluzione della patologia e la risposta alle cure. A rivelarlo lo studio Nutrition and Diet in Rheumatoid Arthritis del 2022 che sottolinea quanto la dieta possa modulare direttamente la risposta immunitaria fornendo anche un’ampia gamma di nutrienti che agiscono sia a livello gastrointestinale, in particolare sul microbiota intestinale, a cui è riconosciuto un ruolo importante sia nella prognosi sia nella patogenesi delle patologie immuno-mediate, sia a livello sistemico.
Dunque, la dieta, secondo quanto riportato nello studio sopracitato, si rivelerebbe cruciale come forma di “gestione autonoma” che potrebbe avere un impatto sull’espressione, sul decorso e sull’esito della malattia.
Medicina di genere: risposta alle terapie e comorbilità
Le malattie reumatologiche colpiscono le donne nell’80% dei casi. Questo dato è importante da tenere in considerazione perché la risposta alle terapie può essere differente fra uomini e donne e nelle stesse donne in diverse fasi della vita. La medicina di genere, definito dall’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) lo studio dell’influenza delle differenze biologiche (definite dal sesso) e socio-economiche e culturali (definite dal genere) sullo stato di salute e di malattia di ogni persona, è un tema emergente che è stato studiato soprattutto in relazione all’artrite reumatoide.
Quest’ultima potrebbe essere causata da una complessa interazione tra fattori genetici, ormonali, ambientali e comportamentali, legati al sesso. Le donne con artrite reumatoide mostrano, infatti, un’attività della malattia più elevata rispetto agli uomini e rispondono diversamente alle terapie. Oggi sappiamo dalla letteratura che la differenza di genere riguarda anche le comorbilità: nel genere maschile si è osservata infatti una maggiore frequenza di diabete mellito, ulcera peptica e malattie cardiovascolari e respiratorie, mentre depressione e osteoporosi sono più frequenti nelle donne.
Alla luce di queste informazioni, tenere conto dei fattori legati a sesso e genere diventa una sfida importante per migliorare la cura, l’aderenza alle terapie e per aprire nuove prospettive di ricerca in campo scientifico.