Le periferie dei bambini: la povertà assoluta colpisce 1,2 milioni di minori in Italia

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Roma, 14 novembre 2018 – 1,2 milioni di bambini e adolescenti vivono in povertà assoluta. Ma non sono solo le condizioni economiche del nucleo familiare a pesare sul loro futuro. L’ambiente in cui vivono ha un enorme impatto nel condizionare le loro opportunità di crescita e di futuro. Pochi chilometri di distanza, tra una zona e l’altra, possono significare riscatto sociale o impossibilità di uscire dal circolo vizioso della povertà: la segregazione educativa allarga sempre di più la forbice delle disuguaglianze, in particolare nelle grandi città, dove vivono tantissimi bambini, ed è lì che bisogna intervenire con politiche coraggiose e risorse adeguate.

All’interno di una stessa città, l’acquisizione delle competenze scolastiche da parte dei minori segna un divario sconcertante. A Napoli, i 15-52enni senza diploma di scuola secondaria di primo grado sono il 2% al Vomero e quasi il 20% a Scampia, a Palermo il 2,3% a Malaspina-Palagonia e il 23% a Palazzo Reale-Monte di Pietà, mentre nei quartieri benestanti a nord di Roma i laureati (più del 42%) sono 4 volte quelli delle periferie esterne o prossime al GRA nelle aree orientali della città (meno del 10%). Ancora più forte la forbice a Milano, dove a Pagano e Magenta-San Vittore (51,2%) i laureati sono 7 volte quelli di Quarto Oggiaro (7,6%).

Differenze sostanziali tra una zona e l’altra riguardano anche i NEET, ovvero i ragazzi tra i 15 e i 29 anni che non studiano più, sono senza lavoro e non sono inseriti in alcun circuito di formazione: nel capoluogo lombardo, in zona Tortona, sono il 3,6%, meno di un terzo di quelli di Triulzo Superiore (14,1%), mentre a Genova sono 3,4% a Carignano e 15,9% a Ca Nuova, e a Roma 7,5% Palocco e 13,8% a Ostia Nord.

Anche i dati tratti dai test INVALSI testimoniano il divario nell’apprendimento scolastico. A Napoli, ad esempio, una distanza siderale di 25 punti INVALSI divide i bambini dei quartieri più svantaggiati da quelli che abitano a Posillipo, a Palermo sono 21 quelli tra Pallavicino e Libertà, a Roma 17 tra Casal de’ Pazzi e Medaglie d’Oro, e a Milano 15 punti dividono Quarto Oggiaro da Magenta-San Vittore.

Allargando lo sguardo alle altre risorse educative essenziali per lo sviluppo dei bambini, scopriamo, ad esempio, che i minori che non hanno l’opportunità di navigare su Internet nel Mezzogiorno si concentrano nei capoluoghi delle grandi aree metropolitane (36,6%), e vivono spesso nelle famiglie con maggiori difficoltà economiche (38,8%), così come, nelle stesse zone, i bambini e adolescenti che non svolgono attività ricreative e culturali raggiungono il 77,1%.

Questi alcuni tra i dati messi in luce dal IX Atlante dell’infanzia a rischio “Le periferie dei bambini” di Save the Children, l’Organizzazione internazionale che dal 1919 lotta per salvare la vita ai bambini e garantire loro un futuro, dedicato alle periferie educative in Italia, e pubblicato per il terzo anno consecutivo Treccani.

“È assurdo che due bambini che vivono a un solo isolato di distanza possano trovarsi a crescere in due universi paralleli. Rimettere i bambini al centro significa andare a vedere realmente dove e come vivono e investire sulla ricchezza dei territori e sulle loro diversità, combattere gli squilibri sociali e le diseguaglianze, valorizzare le tante realtà positive che ogni giorno si impegnano per creare opportunità educative che suppliscono alla mancanza di servizi”, ha dichiarato Valerio Neri, Direttore Generale di Save the Children.

Sono quasi 3,6 milioni i bambini e adolescenti che vivono nelle 14 principali aree metropolitane del Paese (2 su 5 del totale in Italia), e crescono spesso in zone o quartieri sensibili che possiamo definire ‘periferie’ da tanti punti di vista differenti, non solo rispetto alle distanza dal centro città, ma in base ai diversi deficit urbanistici, funzionali o sociali dei territori. Sono ad esempio “periferie funzionali” i quartieri dormitorio, ‘svuotati’ di giorno per effetto dei grandi flussi pendolari verso i luoghi di lavoro, privi di opportunità e povere di relazioni sociali. Secondo questo criterio, a Roma e Genova vivono in aree ‘periferiche’ il 70% dei bambini al di sotto dei 15 anni, e a Napoli e Palermo il 60%, un numero che scende al 43% a Milano e al 35% a Cagliari.

Più in generale, quando bambini e adolescenti delle città più densamente popolate si guardano intorno, 259.000 (l’11,8%) vedono strade scarsamente illuminate e piene di sporcizia, non respirano aria pulita e percepiscono un elevato rischio di criminalità.

Il IX Atlante dell’infanzia a rischio “Le periferie dei bambini” traccia una mappa dei divari che in termini di risorse economiche e culturali, accessibilità dell’istruzione e dei servizi, qualità degli spazi urbani, verdi, ricreativi espongono maggiormente bambini e adolescenti al rischio di vulnerabilità, ma dimostra, al tempo stesso, come essi siano la risorsa più vitale e il potenziale più alto su cui puntare per innescare una indispensabile rigenerazione di questi luoghi.

Un’introduzione aggiornata al grande dibattito sulle periferie, che articola insieme un’analisi geografica, sociale e educativa. Il primo tentativo di cartografare le periferie italiane dal punto di vista dell’infanzia che attinge all’esperienza di Save the Children e di tante altre associazioni impegnate sul campo, alle più recenti ricerche scientifiche e ad una collaborazione straordinaria con ISTAT, uffici statistici di MIUR e INVALSI e ufficio studi della Caritas Italiana.

I bambini e gli adolescenti sono sempre più ai margini della popolazione in termini demografici: nel 1987 erano il 23,2% del totale e oggi superano di poco il 16%, a fronte degli over65 che sono cresciuti dal 12,6% al 21,2%. Minori che si ritrovano anche ai margini dello spazio pubblico, se è vero che 94 bambini su 100 tra i 3 e i 10 anni non hanno modo di giocare in strada, solo 1 su 4 trova ospitalità nei cortili, e poco più di 1 su 3 ha la fortuna di avere un parco o un giardino vicino a casa dove poter giocare.

Ai margini della politica, per effetto di una spesa pubblica che negli anni della crisi economica, pur crescendo in termini assoluti, ha tagliato la voce istruzione e università dal 4,6% sul PIL del 2009 al 3,9% del 2015-16, mentre altri paesi europei rispondevano alle difficoltà di budget in maniera diametralmente opposta aumentando questa voce di investimento fino al 5% del PIL.

Una forbice in negativo con l’Europa che si riscontra anche sui fondi per ‘famiglia e minori’ fermi in Italia ad un esiguo 5,4% della spesa sociale, contro l’11% di Germania, Regno Unito e Svezia e ben al di sotto della media UE attestata all’8,5%. I minori in Italia sono soprattutto, e sempre di più, ai margini della ricchezza, se si considera che la povertà assoluta riguarda il 12,1% di loro, non fa distinzioni tra bambini e adolescenti (12,4% fino a 3 anni, 11,4% da 4 a 6 anni, 12,3% 7-13 e 11,8%14-17) e pesa sul quotidiano di 702.000 famiglie con minori (10,9%).

La povertà relativa riguarda 1 minore su 5 e, a conferma di un trend negativo, chi ha oggi meno di 17 anni ha una probabilità di diventare povero cinque volte più alta rispetto ai propri nonni.

Dal 15 novembre al 20 dicembre è possibile portare aiuto concreto, attraverso il sostegno allo studio e laboratori creativi ai bambini del Punto Luce di Save the Children del Rione Sanità a Napoli. Si potranno donare 2 euro inviando un SMS al 45533 dal proprio cellulare con rete Wind Tre, TIM, Vodafone, PosteMobile, Coop Voce, Tiscali, oppure 5 o 10 euro chiamando lo stesso numero da rete fissa con Tim, Wind Tre, Fastweb, Vodafone e Tiscali. Sempre da rete fissa è possibile donare 5 euro chiamando con TWT, Convergenze e PosteMobile.

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