Le parole per dirlo

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Nicoletta Cocco

Quali parole trovare per comunicare a due bambini che il loro papà sta morendo?
È la domanda che una mamma ha rivolto allo psicologo Roberto Perrotti.
Di mail alla nostra redazione ne arrivano tante, tutte suscitano il nostro interesse, ma questa della nostra giovane lettrice trasuda dolore, smarrimento, angoscia, è una lettera che invita alla riflessione.

L’individualismo esasperato. La solitudine involontaria. Il peso della libertà di scelta. Le nostre angosce hanno oggi diversi volti, potremmo quindi affermare che la nostra epoca è una fabbrica di malessere fisico e spirituale.
Perché non affidarsi alla speranza?
La speranza per gli esseri umani prende diverse forme. A volte si tratta solo di ottimismo, altre di illusioni, di fede, in altri casi è la fiducia nella vita che ci aiuta a crescere e a superare la prova. La speranza ha la straordinaria capacità di trasformarsi fino all’ultimo per adattarsi alla situazione.

All’inizio della malattia un paziente spera di guarire, quando peggiora cerca di limitare la sofferenza o, semplicemente, di offrire a chi ama l’immagine di una vita che si spegne con dignità, fino all’ultimo.
Quando le persone che amiamo affrontano il male fisico, ci chiediamo come parlare con loro, cosa dire e cosa non dire. Come dare coraggio senza offrire illusioni.
Ma quali sono le parole per dirlo a dei bambini, come comunicare loro una tragedia così grande?

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D. Egregio dott. Perrotti, sto vivendo un incubo: a mio marito, 42 anni, è stato diagnosticato un tumore ai polmoni con varie metastasi, la situazione è assolutamente drammatica. Come devo comportarmi con i miei due figli di 8 e 11 anni, cosa posso dire loro, come spiegare a due bambini così piccoli una tragedia così grande? Confido in qualche utile e prezioso suggerimento. La ringrazio. Filomena

R. A molti capita d’avere un familiare colpito da tumore. Siamo per questo, in senso lato, tutti ugualmente esperti. Lei poi ha un successivo problema: come parlare ai suoi figli. Penso che la notizia vada comunicata, ma occorre trovare le parole per dirlo. Parole che siano aperte, vere, che contengano l’evento ma che non siano crude, che siano digeribili.
Lei è chiamata a un duro compito. Ha presente la mamma uccello che prepara il bolo alimentare prima di imbeccarlo agli uccellini? Bene, a lei è richiesto qualcosa di simile. In psicologia si chiama reverie materna. Consiste nella capacità della madre di assumere elementi distorti e inammissibili da parte dei figli (nel suo caso, la malattia del padre) e restituirli trasformati e organizzati. Si tratta, come vede, di un vero modello digestivo, che poggia su un analogo modello psichico che trasmette amore e nutrimento. Ne sarà capace, e poi potrà farlo soltanto lei. Dott. Roberto Perrotti, Psicologo

Nicoletta Cocco

Direttore responsabile insalutenews.it

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