L’interazione costante con il proprio team di specialisti è uno tra i bisogni principali dei pazienti oncologici e in particolare delle persone colpite da mCRC (Carcinoma del Colon-Retto Metastatico). Una necessità a cui si deve adeguare non solo l’oncologo e il team multidisciplinare che segue il paziente, ma tutta la rete di assistenza, a partire dal medico di medicina generale fino al personale infermieristico. Lo dimostrano diverse indagini condotte da GFK Eurisko che hanno coinvolto pazienti, oncologi, caregivers e infermieri in tutta Italia. Se ne discute oggi a Milano nel corso dell’appuntamento “Patients First: how to improve outcome in mCRC” organizzato dall’Accademia Nazionale di Medicina che vede i maggiori specialisti nazionali e internazionali a confronto per guidare al meglio la nuova gestione della patologia
Milano 8 aprile 2016 – Le innovazioni terapeutiche ottenute nel trattamento del carcinoma colon-rettale hanno portato a nuove aspettative di vita per i pazienti che ne sono colpiti, e di conseguenza a nuovi bisogni a cui rispondere da parte della classe medica. Bisogni che dipendono sempre di più dalle storie personali dei pazienti, molto diverse tra loro e da affrontare in maniera personalizzata.
“Patients First: how to improve outcome in mCRC” è l’appuntamento sul carcinoma colon-rettale che si sta tenendo alla Fondazione Catella (Milano) che riunisce i principali specialisti nazionali e internazionali che, oltre a fornire un aggiornamento dei vari percorsi terapeutici, mette al centro l’importanza dell’interazione del team di specialisti con il paziente, come strumento necessario per una evoluzione della sua gestione.
“L’ascolto della ‘storia’ personale del paziente, diversa da tutte le altre nonostante la comune condizione di patologia, è il punto cardine di questo importante appuntamento dell’oncologia perché rappresenta uno strumento nuovo e potente che permette di intraprendere un ‘patient journey’ efficace, e che consente al paziente di essere ‘coinvolto’ e proattivo – sottolinea Roberto Labianca, direttore del Cancer Center dell’ASST (Azienda Socio-Sanitaria Territoriale) Papa Giovanni XXIII, Bergamo – L’incontro ‘Patients First’ è una tappa importante di questo percorso di cambiamento, che si pone proprio l’obiettivo di formare una classe medica sempre più consapevole delle nuove sfide che l’oncologia italiana e internazionale deve affrontare da qui in avanti”.
“I farmaci biologici, e in generale le notevoli innovazioni terapeutiche a disposizione degli oncologi per il trattamento del carcinoma del colon retto, ci pongono di fronte a un nuovo scenario – afferma Stefano Cascinu, direttore della Struttura Complessa di Oncologia del Policlinico di Modena – in cui l’aspettativa e la qualità di vita sono migliori rispetto al passato. Noi medici oncologi, siamo consapevoli che i dubbi e le paure del paziente devono essere affrontati insieme al team multidisciplinare e per questo il rapporto con il paziente deve evolvere per essere al passo con i cambiamenti della storia clinica di questa patologia”.
Questo punto di partenza dell’appuntamento “Patients First” trova conferma nei risultati di molte indagini fatte dal Dipartimento Salute di GFK Eurisko, che ha identificato 6 aree a cui il paziente pone attenzione: quella relazionale-comunicazionale con il medico, quella logistica e strumentale (accesso facilitato agli esami, trasporti etc.), quella di informazione e formazione, quella relativa al supporto psicologico, agli ambienti accoglienti e all’assistenza domiciliare.
“La necessità di essere accompagnati ‘personalmente’ in questo viaggio e la possibilità di trovare nel medico e nelle persone vicine ascolto, supporto e partecipazione emergono dalle nostre ricerche come bisogni fondamentali dei pazienti – illustra Isabella Cecchini, direttore del Dipartimento Salute di GFK Eurisko – Fondamentale anche una buona comunicazione fra medico e paziente: il paziente ha bisogno di ricevere informazioni chiare, complete e coerenti riguardo alla malattia, ai percorsi di cura, alle opzioni terapeutiche possibili, alle problematiche da gestire durante la terapia. Molto importante, infine, la possibilità di un accesso tempestivo e lineare alla diagnosi e alle cure: ritardi, ostacoli, incomprensioni ed incertezze nel percorso diagnostico-terapeutico accentuano il senso di impotenza e i vissuti più critici”.
“Ogni paziente – conclude Isabella Cecchini – ha il suo percorso e vive in modo del tutto personale la malattia, ma per tutti arrivare rapidamente alla diagnosi e alle cure, trovare ascolto e partecipazione, avere una buona comunicazione con il medico e sentirsi ben seguiti dal team sanitario aiuta ad accettare e affrontare la malattia con maggiore serenità e con la consapevolezza di fare tutto al meglio”.
“Camminare insieme alla Comunità scientifica per migliorare la nostra qualità di vita è uno degli obiettivi che si pone la nostra Associazione che vuole aiutare i pazienti stomizzati a non sentirsi, e a non essere, oggettivamente discriminati. Quando i pazienti portatori di stomia siano malati di cancro del colon-retto l’Aistom ha un primario interesse ad agevolarne l’accesso alle cure, anche quelle con presidi farmaceutici più costosi. La stomia rappresenta un passaggio, inizialmente doloroso, verso la guarigione, di cui mai al paziente si deve far mancare la speranza”, conclude Giuseppe Dodi, presidente dell’Associazione Italiana Stomizzati (AISTOM).
fonte: ufficio stampa