“Per ripensarle serve alleanza multidisciplinare. È stato dimostrato che c’è una differenza enorme tra chi vive in città e chi fuori”, Andrea Lenzi, ordinario di Endocrinologia all’Università Sapienza di Roma
Roma, 16 aprile 2024 – “Da circa 50 anni le nostre città da salutogeniche sono diventate patogeniche, luoghi non adatti per lo più per bambini e anziani. Le città sono infatti tra i peggiori induttori di malattie che siamo riusciti a creare per inquinamento ambientale, acustico e luminoso, per scarsa aggregazione sociale e mancanza di rapporto psicologico”. Così Andrea Lenzi, ordinario di Endocrinologia all’Università Sapienza di Roma, intervistato in occasione del corso di aggiornamento dal titolo “Città che cambiano il mondo: prendersi cura di spazi e persone” organizzato dall’Ordine dei medici di Roma. L’evento, di cui Lenzi è responsabile scientifico, si svolgerà giovedì 18 aprile, dalle ore 17 alle 20.45, presso l’Aula Roberto Lala dell’Omceo Roma (via Bosio 19/A).
Ma in città ci si ammala di più? “Esistono studi sperimentali condotti sugli animali – risponde Lenzi – e sui topolini è già stato dimostrato che c’è una differenza enorme tra chi vive in città e chi fuori. La medicina basata sulle evidenze nell’uomo è molto più complessa, per esempio sappiamo che l’inquinamento fa male ma è difficile dimostrarlo. Ci sono però alcuni studi sull’incidenza per esempio del diabete a Roma, oggi molto più diffuso in zone periferiche come Tor Bella Monaca (con una prevalenza del 7%) rispetto a zone più centrali come i Parioli (con una prevalenza poco sopra il 5%)”.
Interpellato su come potrebbero essere migliorate le condizioni di salute di chi vive in città, poi, Lenzi fa sapere: “La medicina da sola non ce la fa più. Per quanto noi oggi abbiamo a disposizione ottime terapie e biotecnologie diagnostiche ingegneristiche all’avanguardia non è prendendo una pillola che passa il ‘mal di città’”.
“Per scongiurare l’aumento di patologie come l’obesità, il diabete o le cardiopatie abbiamo bisogno di una alleanza non più a silos ma multidisciplinare: ingegneri, architetti, urbanisti, amministratori locali, sociologi, psicologi ed epidemiologi, tutti insieme, devono lavorare per riportare la città ad essere un bene comune e non un terribile induttore di patologie”, conclude il prof. Lenzi.