Nessuno si salva da solo. Non è solo il titolo di un libro, ma una grande verità.
Come stai? Domanda di circostanza. Bene. Risposta di circostanza. Che sia secca, laconica, biascicata, quante richieste di aiuto si celano talvolta dietro questa risposta.
Chiedere aiuto non è facile, sottende un’ammissione di fallimento con se stessi e di debolezza con gli altri.
Cogliere una tacita richiesta di aiuto è ancora meno facile, bisogna saper osservare, ascoltare, saper leggere tra le righe dei silenzi, di sguardi vuoti e strane assenze, bisogna saper ‘trivellare’ la superficie e scavalcare le apparenze con sguardo critico e scevro da qualsiasi pregiudizio.
Vedere, ascoltare, toccare… I sensi sono fondamentali per orientarci nel mondo che ci circonda e prendere atto della realtà dei fatti. Eppure talvolta, di fronte a un dramma che si consuma sotto ai propri occhi, c’è chi diventa improvvisamente cieco, sordo, muto… completamente ‘insensibile’.
Di fronte al dolore c’è un mondo che si divide tra coloro che guardano e passano e coloro che passano e si fermano a guardare. Perché “fermarsi a guardare” implica una presa di coscienza, un richiamo alle responsabilità a cui molti sono sordi.
Il dolore spaventa, la malattia atterrisce, ma ciò che veramente uccide è l’indifferenza, l’immobilità dello spettatore che, nonostante veda, ascolti, tocchi il dolore altrui, preferisce rimanere trincerato nel suo micromondo di superficie, nelle sue quattro mura intonacate di ipocrisia e di finto perbenismo.
Ma non c’è intonaco che tenga sopra un muro marcio, non c’è “vernice sociale” che possa celare a lungo la muffa dell’anima.