Lancet, in Italia la pandemia arresta i progressi di salute e acuisce le disparità regionali
Trieste, 1 aprile 2025 – È stata pubblicata oggi sulla rivista scientifica Lancet Public Health un’analisi condotta dal network Italian GBD Initiative, coordinato a livello nazionale dall’Irccs “Burlo Garofolo” di Trieste, sull’evoluzione del carico di malattia in Italia dal 2000 al 2021, basato sulle stime del Global Burden of Disease Study 2021, progetto di ricerca internazionale che valuta in modo esaustivo lo stato di salute delle persone in tutto il mondo. L’articolo vede come prima autrice la dott.ssa Giulia Zamagni e come autore senior il dott. Lorenzo Monasta, entrambi dell’Epidemiologia Clinica e Ricerca sui Servizi Sanitari del Burlo.
Lo studio ha evidenziato un costante miglioramento della salute della popolazione fino al 2019. Tuttavia, la pandemia di Covid-19 ha interrotto questa tendenza, determinando una riduzione dell’aspettativa di vita e un aumento del carico di malattia, sia in termini di mortalità che di morbilità. L’analisi, inoltre, rivela significative differenze regionali, con il Nord che presenta indicatori di salute più favorevoli rispetto al Sud e alle Isole.
In particolare, negli anni precedenti la pandemia, l’aspettativa di vita alla nascita in Italia è cresciuta progressivamente, passando da 79,6 a 83,4 anni tra il 2000 e il 2019. Con la pandemia, si è registrato un calo fino a 82,2 anni nel 2020, seguìto da un parziale recupero nel 2021, con un valore di 82,7 anni. Un andamento simile è stato osservato per l’aspettativa di vita in salute, che ha raggiunto 70,9 anni nel 2021, evidenziando la sfida crescente di garantire un invecchiamento di qualità.
Lo studio ha sottolineato poi che, tra il 2000 e il 2019, gli anni di vita persi a causa di morte prematura sono diminuiti significativamente, soprattutto grazie ai progressi nel trattamento delle malattie cardiovascolari e oncologiche. Tuttavia, nel 2020, l’emergenza Covid-19 ha invertito questa tendenza, determinando un aumento rilevante degli anni di vita persi, seguito da una lieve riduzione nel 2021, ma senza un effettivo ritorno ai livelli pre-pandemia. Un altro dato di rilievo è il drastico incremento della mortalità da Alzheimer, che dal 2000 è aumentato di oltre il 50%, un fenomeno legato principalmente all’invecchiamento della popolazione.
Al contempo, il numero di anni vissuti con disabilità ha continuato ad aumentare, con un impatto rilevante delle malattie croniche come il diabete e di quelle mentali. Prima della pandemia, si osservava una lieve riduzione della disabilità legata ai disturbi depressivi e un aumento di quella per i disturbi di ansia, ma tra il 2019 e il 2021 gli anni di vita vissuti con disabilità dovuti sia ad ansia che depressione sono aumentati fino al 20%, mettendo in luce il forte impatto psicologico del Covid.
Soffermandosi, poi, sulla salute e la cura nelle diverse regioni d’Italia, lo studio ha confermato l’esistenza di importanti differenze di salute tra le diverse aree del Paese. Nonostante le regioni settentrionali siano caratterizzate da una popolazione più anziana rispetto al Sud e alle Isole, infatti, continuano a mostrare un’aspettativa di vita più elevata e un migliore stato di salute generale. Questo suggerisce che la qualità e l’accessibilità dei servizi sanitari giocano un ruolo cruciale nel determinare gli esiti di salute della popolazione.
Dall’analisi delle stime, emerge come il Sud si confronti con un sistema sanitario più fragile con una minore capacità di risposta ai bisogni della popolazione. Inoltre, nel Nord Italia, molte famiglie cercano di sopperire alle carenze del Servizio Sanitario Nazionale ricorrendo a spese private, mentre nel Sud e nelle Isole questo avviene meno, aumentando il rischio di un accesso insufficiente alle cure essenziali.
La pandemia ha, poi, amplificato criticità preesistenti nel sistema sanitario, rendendo ancora più urgente la necessità di riforme strutturali volte a garantire un accesso equo alle cure su tutto il territorio nazionale.
È indispensabile investire nel potenziamento delle infrastrutture sanitarie, con un’attenzione particolare alle aree più svantaggiate, e rafforzare le strategie di prevenzione delle malattie croniche. Tuttavia, la sfida non si limita alla salute fisica: il forte incremento dei disturbi mentali impone di considerare la salute mentale una priorità assoluta.
“Questi risultati – afferma Giulia Zamagni, autrice dello studio – dimostrano che l’Italia vanta un’aspettativa di vita elevata, ma vivere a lungo non significa necessariamente vivere bene. La principale sfida per il nostro Paese è ridurre le disuguaglianze sanitarie tra le diverse aree, garantendo a tutti un invecchiamento sano e di qualità”.
Da parte sua, il dott. Lorenzo Monasta, autore dello studio e coordinatore nazionale della Italian GBD Initiative, sottolinea: “Il burden dovuto all’invecchiamento della popolazione grava certamente in modo più rilevante su alcune regioni del Nord come la Liguria e il Friuli Venezia Giulia. Tuttavia, l’analisi del carico di malattia mostra come sulle regioni del Sud e Isole ci sia un carico maggiore sull’intera popolazione che, pur essendo più giovane, è più esposta a fattori di rischio comportamentali e a una maggiore difficoltà di accesso ai servizi”.