Roma, 4 maggio 2020 – È il più grande studio mai realizzato sulla suscettibilità genetica al melanoma. I geni ‘colpevoli’ sono coinvolti nei processi di pigmentazione, di formazione dei nei, nei processi di riparazione del DNA e nella risposta immunitaria. Tra i centri coinvolti anche la dermatologia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma.
La suscettibilità al melanoma è ampiamente scritta nei geni. Lo dimostra un importante studio pubblicato su Nature Genetics, durato tre anni e mezzo, che rappresenta anche un enorme sforzo collaborativo internazionale. Ideato dai ricercatori dal National Cancer Institute americano e del Melanostrum Consortium, di cui è tra gli ideatori e i promotori la prof.ssa Ketty Peris, Ordinario di Dermatologia dell’Università Cattolica di Roma e direttore UOC di Dermatologia della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS, lo studio ha visto la partecipazione di prestigiosi centri europei e australiani che si occupano di melanoma cutaneo.
La ricerca ha portato alla scoperta di 33 nuove regioni del genoma coinvolte nello sviluppo del melanoma e ha confermato il ruolo di altre 21 regioni genomiche correlate al rischio di comparsa di questo tumore. Due delle nuove regioni individuate sono risultate in passato associate anche a delle malattie autoimmuni e questo conferma l’importanza del sistema immunitario nello sviluppo di questi tumori.
I ricercatori hanno esaminato il DNA (con la tecnica GWAS, Genome-Wide Association Study) di oltre 37.000 persone alle quali era stato diagnosticato un melanoma e hanno confrontato le loro informazioni genetiche con quelle di oltre 375 mila soggetti senza storia di questa malattia. Il campione di popolazione utilizzato è tre volte più grande di qualunque altro studio genetico sul melanoma mai effettuato finora.
In questo enorme gioco di ‘trova le differenze’ nel repertorio genetico delle persone con melanoma e di quelle sane sono stati individuate 68 varianti genetiche, associate al melanoma cutaneo e pertinenti a 54 ‘loci’ (regioni del DNA). Sono queste le ‘istruzioni’ scritte nel nostro DNA che conferiscono un aumentato rischio di sviluppare questo tumore potenzialmente mortale. Studiando la relazione tra nevi, pigmentazione e melanoma sono state inoltre scoperte altre 31 regioni del DNA che possono influenzare il rischio di questo tumore.
La maggior parte di queste varianti genetiche (SNPs) sono coinvolte nella pigmentazione, nell’abbronzatura, nella conta dei nei (questo rinforza il ruolo dei nei nella suscettibilità al melanoma cutaneo e l’importanza dei controlli ad esempio con l’epiluminescenza) e nel mantenimento dei telomeri. Altri SNPs sono localizzati in prossimità di alcuni geni (come PARP1), implicati nei processi di riparazione del DNA. L’associazione significativa del melanoma cutaneo con gli alleli del sistema HLA (rs28986343) infine conferma l’importanza dei processi immunitari nel determinismo del melanoma e nel suo trattamento (immunoterapia).
La variante di melanoma ‘acrale lentigginosa’ è risultata associata in maniera unica ai loci implicati nella pigmentazione, in linea con i dati osservazionali. Non sono invece emerse differenze correlate ad età e sesso di appartenenza.
Questi risultati – commentano i ricercatori – aumentano la nostra conoscenza della complessa architettura genetica del melanoma cutaneo e delle vie che portano allo sviluppo di questo tumore.
“Il melanoma cutaneo – spiega la prof.ssa Peris – è ereditario nel 10-20% dei casi. Alcuni geni sono già noti, ma con lo stesso gruppo di ricercatori che ha firmato questa importante ricerca, stiamo studiano nuovi geni e pattern di geni, implicati nello sviluppo del melanoma familiare”.
Il melanoma è un tumore della pelle potenzialmente mortale; nel 2015 se ne sono registrati 350.000 casi nel mondo e nello stesso anno i decessi per questo tumore sono stati 60.000. L’incidenza del melanoma in Italia è di 10-12 casi per 100.000 abitanti.
A determinare la prognosi di questa neoplasia è soprattutto il momento in cui viene formulata la diagnosi, che deve essere quanto più precoce possibile per aumentare le possibilità di guarigione. Tra gli strumenti diagnosi più efficaci, l’epiluminescenza e la microscopia confocale. I trattamenti più efficaci, al di là della rimozione chirurgica del melanoma, sono l’immunoterapia e le terapie a target.