Il fegato, con i suoi 1500 grammi, è la ghiandola più grande del nostro organismo e fra le sue molteplici ed in gran parte essenziali funzioni un ruolo di primaria importanza è ricoperto dallo smistamento e dalla sintesi dei grassi. In particolari condizioni di sovraccarico funzionale, tale metabolismo può andare in crisi favorendo l’accumulo di trigliceridi all’interno degli epatociti: si parla di steatosi epatica o più comunemente di fegato grasso quando il contenuto lipidico del fegato supera il 5% del suo peso.
Il fegato grasso è una patologia ad elevata prevalenza nella popolazione generale (fino al 50% nella popolazione adulta e al 30% nel bambino) e lo specialista epatologo sempre più spesso si confronta con tale problematica per studiarne le caratteristiche e soprattutto il momento dell’intervento terapeutico che è decisivo per una buona prognosi in quanto la velocità di evoluzione di questa patologia può essere quella di una utilitaria o di una macchina sportiva.
La maggiore prevalenza di steatosi epatica nella popolazione generale è da riportare all’alcol (oggi denominata AFLD, dall’inglese Alcoholic Fatty Liver Disease) e a patologie metaboliche (NAFLD, dall’inglese Non Alcoholic Fatty Liver Disease); le linee guida italiane del Ministero della Salute indicano attualmente che un drink/die per le donne e due drinks per gli uomini sono già considerati un consumo alcolico a basso rischio per una steatosi epatica alcolica e di conseguenza il ruolo dell’alcol nel determinismo della steatosi epatica può essere escluso con certezza soltanto negli astemi. Su 100 soggetti con consumo di alcol > 30g/die, 90 sono affetti da steatosi, 40 di questi evolvono verso la steatoepatite e 20 verso la cirrosi; pertanto per rallentare o arrestare tale progressione appare indispensabile la sua precoce scoperta e la pronta individuazione dei fattori di rischio che possono accelerare la sua naturale evoluzione verso la cronicizzazione; in pratica quando le cellule del fegato lavorano in condizioni di sforzo massimo, come un’automobile che viaggia sempre a tutto gas, possono andare in tilt per il troppo lavoro; tale sovraccarico si traduce, a lungo andare, in una degenerazione cellulare che causa prima l’infiammazione e poi la morte degli epatociti. Questa complicazione chiamata steatoepatite è la naturale evoluzione della steatosi non trattata; la steatoepatite a sua volta può degenerare in cirrosi con tutte le complicanze compreso l’epatocarcinoma (HCC).
La rilevanza epidemiologica della NAFLD è legata al fatto che essa è frequentemente associata a sovrappeso corporeo o obesità, condizioni fortemente crescenti in tutti i paesi industrializzati, compresa l’Italia, ed è considerata la componente epatica della sindrome metabolica, che rappresenta la condizione clinica in cui sono presenti 3 o più dei seguenti criteri:
- elevata circonferenza del giro vita =/> di 102 cm negli uomini e 88 cm nelle donne;
- elevati livelli di trigliceridi;
- ridotti livelli di colesterolo HDL;
- elevata pressione sanguigna;
- elevata glicemia a digiuno =/> a 100mg/dl
È stato dimostrato che pazienti con fegato grasso muoiono per patologie cardiovascolari in numero maggiore rispetto a quelli che non lo presentano. La diagnosi clinica di steatosi, in assenza di altre cause note di danno cronico del fegato (ad es. virali) è basata sul riscontro, spesso occasionale di ipertransaminasemia, anche di moderata entità associata o meno ad incremento contemporaneo di gamma-GT (gamma-glutammil-transpeptidasi); ma nella diagnostica della steatosi l’ecografia epatica rappresenta la pietra miliare: il reperto caratteristico è quello del cosiddetto fegato brillante (bright liver, per gli Inglesi) dovuto alla impedenza acustica che le goccioline di grasso accumulate nel parenchima epatico generano determinandone un aumento della ecogenicità.
I fattori predittivi di evoluzione di malattia della NAFLD sono rappresentati da: BMI (indice di massa corporea), età, sesso maschile, transaminasi aumentate, diabete mellito, trigliceridemia superiore a 150 mg/Dl, ferritinemia aumentata oltre naturalmente all’alcol per la AFLD (anche il vino o la birra sono bevande alcoliche!!!).
Il punto chiave della terapia è volto a modificare la storia naturale della malattia; pertanto gli obiettivi di ogni trattamento sono: ridurre la steatosi, ridurre la progressione verso la steatoepatite e bloccare o ridurre la fibrosi. Il trattamento corrente delle epatopatie croniche alcoliche poggia sull’abolizione assoluta dell’alcol, sull’integrazione della dieta con vitamine del gruppo B e la somministrazione di “antiossidanti”. Per quanto riguarda le NAFLD, in assenza di una terapia farmacologica specifica, il primo approccio terapeutico è rappresentato dalla modifica dello stile di vita e dalla dieta che diventa un fattore ancor più importante se si considera che due delle principali cause della steatosi epatica (sovrappeso e diabete) derivano nella stragrande maggioranza dei casi da abitudini alimentari scorrette.
In pratica basterebbe:
- Seguire sempre una dieta equilibrata, composta per la maggior parte (60-65 % delle calorie introdotte) da carboidrati (cioè pasta, pane, cereali, patate, legumi), anche se mai in eccesso (mai più di 70-80 grammi di pasta al giorno e non più di due panini al giorno), poi da lipidi (cioè grassi: olio, formaggi, latticini, etc.) per il 20% circa delle calorie introdotte ed infine proteine (cioè carne cucinata ai ferri, bollita, al forno, al cartoccio, al vapore, o pesce o legumi) per il 15% delle calorie introdotte.
- Consumare tutti i giorni almeno due porzioni di verdure e due o tre frutti.
- Evitare gli zuccheri semplici (dolci di varia natura, eccesso di bevande zuccherate, caramelle, cioccolatini, etc.).
- Evitare il più possibile grassi saturi (formaggi, insaccati, condimenti vari, frutta secca).
- Non consumare mai più di 2 cucchiai di olio al giorno: l’ideale sarebbe consumare una miscela fatta da 2/3 di olio di oliva extravergine ed 1/3 di olio di semi.