Bruxelles, 2 dicembre 2016 – Mentre Renzi è concentrato a dire falsità su quello che accadrebbe se vincesse il Sì al referendum, la vita reale degli italiani è drammatica. Se è vero che la salute viene prima di tutto, gli ultimi dati Censis sulla situazione della sanità italiana sono raccapriccianti.
Oltre 11 milioni di italiani, il 20 per cento della popolazione, sono costretti a rinunciare o rimandare le cure perché non hanno le possibilità economiche per farlo. Il sistema sanitario italiano si colloca tra gli ultimi posti in Europa, con forti diseguaglianze a livello regionale. Per la prima volta, dal dopoguerra ad oggi, in Italia si è ridotta l’aspettativa di vita. Nelle regioni del Sud c’è una regressione della vita media che si è ad allineata a quella della Bulgaria.
Continui tagli economici, decisi dai Governi nazionali degli ultimi anni, hanno fatto sì che la percentuale del Pil destinata alla sanità sia inferiore alla media dei paesi Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico). La spesa sanitaria pubblica italiana è più bassa di quella di Finlandia, Regno Unito, Francia, Belgio, Austria, Germania, Danimarca, Svezia e Olanda. Quindi, nonostante i proclami di Renzi, tutti gli ultimi governi, compreso il suo, hanno progressivamente ridotto il finanziamento del Sistema sanitario nazionale, ignorando le raccomandazioni dell’Ocse che richiamava il nostro Paese a garantire che i tagli in atto per contenere la spesa sanitaria non intaccassero la qualità dell’assistenza.
Si sta assistendo ad un atteggiamento che vede la qualità dei servizi sanitari offerti, come un fatto secondario rispetto alla necessità di tenere in equilibrio i conti dello Stato imposti dai Trattati europei.
Le lunghe liste d’attesa, il costo delle cure specialistiche, le code agli sportelli e la mancanza di coordinamento tra strutture, servizi e personale sono i principali motivi di malcontento che spingono i cittadini a una graduale e inesorabile fuga dalla sanità. Inoltre, ogni anno 250 mila malati dal Sud vanno a farsi curare al Nord.
Esaminando nel dettaglio la realtà dei numeri emerge che le intese previste tra Stato e Regioni negli ultimi anni sono stati puntualmente disattese e le chiacchiere di Renzi sono solo frutto della sua propaganda: nel periodo 2012-2015 il Servizio sanitario nazionale ha lasciato per strada oltre 25 miliardi per esigenze di finanza pubblica; le risorse concordate tra Stato e Regioni nel Patto per la Salute 2014-2016 sono state decurtate di 6,79 miliardi; nel 2016, il Def di Renzi (Documento di economia e finanza), aveva previsto 115,4 miliardi, poi sappiamo come è andata a finire: sono diventati prima 113, e infine 111. Ora la legge di Bilancio per il 2017 ha portato il fondo a 113 miliardi, ma sono 2,4 miliardi in meno rispetto a quelli che erano stati previsti.
Poi, c’è il rilevante incremento della spesa sanitaria privata (che nel 2015 è salita a 34,5 miliardi di euro, con un +3,2% rispetto al 2013).
Oltre a questo, cinque regioni (Campania, Abruzzo, Calabria, Lazio, Molise) sono commissariate per la gestione dei piani di rientro dei disavanzi sanitari regionali. Con la legge di stabilità per il 2017, Renzi pur di favorire il governatore della Campania De Luca, ha deciso che i commissari della sanità possono essere direttamente i presidenti delle Regioni. Come dire: gli stessi amici di chi ha prodotto lo sfascio è chiamato a risolverlo, stiamo parlando di De Luca sostenitore dell’ex governatore campano Bassolino che ha prodotto i danni maggiori alla sanità campana.
Questo quadro, di progressivo definanziamento della sanità pubblica, ha consolidato le inequivocabili evidenze che hanno portato alle diseguaglianze tra Nord e Sud. Un Sud dove la sanità va malissimo per varie ragioni: la riduzione delle risorse nazionali; la mancanza di pianificazione; la disorganizzazione; le nomine clientelari dei dirigenti e degli operatori; l’inefficienza e la corruzione.
Oltre all’eccessiva ingerenza dei partiti e della politica, che, lo ricordiamo, è tutta in mano al Pd. In altri termini il diritto alla salute non è più un diritto nazionale ugualmente garantito in tutto il Paese.
Di fronte ad una tale situazione ostinarsi a utilizzare la sanità come un bancomat al portatore è da parte del governo una scelta scellerata. Ancora più grave è sostenere che se passasse la riforma costituzionale del referendum del 4 dicembre questi problemi potrebbero essere affrontati meglio.
Il M5S propone che per migliorare le prestazioni e i servizi sanitari vengano attuati degli immediati interventi capaci liberare le risorse economiche attraverso una seria lotta alle clientele e alla corruzione, agli sprechi e all’inefficienza. Per raggiungere questi risultati è necessaria una nuova classe dirigente che, sia a livello nazionale che regionale, metta al centro gli interessi dei cittadini e non quelli dei potentati politici e delle lobby affaristiche.
Piernicola Pedicini – Eurodeputato del M5S
Coordinatore della Commissione ambiente e sanità
fonte: ufficio stampa