Roma, 8 marzo 2018 – Una impetuosa transizione di genere attraversa la sanità italiana con un impatto non inferiore a quella demografica ed epidemiologica. Oggi la sanità è donna, grazie ad una crescita, numerica e professionale, costante al punto da divenire già maggioranza tra i nuovi medici.
Questo fenomeno – commenta il segretario nazionale Anaao Assomed Costantino Troise – tarda però ad entrare nelle proposte strategiche delle organizzazioni, comprese quelle sindacali, fino a rappresentarne una parte essenziale e costitutiva per dare anche una compiuta visione di genere ad esigenze e legittimi interessi di categorie professionali in rapida mutazione.
Una visione di genere che occorre assumere nei contratti di lavoro, nelle leggi, nella prassi che non possono rimanere quelle di dieci anni fa, arroccate a vecchi paradigmi, come se la crescita delle donne fosse semplicemente un fenomeno di costume.
Spetta a tutti assumere l’impegno di rileggere teoria e prassi delle organizzazioni alla luce della differenza di genere e far sì che cresca la rappresentanza e la partecipazione delle nuove intelligenze professionali.
L’ingresso delle donne in medicina non è neutro, ma portatore di domande che obbligano a ragionare su modifiche dell’organizzazione del lavoro positive per tutti, a pensare a nuovi modelli che recuperino i valori professionali ed i tempi di vita, che si prendano cura del nostro lavoro per permetterci di prenderci cura meglio dei cittadini.
Il conflitto evidente tra organizzazione del lavoro e sistema di tutele, può risolversi solo con un cambiamento dell’organizzazione, e non con una sconfitta del sistema dei diritti, in un gioco a somma zero che pensa di poter dare un diritto in più a qualcuno soltanto togliendolo ad un altro.
Occorre realizzare il cambiamento necessario, sia organizzativo che culturale, in tempi ravvicinati, vincendo le resistenze che caratterizzano ogni gruppo organizzato, sollecitandolo a ripensarsi, ad includere meriti e valorizzare disponibilità, per compiutamente interpretare e rappresentare i cambiamenti e le nuove domande di cui l’altra metà del cielo è portatrice. Altrimenti non sarà mai 8 marzo.