L’acqua rappresenta un’essenziale risorsa per tutti i sistemi viventi, ma alcuni elementi in essa contenuti possono causare effetti avversi alla salute. Numerosi studi epidemiologici hanno dimostrato una correlazione tra esposizione ad elementi in traccia (come arsenico, berillio, piombo, uranio ed altri) e insorgenza di patologie quali: diverse forme di cancro, malattie cardiovascolari, malattie del sistema nervoso centrale, ecc. Un individuo ingerisce almeno un litro di acqua al giorno e gli elementi in essa presenti sono in una forma che può essere facilmente assorbita dal tratto gastrointestinale. Le concentrazioni degli elementi in traccia potenzialmente tossici devono quindi essere rigidamente controllate. Alcune lo sono, ma altre, non considerate dalla normativa italiana ed europea, non sono regolarmente monitorate.
Il progetto europeo dell’EuroGeoSurvey, al quale abbiamo partecipato, ci ha dato l’opportunità di esaminare la qualità delle acque che beviamo sia come acqua minerale imbottigliata che come acqua di rubinetto.
In quest’articolo illustreremo brevemente i risultati delle ricerche effettuate sulla qualità delle acque minerali.
L’Italia, per la sua conformazione geologico-strutturale e per il suo clima, non ha grossi problemi per l’approvvigionamento idrico. Grazie alle numerose sorgenti di acque naturali sparse su tutto il territorio, che alimentano gli acquedotti, nelle nostre abitazioni arriva un’acqua mediamente di buona qualità. Nonostante ciò, gli italiani sono i principali consumatori e produttori di acque minerali nel mondo. Infatti, a livello nazionale si producono ogni anno 12 miliardi di litri di acque minerali imbottigliate con un giro d’affari di diversi miliardi di euro. Quasi la metà della popolazione italiana preferisce all’acqua di rubinetto quella minerale, con un consumo pro capite annuo di circa 200 litri.
Varie indagini di mercato mostrano che in un’epoca afflitta da grave inquinamento da sostanze chimiche, i consumatori considerano l’acqua minerale incontaminata e, talvolta, un rimedio per la salute. In realtà, anche le acque minerali, possono contenere, in modo del tutto naturale e senza alcun contributo antropico, elementi potenzialmente tossici per la salute, i così detti “elementi in traccia” la cui presenza non è contemplata sulle etichette. Su queste ultime, generalmente, si leggono solo le concentrazioni dei principali elementi maggiori, come ad esempio il calcio, il magnesio e il sodio.
Il nostro gruppo di ricerca ha raccolto ed analizzato (Tabella 1), presso il Servizio Geologico Tedesco (BGR) di Berlino, 186 bottiglie di acque minerali. La Tabella 2 mostra, per le acque minerali naturali e le acque potabili, le concentrazioni limite ammissibili per la legge italiana ed europea e i valori delle linee guida dell’US-EPA (Agenzia di Protezione dell’Ambiente Statunitense) e dell’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità).
Le leggi vigenti in Italia (D.L.31/2001) e in Europa (EU Directive 98/83/EC) assicurano, per l’acqua potabile destinata al consumo umano, controlli di qualità estesi e regolari su agenti contaminanti potenzialmente tossici, mentre per le acque minerali imbottigliate, tali controlli sono meno restrittivi e frequenti (D.M. 29/12/2003, EU Directive 2003/40/EC).
Quali elementi e ioni potenzialmente pericolosi per la salute sono stati riscontrati nelle acque minerali analizzate?
Cominciamo col dire che, come ci si aspettava, la maggior parte delle acque minerali ha dimostrato essere di buona qualità e tutte rientrano nei parametri del D.M. 29/12/2003 anche perché tale legge non prevede l’analisi di alcuni elementi potenzialmente tossici (alluminio, berillio e uranio, solo per citarne alcuni). Ciononostante bisogna sottolineare diverse anomalie, quasi sempre di origine assolutamente naturale, riscontrate nelle acque provenienti da sorgenti perlopiù ubicate in aree vulcaniche o in presenza di litologie vulcaniche.
Nelle acque minerali prodotte in tali aree sono stati riscontrati valori anomali di alluminio (un’acqua laziale), arsenico (9 acque di origine laziale, campana e sarda), berillio nelle acque laziali, boro in acque lucane, fluoro in due acque minerali provenienti dal settore nord-est delle Alpi, dove le litologie dominanti sono rocce metamorfiche e in 5 campioni di acque associate a rocce vulcaniche alcaline in Italia centrale e meridionale, uranio in un’acqua sarda e in alcune acque minerali provenienti dall’Italia nord-occidentale.
Tutte le acque minerali analizzate hanno un contenuto di nitrati al di sotto di 45 mg/L, tuttavia il 10% di esse supera il valore limite di 10 mg/L, stabilito per il consumo da parte dei bambini. I valori più alti di nitrati (>10 mg/L) si riscontrano principalmente nelle acque minerali del nord del Lazio, del nord della Sardegna, del sud della Sicilia e dell’Italia nord-orientale, e sono dovuti molto probabilmente, all’utilizzo intensivo di fertilizzanti e di concimi in agricoltura. Le acque con concentrazioni di nitrati superiori a 10 mg/L dovrebbero riportare sull’etichetta, contrariamente a quanto riscontrato, la dicitura: non adatta ai neonati.
In conclusione, i risultati ottenuti da questo studio, indicano l’urgenza di regolamentare le acque minerali alla stregua di quelle potabili e la necessità di realizzare un database internazionale che fornisca dati aggiornati, sia sugli intervalli di concentrazione di tutti gli elementi presenti, sia delle aree di origine. In tale modo possono essere implementati gli studi epidemiologici fondamentali per stabilire una relazione causa-effetto e le valutazioni tossicologiche indispensabili per la determinazione dei valori soglia. Tali valori non dovrebbero essere in nessun modo influenzati da considerazione di ordine tecnico ed economico a danno della salute pubblica.