Roma, 15 maggio 2018 – Dici pasta, pensi Italia, e non è un modo di dire: oltre metà della nostra pasta (il 56%) finisce oltreconfine. Praticamente il 100% dei nostri pastifici destina una quota della sua produzione ai mercati esteri (contro una media del 10% del totale delle aziende agroalimentari) e infatti il peso delle esportazioni sul fatturato del comparto è il doppio rispetto alla media di settore del food italiano. Rispetto a 25 anni fa il mondo mangia sempre più pasta italiana: sono aumentati i Paesi destinatari (oggi quasi 200, +34%) ed è più che raddoppiata la quota export, da 740mila a oltre 2 milioni di tonnellate. E oggi la pasta è l’unico alimento nella Top 10 dei prodotti per i quali l’Italia detiene la prima posizione al mondo per saldo commerciale.
Secondo elaborazioni di AIDEPI (Associazione delle Industrie del Dolce e della Pasta Italiane) su dati Istat, l’Europa è il mercato più rilevante per la pasta tricolore, tanto che circa 3 piatti di pasta su 4 consumati nel Vecchio Continente provengono da un pastificio italiano.
Un’analisi di AIDEPI racconta numeri, tendenze e stili di consumo della pasta italiana che finisce in Europa, mettendo a confronto le abitudini alimentari di Germania, Francia e Regno Unito, i 3 mercati più importanti per l’export di pasta italiana, con circa 1 miliardo di piatti di pasta serviti all’anno e un controvalore di quasi 1 miliardo di Euro. E ha scoperto che in questi Paesi, al di là delle differenze sociali, politiche, economiche e culturali, la passione per la pasta è il segnale di un Europa che, almeno a tavola, si scopre più unita e mediterranea.
Primo elemento: Berlino, Parigi o Londra rappresentano 3 mercati maturi, dove la pasta ha superato da tempo lo status di piatto etnico da provare al ristorante ed è da tempo stabilmente nelle dispense di casa. Secondo uno studio di Mintel, mangiano regolarmente pasta il 97% delle famiglie in Francia, il 90% in Germania e l’81% del Regno Unito.
Un’indagine Doxa su 2800 consumatori europei di Italia, Francia, Gran Bretagna e Germania spiega i motivi di questo successo, rivelando che l’Europa a tavola parla sempre più la stessa lingua: interrogati sulle cose più importanti che ricercano nel cibo, gli europei mettono ai primi posti piacere e gusto, qualità, sicurezza e salute.
Tutte caratteristiche che rispondano all’identikit della pasta e in generale del cibo italiano: qualità, sicurezza, elevato valore di servizio.
La pasta che innova: ecco come i pastai italiani puntano a consolidare la leadership mondiale
Come rispondono i pastai italiani a questo quadro? Puntando su tipologie legate a benessere e salute: pasta integrale, biologica, senza glutine o con l’aggiunta di altri ingredienti, come legumi, spezie e superfoods (ceci, lenticchie, curcuma, grano saraceno, sorgo, amaranto, teff, etc.). E ancora, quella a rapida cottura, pronta dopo soli 4 minuti nell’acqua bollente. Non è una pasta precotta, ma è ottenuta con particolari tecniche di lavorazione: è più ricca d’acqua rispetto alla pasta comune e quindi, a parità di peso, fornisce anche meno calorie. E naturalmente, giocando sui formati della tradizione (giganti, trafile speciali, etc), per i segmenti più curiosi e per l’Ho.re.ca.
Tra i parametri stabiliti dalla legge di purezza, la quantità di proteine, il segreto della tenuta al dente della pasta. La legge fissa per la pasta italiana in un minimo di proteine di almeno il 10,50%, ma per rispondere a un consumatore dal gusto più evoluto di 50 anni fa, ormai le aziende italiane producono pasta con un livello proteico medio di almeno il 12-13%.