La partoanalgesia con epidurale (detta anche peridurale) è la tecnica farmacologica più efficace nel controllo del dolore da parto. La sua diffusione però continua a essere a macchia di leopardo, con dati incerti e servizi organizzati in maniera differente da una Regione all’altra. Secondo Ida Salvo, direttore Anestesia e Rianimazione Ospedale dei Bambini Buzzi di Milano, “il problema non è culturale, ma organizzativo e di mancanza di risorse. Dove viene offerta gratuitamente, la richiesta da parte delle donne aumenta rapidamente”
Bologna, 15 ottobre 2015 – “Tutte le donne italiane devono poter scegliere se partorire con o senza dolore” è quanto asserisce Ida Salvo, direttore Anestesia e Rianimazione Ospedale dei Bambini Buzzi Milano che lancia un grido d’allarme e racconta che “anche questa volta il Ministro inserisce la partoanalgesia nei LEA come fece il Ministro Turco anni fa, ma “ad isorisorse” cioè senza finanziamenti, demandando il problema alle Regioni. E a tal proposito precisa che “l’articolo 4 dell’ultima bozza 2015 contenente la proposta di nuovi LEA contiene “….misure volte a diffondere nel SSN l’utilizzo dell’analgesia epidurale e peridurale in corso di travaglio e di parto vaginale. La disposizione prevede che le Regioni individuino nel proprio territorio le strutture che effettuano tali procedure e che sviluppino appositi programmi volti a diffondere l’utilizzo delle procedure stesse”.
“Perfetto, ma in assenza di criteri nazionali – afferma l’esperta – siamo di nuovo senza regole e rischiamo l’ennesimo fallimento”
Ma dove trovare le risorse economiche necessarie per garantire questo diritto alle donne italiane? Per Ida Salvo le risorse per garantire la parto analgesia possono e devono derivare dalla riorganizzazione dei Punti Nascita. “Occorre – ribadisce l’anestesista milanese– chiudere i punti nascita con meno di 1.000 parti o, almeno per cominciare, con meno di 500 parti l’anno. È fondamentale non solo per reperire le risorse per il parto indolore ma per la sicurezza delle donne e del neonato. Le piccole sale parto spesso non hanno personale qualificato (il know how in medicina è molto legato alla casistica trattata), mancano di strutture (terapia intensiva per la madre e il neonato), apparecchiature, il personale spesso non è presente sulle 24 ore per le urgenze. Chiudere questi punti nascita permetterebbe di trovare fondi per l’adeguamento strutturale delle restanti sala parto, acquisizione delle necessarie dotazioni di personale che deve essere presente 24 ore in turno di guardia attiva (medici ginecologi-ostetrici, pediatri/neonatologi, anestesisti rianimatori, ostetriche e infermieri). Partorire in sala parto con molti parti è molto più sicuro e le donne questo lo devono sapere – sottolinea Ida Salvo, e precisa che – la partoanalgesia deve essere garantita nei punti nascita con oltre 1.000 parti, mentre si esprime perplessità ad introdurla nei centri con 500-1.000 parti per la difficoltà ad acquisire la competenza anestesiologiche necessaria”.
Quali sono in Italia i principali fattori che limitano ancora la libertà di scelta da parte delle donne nel ricorso a metodiche anti-dolore in travaglio di parto?
“Il pronunciamento del Comitato Nazionale Bioetica risale al 2001, ma nonostante l’impegno della SIAARTI, una mozione alla Camera dell’8 marzo 2005 passata ad unanimità, il sostegno dei media e l’impegno di più di un ministro ad inserire questa prestazione nei LEA finanziandola (cioè nelle prestazioni garantite gratuitamente dal sistema sanitario nazionale), la partoanalgesia con epidurale in Italia non è ancora un diritto per tutte. La sua diffusione continua a essere a macchia di leopardo, con dati incerti e servizi organizzati in maniera differente da una Regione all’altra. Quel che è certo – evidenzia – è che laddove viene offerta gratuitamente si diffonde molto rapidamente. Il problema sono le risorse”.
Quali sono inoltre le nuove tecniche per far partorire le donne soffrendo di meno?
“Dalla notte dei tempi – risponde Ida Salvo – nonostante la maledizione biblica e qualche strega finita sul rogo, si è sempre cercato di alleviare, con ogni mezzo farmacologico e non, il dolore da parto. Ogni donna percepisce il dolore in modo diverso. L’obiettivo di noi anestesisti-rianimatori è di offrire la possibilità di scegliere durante il travaglio di parto la tecnica migliore per quella donna. Oggi, la maggior parte delle nostre sale parto offrono tecniche non farmacologiche (tecniche di rilassamento, musica,) tecniche che per alcune donne possono risultare sufficienti a garantire un parto sereno. L’introduzione della partoanalgesia con peridurale non esclude naturalmente l’adozione di altre metodiche, certamente meno efficaci, ma comunque utili a lenire il dolore. Tra queste anche il gas esilarante, protossido d’azoto”.
Infine qual è oggi la tecnica più diffusa? “La partoanalgesia con epidurale è la più diffusa nel mondo occidentale, con percentuali del 60% negli Stati Uniti e del 30-50 % in Europa. È una tecnica analgesica sicura con scarse controindicazioni”.
fonte: ufficio stampa