Lo scorso 29 ottobre è stato eseguito per la prima volta in Italia, un intervento in toracoscopia di rimozione del carcinoma polmonare e il successivo ricongiungimento delle parti sane, con la sola asportazione della parte lesa. Ad eseguirlo è stata l’équipe guidata dal professor Giorgio Cavallesco, direttore dell’Unità Operativa di Chirurgia generale e toracica dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria Sant’Anna di Cona (Ferrara).Egli ci spiega che “questo atto chirurgico fa parte di un percorso professionale di crescita, che prevede il passaggio dalla chirurgia open (tradizionale) ad una video-assistita. Nella chirurgia toracica, il video ha un’importanza fondamentale e viene utilizzato per trattare varie patologie, che vanno dall’iperidrosi, a quelle pleuriche e del mediastino. Nell’ambito della patologia polmonare, questo tipo di chirurgia, ha conosciuto varie fasi: all’inizio degli anni 90 venne proposta dal professor Giancarlo Roviaro, (autore delle prime operazioni “a torace chiuso”), che però trovò resistenze da parte dei colleghi statunitensi. Alla fine degli anni 90, proprio i medici americani hanno cominciato ad interessarsi a questo tipo di chirurgia, ed è iniziata una stagione di nuova giovinezza. La chirurgia toracoscopica consente di eseguire lobectomie (asportazione di una parte del polmone) con tre piccoli tagli, con tutti i vantaggi che questo comporta: una minore degenza ospedaliera e soprattutto minor dolore post-operatorio per la persona assistita.”
Una fotografia mostra come i tre tagli eseguiti durante l’operazione siano veramente piccoli, il maggiore dei quali raggiunge a stento i 5 centimetri.
In Italia si è manifestata un’attenzione crescente per la chirurgia mininvasiva, tanto che, afferma il dottor Pio Maniscalco, uno dei chirurghi che ha eseguito l’intervento, “si è costituito un gruppo, Vats Group, che raccoglie nel proprio database l’esperienza dei centri che eseguono lobectomie mininvasive.”
L’Unità Operativa di Chirurgia toracica di Cona è inserita in questo gruppo, e lo stesso dottor Maniscalco coordina un gruppo di ricerca. Il database è molto importante perché consente di monitorare a livello nazionale tutti i centri che hanno eseguito lobectomie toracoscopiche. Ad oggi i pazienti trattati sono quasi mille e 55 i centri che hanno aderito al gruppo. Nel nosocomio ferrarese è stato eseguito il primo intervento di sleeve lobectomy toracoscopica, metodica studiata dal professor Cavallesco durante i suoi numerosi corsi di aggiornamento negli Stati Uniti.
“È un intervento riservato a quelle forme tumorali che nascono all’interno dei bronchi, esattamente come aveva la paziente trattata”, spiega il professor Cavallesco. Con una metodica tradizionale, si sarebbe proceduto all’asportazione radicale della parte malata, con rimozione del polmone. Attraverso la sleeve lobectomy, l’équipe ha preservato gran parte dell’organo. Le difficoltà sono tuttavia maggiori rispetto ad una metodologia tradizionale, che è già di per sé complessa. Con la videoscopia diminuisce infatti la manualità all’interno dell’accesso chirurgico.
Un ruolo fondamentale l’hanno avuto gli endoscopisti, guidando il chirurgo toracico nella rimozione del tumore. Dopo l’asportazione della parte malata, i chirurghi hanno riunito le parti sane dell’albero bronchiale, salvaguardando così la parte inferiore del polmone destro della paziente; è una sorta di autotrapianto, volto alla conservazione della funzionalità dell’organo.
Questo è il primo tipo di tumore endobronchiale trattato con la tecnica video. Durante l’atto chirurgico, è stato fondamentale l’apporto di tutte le figure professionali: la gestione è stata infatti multidisciplinare. L’équipe era composta da:Cavallesco e Maniscalco (chirurghi toracici), gli anestesisti Ragazzi e Paoluzzi, gli specializzandi Zani, Amadori, Garelli, gli infermieri strumentisti Fiorindo e Cavicchi, gli endoscopisti Pasquini e Ravenna, gli infermieri all’anestesia Della Valle e Zerbo, la dottoressa Colamussi e il professor Volta dell’Unità Operativa di terapia intensiva. Da segnalare che, come afferma Cavallesco, “la paziente sta bene, non ha eseguito nessuna terapia post operatoria e con l’intervento ha risolto la sua patologia”.
Quali pazienti possono essere trattati con questa tecnica? All’interno del Sant’Anna esiste un percorso, definito PDTA (percorso diagnostico terapeutico assistenziale per il tumore del polmone) appositamente dedicato agli ammalati di tumore polmonare, che valuta lo stadio della malattia e lo stato di salute del paziente, per programmare un percorso individualizzato. Gli specialisti che si occupano della patologia tumorale stabiliscono poi quale può essere il trattamento più adatto (chirurgico, chirurgico e chemioterapico, solo chemioterapico…) e quali pazienti possono essere operati con tecnica open oppure video.