La longevità è una scelta: come ‘prevenire’ l’invecchiamento. Intervista a Filippo Ongaro

Bologna, 7 aprile 2025 – “Cosa mi ha insegnato l’esperienza da medico degli astronauti? Tante cose sul piano tecnico, perché gli astronauti subiscono un invecchiamento accelerato in orbita e la medicina spaziale oggi è proprio concentrata a trovare misure che rallentino questo processo. Poi, mi ha insegnato che se hai davanti una serie di problemi altamente prevedibili, non programmare come affrontarli è il modo migliore per fallire”.

Il Programma Spaziale, visto dal dott. Filippo Ongaro, già medico all’Agenzia Spaziale Europea dal 2000 al 2007, rappresenta un grandissimo esempio di capacità di prevedere che tipo di problema ci si possa presentare davanti e di come arrivarvi preparati. “Sulla Terra, invece, nell’approcciare l’invecchiamento, questo ancora non lo è in realtà, avremmo tanti tanti anni per prepararci a invecchiare in maniera migliore e non li usiamo a dovere”.

Dott. Ongaro, quali sono oggi i principali ostacoli alla vita longeva e di qualità?

“Sono tutti interni, nostri, privati. La medicina fa la sua parte e la fa sempre meglio. Noi esseri umani facciamo fatica a capire che le scelte che compiamo oggi, ogni giorno, sono quelle che costruiscono il nostro futuro lontano. Quando a una persona attorno ai 30-40 anni, ancora sana, diciamo che alcuni comportamenti tra 30 anni potrebbero condurla ad avere problemi, quella persona fa molta fatica ad assorbire questa consapevolezza e a cambiare il proprio comportamento”.

Ci spieghi.

Dott. Filippo Ongaro

“Oggi, la conoscenza neuroscientifica ci sta aiutando a comprendere che il tema non è tanto legato alla forza di volontà, alla disciplina – questi sono falsi miti da abbandonare – ma va trovato un modo per cui questi cambiamenti gratifichino anche a breve termine. Dobbiamo quindi aiutare le persone ad acquisire maggiore consapevolezza e i giusti strumenti perché il cambiamento si fondi sulla gratificazione, mentre noi lo proponiamo troppo spesso come una ‘punizione’, una rinuncia, un sacrificio. È più gratificante nell’immediato un buon dolce piuttosto di un piatto di broccoli lessi, ma bisogna trovare il modo di creare delle mini gratificazioni pilotate anche nel percorso di cambiamento della persona. Una volta compiuti i primissimi passi, la gratificazione più grande è rendersi conto che si è capaci di farlo e questo, in genere, mantiene la persona sulla rotaia giusta”.

È ben noto che fumare faccia male, mangiare troppo, magiare grassi e zuccheri in eccesso, non praticare attività motoria non siano scelte alleate del buon invecchiamento. Eppure…

“Bisogna lavorare a monte. Tutti questi comportanti sono di fatto compensi a qualcosa che non funziona a monte, alti livelli di stress, stanchezza, frustrazione, rabbia, solitudine, noia, la dipendenza dal divertimento: è lì che bisogna lavorare. Le persone devono arrivare alla fine della giornata meno stanche, meno stufe, meno arrabbiate, meno frustrate, allora avranno meno bisogno di compensare con comportamenti errati. Bisogna educare le persone a riflettere su quali siano i fattori che fanno scattare tali situazioni psico-emotive. Allora ci si può rendere conto che un comportamento dannoso derivi da qualcosa che deve essere cambiato nella propria vita”.

Quando iniziare a educare a una vita longeva?

“Il tema della longevità è sempre più giovanile. Bisogna iniziare molto presto a educare le persone almeno a prendersi un po’ cura del proprio corpo, è un elemento fondamentale. Non significa che farlo più avanti con l’età non sia utile, ma è chiaro che prima questi fattori diventano abitudini meno fatica si fa a mantenerle”.

Come vede questa generazione di ragazzi e ragazze da questo punto di vista? Sono educati alla longevità?

“Dobbiamo caricarci sulle spalle le nostre responsabilità e capire che i figli imparano con l’esempio: se in casa c’è una cultura che valorizza la salute, i figli l’accolgono come normale. Io vedo nelle nuove generazioni un po’ di casi estremi: ragazzi che si perdono e vanno molto più attivamente rispetto ad anni fa in direzioni pericolose, vedo altri ragazzi invece che hanno una sensibilità maggiore di qualche generazione fa. C’è chi è consapevole e quindi ha più strumenti di prima per fare qualcosa di sensato e chi invece non è consapevole e ha più strumenti di prima per farsi del male, purtroppo”.

Quale è l’impatto dell’uso dei social e degli smartphone sulla longevità? Esiste una relazione?

“Tanta letteratura esiste sugli effetti che smartphone e social network hanno sulle distrazioni, il tono dell’umore, l’ansia, la depressione. Però, è un tema di utilizzo, perché allo stesso tempo queste tecnologie possono avere una potenza enorme per tenere gli anziani coinvolti, in contatto con le famiglie, farli rimanere curiosi, al passo coi tempi, imparare cose nuove. Come sempre è l’utilizzo che si fa delle cose: se si diventa vittime di queste tecnologie sono devastanti, ma se le si utilizza in modo consapevole possono essere enormi strumenti di aiuto. Sempre, dipende da noi”.

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