In una società votata all’urlo e alla chiacchiera, e in gran parte incosciente della profonda crisi antropologica in atto, le emozioni deboli, come la tristezza, l’inquietudine, la timidezza e la speranza, acquistano un valore particolare.
In questa fase storica, è utile illuminare gli aspetti oscuri della condizione umana che possono definirsi fragili.
Il discorso sulla fragilità riguarda non solo il volto della malattia fisica e di quella psichica, ma anche gli aspetti disperanti e incerti della condizione adolescenziale e di quella anziana.
La fragilità non è certo una forma di debolezza destituita di senso, ma un valore legato alla dignità, all’intuizione e alla gentilezza. In altre parole, la fragilità è una “struttura portante” dell’esistenza con i suoi dilemmi e con le sue attese.
Fragile può definirsi un oggetto che si frantuma facilmente, ma anche un equilibrio emozionale che si sfalda. Esistono tuttavia esperienze che non possono essere se non fragili: questo sembrerebbe il loro destino.
A ciò si rivolge un recente studio dello psichiatra Eugenio Borgna. Il noto fenomenologo riflette sulla condition humaine attraversata dall’instabilità, dalla vulnerabilità, dalla finitudine, riconoscendo in essa forme diverse di fragilità. Alcune possono assumere, a suo dire, il valore di una grazia, di un dono luminoso, altre, invece, avere il carattere dell’Ombra, dell’oscurità, rendendo intermittenti e precarie le relazioni sociali.
Di qui l’attenzione alla fragilità, che potrà essere ferita e ampliata da relazioni indifferenti e da gesti che mancano di accoglienza.
Sono le parole, per Eugenio Borgna, dotate d’immenso potere, a rassicurare e a indicare il cammino o diversamente a indurre alla disperazione. Le parole possono mostrarsi crudeli e pietrificate oppure leggere e profonde. Ci sono poi le parole fragili che in sé hanno la delicatezza e il potere di indicare significati inattesi. Parole, neanche a dirlo, di cui le persone fragili e vulnerabili hanno un gran bisogno.
Le parole hanno un loro potere terapeutico, non sono incolori, lasciano una traccia se nascono dal cuore e dal silenzio, se si rivelano umbratili e arcane, gentili e fragili.
Eppure le parole non bastano, si ha bisogno della fragilità del silenzio, del tempo dell’ascolto.
È necessario tacere per ascoltare, offrire un silenzio interiore che sappia accogliere la parola altrui.
Eppure il silenzio nella sua stremata fragilità può essere ferito dalle parole. Ci sono silenzi che non bisogna interrompere, che è necessario ascoltare nei suoi significati enigmatici. Ci sono silenzi che nascono da profonda tristezza, altri che contengono scintille di speranza.
Nella vita non tutto è dicibile. Etty Hillesum nel suo diario dice che la parola che tace è talora più importante della parola che parla.