Desidero affrontare alcuni aspetti della relazione paziente-terapeuta.
Il depresso richiede in maniera persistente un sollievo magico e il terapeuta dovrà guardarsi dal promettergli troppo. Dovrà evitare, in altri termini, di divenire un “altro dominante” che assolve il suo bisogno di dipendenza e di manipolatività.
Bisognerà piuttosto indurre il paziente a prendere coscienza di ciò che è inconscio e permettergli il riconoscimento dei suoi impulsi e delle sue resistenze.
Questa comprensione si raggiunge principalmente attraverso il proprio inconscio, perché, a detta della sapienza medievale, “soltanto fra pari vi può essere conoscenza”.
Attenzione però, sarà utile comprendere nel paziente soltanto ciò che il terapeuta ha accettato in se stesso. Se il paziente avrà difficoltà a conoscere il proprio inconscio a causa del transfert (trasferimento su altri di esperienze passate), il terapeuta, a sua volta, sarà influenzato dal controtransfert (reazione emotiva nei riguardi del paziente).
Si comprende come la terapia diviene in questa fase un profondo rapporto fra due persone. Edith Jacobson, psicoanalista, raccomanda l’immediata interpretazione del transfert, perché ritiene che il depresso tenderà da principio a idealizzare il terapeuta e poi a sentirsene deluso. Un esempio potrà aiutarci.
Un paziente mostra in seduta la sua situazione di fallimento, rimproverando al terapeuta l’inutilità del trattamento e facendo le più oscure previsioni per il futuro. Il terapeuta, a questo punto, interpreta le sue difese, la sua paura di essere abbandonato e ingannato, il suo bisogno di punizione.
Può accadere che tali interpretazioni cadano nel “girare a vuoto” della “nevrosi di fallimento”.
È questo il momento decisivo. Il terapeuta può provare ansia per un possibile insuccesso della cura e sperimentare di conseguenza sentimenti di rabbia verso il paziente. Se ciò dovesse succedere, il paziente lo avvertirebbe di certo, perché la reazione del terapeuta è stata provocata dalla sua stessa “aggressività”. Sentirà di temere la rabbia del terapeuta, trovandosi dinanzi ad una realtà simile a quella (vera o fantastica) della propria infanzia o del proprio mondo interno.
È della massima importanza che il terapeuta sviluppi un io osservatore che gli consenta di controllare le reazioni legate al proprio controtransfert. Una puntuale interpretazione mostrerà che la realtà attuale è in parte diversa dalle percezioni interne del paziente, offrendogli l’opportunità di introiettare una realtà meno disturbante rispetto a quella del suo mondo interno.
La dipendenza, l’auto rinuncia, il bisogno d’esser puniti vanno chiariti in seduta, incoraggiando nel depresso un senso di soddisfazione interiore, indipendente dalle vicissitudini della vita. Capiterà in seguito di chiarire al paziente come egli ingigantisca il potere del terapeuta. Ancora una volta il ricorso a una pratica che ammetta i propri limiti ed errori aiuterà il paziente a vedere negli altri, ritenuti perfetti, esseri semplicemente umani.
A volte i pazienti si arrabbieranno perché il terapeuta non corrisponde al loro ideale di onnipotenza, ma questo rappresenterà il materiale per nuove analisi.