Catania, 27 settembre 2019 – Nei primi 3 mesi del 2019 in Italia sono nati 6.801 bambini in meno rispetto allo stesso periodo del 2018. Il dato inquietante, reso noto dall’Istat nell’ultimo bollettino di statistica, preoccupa i neonatologi italiani. Il tema è stato al centro del convegno di apertura del XXV Congresso Nazionale della Società Italiana di Neonatologia – SIN, in programma a Catania fino al 27 settembre, da dove arriva il grido allarme sulla denatalità.
“La natalità non è una questione privata, ma sociale e politica che interessa trasversalmente tutti i settori e le istituzioni. Se vogliamo sperare in un’inversione di tendenza, i neonati e i bambini devono essere al centro di ogni iniziativa politica, a livello nazionale e locale, devono essere al centro del futuro. Sostenere oggi i nuovi nati incentiverà le coppie ad avere bambini. I nostri neonatologi presenti in ogni punto nascita italiano, sia pubblico che privato, raccolgono ogni giorno le preoccupazioni dei genitori, che si sentono sempre meno aiutati e più soli. Le donne sono scoraggiate, perché è difficile conciliare i tempi di vita e lavoro e per questo talvolta rinunciano ad allattare e spesso ad avere un secondo figlio”, dichiara il Presidente della Società Italiana di Neonatologia, Fabio Mosca.
La scelta di avere uno o più figli non dipende solo dalla condizione economica ma principalmente dal livello di benessere, cioè dalla qualità della vita; a bassi tassi di occupazione femminile corrispondono bassi tassi di fecondità. In Italia, infatti, solo il 48,9% delle donne in età fertile lavora, contro una media del 62,4% dell’Unione europea.
Un trend, purtroppo, non solo italiano, ma in cui il nostro Paese registra uno tra i tassi più bassi al mondo, come evidenziato dal Pew Research Center. Attualmente il tasso di fertilità è di 2,5 figli per donna a livello mondiale, ma scenderà a 1,9 nel 2100, sotto la soglia del 2,1 che secondo i demografi consente ad una popolazione di rimanere stabile.
Secondo Eurostar, senza arrivi dall’estero, l’Italia è destinata a dimezzare la sua popolazione entro 80 anni. In Italia le donne dichiarano di pensare ad avere un figlio non prima dei 35 anni, secondo una recente ricerca del Censis. Le giovani coppie italiane hanno il primo figlio alla stessa età in cui quelle francesi hanno il secondo.
Come hanno affermato di recente 3 docenti di demografia dell’Università di Roma nella ricerca “Avere figli in Italia: una questione di BES”, gli indicatori di Benessere Equo e Sostenibile, incidono fortemente sulla scelta di mettere su famiglia e di avere bambini. La ricerca, infatti, ha messo in luce una correlazione diretta tra i BES e la fecondità: non è un caso che le famiglie del Nord abbiano una maggiore prolificità rispetto a quelle del resto del Paese e che in particolare la provincia di Bolzano (al top per tutti i domini BES) sia anche l’unità territoriale in cui il numero medio di figli per donna è stato il più alto d’Italia.
“La denatalità si contrasta anche con le misure di sostegno alla famiglia nei primi sei mesi di vita. Tra di esse è fondamentale sostenere la conciliazione dei tempi di vita e lavoro, ed in particolare sostenere i papà oltre le mamme, portando anche il loro congedo a 30 giorni come avvenuto in Francia. Oltralpe la nuova norma riguarda i neonati prematuri o ospedalizzati in modo da consentire ad entrambi i genitori la copresenza in Terapia Intensiva Neonatale. Ma la nostra idea è quella di portare il congedo parentale dagli attuali 5 giorni più uno facoltativo a 30 giorni per tutti i papà. L’obiettivo è consentire ai genitori di seguire adeguatamente i bambini nei primi sei mesi di vita”, prosegue Mosca.
L’Italia con 1,34 figli per donna in età fertile è fanalino di coda in Europa e, secondo le ultime previsioni Eurostat, nel 2050 nasceranno appena 375mila bambini. “Questo vuol dire che stiamo ridisegnando l’idea di famiglia: tre quinti dei nostri bambini non avrà fratelli, cugini e zii; solo genitori, nonni e bisnonni – continua Mosca – Già oggi per 161 persone di età maggiore di 64 anni, ci sono solo 100 bambini di età inferiore a 15 anni. Di questo passo il welfare diventerà insostenibile. Bisogna invertire questa tendenza, prevedendo facilitazioni per le famiglie e sostegno per le mamme, prima e dopo il parto. Bisogna riportare il neonato al centro del futuro e per farlo dobbiamo lavorare tutti insieme per sostenere le giovani coppie, i genitori e le famiglie”.
Il convegno“Scenari sociali, economici e assistenziali alla luce della denatalità”promosso dalla SIN per fare il punto sulla situazione italiana e avanzare proposte per invertire la tendenza, introdotto dai presidenti di SIN Fabio Mosca e SIP Alberto Villani e dalla giornalista scientifica Annalisa Manduca, ha visto la partecipazione e gli interventi di Domenico Bodega (Preside Facoltà Economia Università Cattolica di Milano), Andrea Brandolini (Banca d’Italia),Anna Cristina D’Addio (UNESCO)Alessandro Rosina (Università Cattolica di Milano), Ketty Vaccaro (CENSIS) e Rinaldo Zanini (CPNn).