Italia nella morsa dei virus: tra picco influenzale e nuovi allarmi da Cina e USA

Negli Stati Uniti è stato registrato il primo decesso di un paziente che aveva contratto l’influenza aviaria. Intanto, in Cina è epidemia da metapneumovirus umano (Hmpv) mentre in Italia sta circolando un mix di virus respiratori tra cui adenovirus, virus respiratorio sinciziale e Covid, oltre al virus dell’influenza australiana che farà registrare il picco di casi probabilmente a fine mese

Milano, 9 gennaio 2025 – L’inverno è ormai nel vivo e l’Italia, come ogni anno, sta facendo i conti con i virus dell’influenza che al momento stanno costringendo a letto oltre cinque milioni di persone di tutte le fasce di età, ma in particolare i bambini, e che non hanno ancora fatto registrare il loro apice di casi. Complici anche le temperature miti di questa prima parte dell’inverno, per ora la stagione influenzale è infatti in ritardo rispetto allo scorso anno, quando il picco arrivò già nella prima metà di gennaio. La novità rispetto al 2024 è che quest’anno la circolazione è sostenuta da un mix di virus respiratori senza che ve ne sia uno molto più diffuso degli altri.

“Il dato attuale di diffusione della malattia è inferiore alle previsioni di inizio stagione, anche perché non c’è stata quella prevalenza del virus che ci spaventava di più, cioè l’H3N2 di origine australiana. Per il momento, stiamo vedendo infatti un mix tra quel virus e l’A/H1N1, che ha effetti meno pesanti. L’epidemia influenzale in corso si sovrappone poi alla persistente presenza di altri virus che interessano le vie respiratorie come il virus respiratorio sinciziale, l’adenovirus e il Covid che, anche se meno cattivo, è ancora presente nel nostro Paese. Nei prossimi giorni, a causa della riapertura delle scuole e dell’ondata di gelo in arrivo, i casi di malattie simil-influenzali comunque si moltiplicheranno e tra due o tre settimane arriveremo al picco, probabilmente a fine mese”, spiega il prof. Fabrizio Pregliasco, virologo e docente di Igiene Generale e Applicata presso l’Università di Milano, Direttore scientifico di Osservatorio Virusrespiratori.it.

Prof. Fabrizio Pregliasco

In vista questa prevista recrudescenza influenzale si raccomanda riposo, idratazione e automedicazione responsabile, evitando soprattutto gli antibiotici fai da te. L’invito alla popolazione è poi quello di continuare a mettere in atto tutte quelle abitudini legate alla prevenzione che abbiamo imparato in emergenza durante la pandemia da SARS-CoV-2: l’uso di mascherine in ambienti chiusi, gel igienizzanti, distanziamento. “Questi comportamenti dovrebbero far parte ormai del nostro stile di vita quotidiano, non solo perché utili a preservarci dall’influenza ma anche perché potrebbero agire come efficaci barriere anche in caso di eventuali eventi pandemici futuri. Giocare d’anticipo è sempre meglio: in caso di una nuova pandemia, abitudini comportamentali corrette e la condivisione delle informazioni saranno strumenti indispensabili per contingentarla”, conferma il prof. Pregliasco.

A tal proposito un esempio attuale è dato dal metapneumovirus umano (Hmpv), un virus trasmissibile per lo più tramite goccioline respiratorie ma anche attraverso il contatto con le superfici contaminate, che nelle ultime settimane nella Cina settentrionale ha fatto registrare un significativo aumento dei casi, in particolare negli under 14, sollevando il timore di un’epidemia simile al Covid. Sebbene il virus possa causare anche malattie più gravi, come bronchite e polmonite, tra gli anziani, i bambini molto piccoli e le persone immunodepresse, le autorità sanitarie del Paese, per il momento, hanno comunque escluso che l’aumento di casi e l’impatto delle infezioni in Cina possano dare origine a una nuova pandemia, sebbene le infezioni non vadano comunque sottovalutate. Non si tratta infatti di un nuovo virus, ma di un virus già noto identificato per la prima volta nel 2001 nei Paesi Bassi contro cui pertanto esiste già un certo livello di immunità nella popolazione dovuto alle infezioni passate.

Un segnale d’allarme ci arriva poi dagli Stati Uniti dove in questi giorni ha avuto luogo il primo decesso correlato al virus dell’influenza aviaria A (H5N1): un 65enne contagiato da un animale da cortile, molto probabilmente un volatile. “È vero che si è trattato di una persona anziana e fortemente debilitata per patologie pregresse ma è importante mantenere alta la sorveglianza sugli allevamenti intensivi, senza creare allarmismo. Per il momento, non ci sono prove del fatto che il virus dell’influenza aviaria si trasmetta da persona a persona, ma c’è da dire che ogni nuovo caso di aviaria nell’uomo fornisce al virus nuove opportunità per evolvere e adattarsi a proliferare nel nostro organismo. In vista di un eventuale passaggio dell’infezione nell’uomo, bisogna farsi dunque trovare preparati. Già da adesso, bisognerebbe cominciare a ragionare su quante dosi di vaccino sono disponibili, quale vaccino usare e anche quanto tempo occorre per creare eventualmente un vaccino per un virus variato di H5N1; capire come e contro quali ceppi possa funzionare un farmaco antivirale”, conclude il prof. Pregliasco.

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