Il Rummeliibacillus suwonensis, un batterio scoperto nel 2013 nel suolo di una montagna della Corea del Sud, è stato isolato per la pima volta al mondo nel microbiota intestinale di un paziente di 69 anni affetto da Sclerosi Laterale Amiotrofica. Ancora ignote le sue correlazioni con la salute umana e in particolare con la patogenesi della SLA, ma tutto ciò che riguarda il microbioma intestinale è di grande interesse per questa malattia neurodegenerativa. L’eccezionale risultato è stato reso possibile dall’affinamento dalle tecniche di colturomica, operato dalla microbiologia di Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS, che consentono di approfondire ulteriormente lo studio del microbiota e le sue relazioni con la salute e la patologia dell’uomo. I risultati pubblicati su Current Microbiology
Roma, 24 giugno 2022 – Il microbioma intestinale per le sue dimensioni (oltre 3 Kg di peso) la sua influenza sullo stato di salute o di malattia dell’uomo, è ormai considerato da molti un vero e proprio organo, interessato da un boom di ricerche, esplose negli ultimi 10 anni, passando da qualche centinaio di lavori l’anno, prima del 2010, alle decine di migliaia di pubblicazioni del 2021 (digitando ‘microbiome’ su PubMed se ne trovano 25.227 nel 2021). Ma cos’è esattamente e come si studia il microbiota, in particolare quello intestinale?
“Il microbiota intestinale – spiega Luca Masucci, Responsabile dell’Unità Operativa di Diagnostica Molecolare e manipolazione di Microbiota del Dipartimento di Scienze di Laboratorio e Infettivologiche del Policlinico A. Gemelli e ricercatore dell’Università Cattolica – è un ecosistema complesso composto da trilioni di microrganismi che sono cruciali per la salute umana. Al momento abbiamo a disposizione due opzioni per esplorarne la complessità: la metagenomica e la colturomica. Quest’ultimo è un approccio che utilizza varie condizioni di coltura (giorni di incubazione, fattori di arricchimento della coltura e temperatura di crescita) e la successiva analisi dei componenti del microbioma, attraverso la spettrometria di massa ed eventualmente il loro sequenziamento”.
Uno speciale protocollo di colturomica, messo a punto dai ricercatori del Gemelli, ha consentito per la prima volta al mondo di isolare nelle feci di un paziente di 69 anni con SLA (sclerosi laterale amiotrofica), arruolato per uno studio internazionale sul trapianto di microbiota nella SLA, il Rummeliibacillus suwonensis, un batterio Gram positivo anaerobio. Questo batterio era stato isolato la prima volta nel 2013 dal suolo di una regione montuosa in Corea del Sud (il nome deriva dalla città di Suwon in Corea del Sud) e non era mai stato rintracciato nel microbioma umano.
“La caratterizzazione del microbiota intestinale – commenta il prof. Masucci – rappresenta una strategia fondamentale per mettere in relazione il suo possibile ruolo con la salute dell’individuo e non solo per quanto riguarda le patologie intestinali, ma anche quelle sistemiche”.
Alcune cellule del sistema immunitario (linfociti T regolatori, o ‘T-reg’ e microglia) sono tra i protagonisti della patogenesi della SLA ed è noto che il microbiota intestinale è in grado di influenzare la tolleranza immunitaria, il numero e le funzioni dei linfociti ‘T-reg’. Di qui l’interesse a studiarlo in maniera approfondita, alla ricerca di ‘indizi’ circa un suo ruolo nella comparsa o nella facilitazione di questa malattia, da sfruttare magari in seguito all’interno di una strategia terapeutica.
L’isolamento del Rummeliibacillus suwonensis è avvenuto nell’ambito del primo trial clinico mondiale su modello umano che studia la possibile interazione tra microbiota intestinale, sistema immunitario e la Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA), una grave malattia multisistemica, caratterizzata da una progressiva debolezza muscolare e da disfunzione cognitiva, che vede come capo fila per il Policlinico Gemelli il prof. Luca Masucci. I risultati dello studio che hanno portato all’isolamento del batterio ‘sud coreano’ sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Current Microbiology.
La colturomica si propone come valido strumento nella tipizzazione del microbiota di questi pazienti e potrebbe condurre a individuare delle correlazioni tra la presenza di alcuni batteri e caratteri particolari di questa malattia.
“L’approccio colturomico – commenta il prof. Maurizio Sanguinetti, Responsabile dell’Unità Operativa Complessa di Microbiologia e Virologia e Direttore del Dipartimento di Scienze di Laboratorio e Infettivologiche del Policlinico Universitario A. Gemelli e professore ordinario di Microbiologia e Microbiologia Clinica dell’Università Cattolica – è complementare al più noto approccio metagenomico, normalmente utilizzato per studiare popolazioni microbiche complesse, e permette, avendo a disposizione il microrganismo vivo, di poterlo eventualmente utilizzare come probiotico”.
Da 6 anni, il gruppo del prof. Masucci, del quale fanno parte il dott. Gianluca Quaranta, il dott. Giovanni Fancello e la dott.ssa Alessandra Guarnaccia, si dedica all’isolamento di ceppi batterici difficilmente coltivabili, mettendo insieme una collezione (‘ceppoteca’) di circa 400 diverse specie batteriche. Questo approccio metodologico consente di isolare ceppi batterici potenzialmente correlati a patologie intestinali o sistemiche, da sottoporre a successive valutazioni.
“Rummeliibacillus suwonensis non è stato al momento associato a quadri clinici – conclude il prof. Masucci – tuttavia il reperire batteri ‘inusuali’ nel materiale fecale consente di monitorare l’evoluzione e/o il passaggio di questi dall’ambiente all’uomo. Ciò porrebbe le basi per futuri studi di relazione tra ospite e microrganismo, in un’ottica di ‘one health’ e di medicina personalizzata”.